Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 novembre 2011, n. 24147 - Istitutore di allievi e infortunio nel campo di calcetto


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro - Presidente

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere

Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere

Dott. TRIA Lucia - rel. Consigliere

Dott. TRICOMI Irene - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 8764/2009 proposto da:

CI. GI., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAMERINO N. 15, presso lo studio legale SAULLE CIPRIANI, rappresentato e difeso dall'avvocato BALDUIN Gian Mario, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

CONVITTO STATALE (Omissis), MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA SCIENTIFICA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 703/2007 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/04/2008 R.G.N. 678/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/10/2011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 3 aprile 2008) conferma la sentenza del Tribunale di Venezia n. 635/2004 del 7 settembre 2004, di rigetto del ricorso di Ci.Gi. volto ad ottenere la condanna del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (d'ora in poi: MIUR), del Convitto statale (Omissis) e dell'Ufficio scolastico provinciale di Venezia al risarcimento dei danni subiti a seguito dell'infortunio occorsogli il (Omissis), nello scivolare sul campo di calcetto del Convitto, al termine dell'ora di ricreazione, mentre prestava la propria attività di lavoro di istitutore degli allievi.

La Corte d'appello di Venezia, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il Ci. non contesta che il campo di calcetto fosse pulito, ma deduce che esso, al momento dell'infortunio, era insidioso per l'esistenza di zone scivolose non visibili;

b) tuttavia le univoche emergenze istruttorie consentono di ritenere corrette e condivisibili le argomentazioni della sentenza di primo grado circa la non esigibilità, da parte degli Enti appellati, di comportamenti ulteriori ex articolo 2087 cod. civ., aggiuntivi rispetto a quelli attuati in concreto;

c) in particolare, è stato accertato che a volte il campo, per la caduta del fogliame, diventava scivoloso anche durante la giornata, sicchè da un lato la pulizia quotidiana a macchina anzichè a mano (cui fa riferimento il Ci. ) non avrebbe consentito di ovviare all'inconveniente, dall'altro era proprio compito degli istitutori di controllare lo stato del cortile e dei campi e segnalare l'insidia occasionale, per tutelare l'incolumità personale degli allievi e degli stessi insegnanti;

d) inoltre, in base al regolamento del Convitto, agli istitutori è vietato l'accesso ai campi da gioco, mentre il Ci. al momento dell'infortunio, non solo era entrato nel campo, ma stava raccogliendo il pallone con modalità inusuali e imprudenti;

e) per le suesposte ragioni va esclusa la sussistenza di profili di responsabilità degli Enti appellati, dai quali non erano esigibili condotte ulteriori rispetto a quelle in concreto poste in essere per evitare l'infortunio in oggetto, il quale anzi è casualmente riconducibile anche a comportamento gravemente imprudente del Ci. .

2.- Il ricorso di Ci.Gi. domanda la cassazione della sentenza per un motivo; resistono, con controricorso, il Convitto statale (Omissis) e il MIUR, ove pregiudizialmente eccepiscono l'inammissibilità del ricorso sotto diversi profili.

Diritto



1.- Con il motivo di ricorso si denuncia la "violazione del combinato disposto dell'articolo 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 e articolo 360 cod. proc. civ., n. 5, per omessa e contraddittoria motivazione".

Si sostiene che la Corte d'appello: a) non si sarebbe pronunciata sulla dedotta natura insidiosa del terreno sul quale è avvenuto l'infortunio; b) non avrebbe preso in considerazione la testimonianza di un collega del Ci. ( Si.Pa. ) determinante per accertare la rilevanza - per la messa in sicurezza del campo da gioco ove il ricorrente si è infortunato - dell'utilizzazione quotidiana (e non solo saltuaria) del macchinario appositamente acquistato dal Convitto al fine rimuovere la patina che si formava a causa del compattamente delle foglie cadute; c) avrebbe qualificato erroneamente come imprevedibile a priori l'insidiosità del terreno stesso; d) avrebbe presunto una omissione di controllo delle condizioni del campo in oggetto da parte dell'infortunato.

2.- Il ricorso è inammissibile per molteplici, concorrenti ragioni, evidenziate anche nel controricorso.

2.1.- In primo luogo la formulazione del motivo di ricorso non è conforme all'articolo 366 bis cod. proc. civ. (applicabile nella specie ratione temporis), secondo il quale, a pena di inammissibilità, nel caso previsto dall'articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 (nel quale la censura riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, cioè un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto, richiesto per i motivi previsti dall'articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4) che circoscriva puntualmente i limiti della doglianza, in maniera da non ingenerare incertezze (vedi, per tutte: Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass. 4 febbraio 2008, n. 2652; Cass. SU 1 ottobre 2007, n. 20603).

2.2.- In secondo luogo va osservato che tutte le censure si risolvono nel denunciare - come vizi di motivazione della sentenza impugnata - la valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).

Inoltre, l'accertamento relativo alla sussistenza degli estremi della responsabilità del datore di lavoro per mancato rispetto dell'obbligo di prevenzione di cui all'articolo 2087 cod. civ. - in base al quale è necessario che l'evento dannoso sia riferibile a colpa dello stesso datore di lavoro, non potendo esso essere ascritto al medesimo a titolo di responsabilità oggettiva - costituisce un giudizio di fatto riservato al Giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato (Cass. 17 febbraio 2009, n. 3785; Cass. 12 febbraio 2000, n. 1579).

D'altra parte, la valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass. 24 luglio 2007, n. 16346; Cass. 17 febbraio 2009, n. 3785).

Nella specie il ricorrente sostiene, principalmente, che la Corte d'appello non ha accertato in modo adeguato la natura insidiosa del terreno del campo da gioco ove il Gi. si è infortunato in quanto non ha fatto buon governo delle prove testimoniali raccolte omettendo di prendere in esame quella (di Si.Pa. ) dalla quale emergeva che soltanto l'utilizzazione quotidiana del macchinario acquistato dal Convitto per rimuovere la patina creata dalla caduta delle foglie avrebbe potuto garantire la messa in sicurezza del campo da gioco e fondando invece il suo giudizio su altre prove di segno contrario, senza motivare in alcun modo tale scelta.

Ne consegue che le doglianze mosse dal ricorrente non attengono all'iter logico-argomentativo che sorregge la decisione - che, peraltro, risulta congruo e chiaramente individuabile - ma si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice del merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono, quindi, nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

3.- In sintesi, per le suesposte ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.



La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 40,00 per esborsi, euro 2.000,00 per onorari oltre accessori di legge.