Cassazione Penale, Sez. 4, 22 dicembre 2011, n. 47820 - Leggerezza di un lavoratore e responsabilità datoriale


 

 

 

 

Responsabilità di un datore di lavoro per aver cagionato ad un lavoratore lesioni personali gravi: quest'ultimo, mentre era intento al cambio degli stampi, a seguito del mancato funzionamento, si avvicinava al "clemps" aperto allorquando questo si chiudeva colpendolo al piede sinistro e schiacciandolo contro il "blister".


Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

Innanzitutto il fatto che egli fosse da considerare l'effettivo datore di lavoro è circostanza resa certa dalle dichiarazioni dell'ispettore del lavoro, dalle ammissioni dello stesso imputato, dall'organigramma aziendale, nonché delle dichiarazioni degli operai: era quindi l'imputato a dover dotare i cosiddetti "clemps"di schermi fisici di protezione, i cosiddetti "cappellotti".

Certamente la sentenza impugnata ha aderito alla ricostruzione dei fatti che implica una leggerezza del lavoratore che, una volta accertato il mancato funzionamento del perno di bloccaggio, avrebbe dovuto limitarsi a convocare la squadra di manutenzione, astenendosi dall'intervenire di persona. Ha però rilevato la sussistenza di una prassi esistente in azienda secondo cui era il lavoratore che effettuava una prima verifica onde pervenire, se possibile, ad una rapida riparazione del guasto.


Non può pertanto essere considerata abnorme la condotta del lavoratore infortunato, atteso che il datore deve apprestare tutte le necessarie misure affinché i lavoratori siano tutelati anche con riguardo a loro comportamenti improntati a leggerezza.

 


 




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUGGERO GALBIATI - Presidente
Dott. LUISA BIANCHI - Consigliere
Dott. FAUSTO IZZO - Consigliere
Dott. FELICETTA MARINELLI - Rel. Consigliere
Dott. ANDREA MONTAGNI - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 

sul ricorso proposto da
1) E. F. N. IL 13/01/1939

avverso la sentenza n. 7000/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 18/11/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ...che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso
Udito per la parte civile l'Avv. Lucio Barbato del foro di Nola che insiste per l'inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore Avv. Anna Maria Pacciarini che produce sentenza del Tribunale di Nola e insiste per l'accoglimento del ricorso.






Fatto



E.F. è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Nola per rispondere del reato di cui all'articolo 589 cod.pen. commesso con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro per avere, nella sua qualità di datore di lavoro e di rappresentante legale della ditta A. s.r.l. cagionato al lavoratore L.G. lesioni personali gravi con conseguente incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni.
In particolare, il L., mentre era intento al cambio degli stampi, a seguito del mancato funzionamento, si avvicinava al "clemps" aperto allorquando questo si chiudeva colpendolo al piede sinistro e schiacciandolo contro il "blister".

Con sentenza del 26.10.09 il Tribunale di Nola in composizione monocratica aveva dichiarato responsabile del reato di cui sopra e, concesse le attenuanti generiche giudicate equivalenti alla contestata aggravante, lo aveva condannato alla pena di mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento della somma di euro 5000,00 a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva.
Secondo il Tribunale l'infortunio si era verificato a causa dell'assenza di presidi precauzionali imposti dalle normative specifiche in materia e nel corso dell'espletamento da parte del L. delle mansioni a cui era addetto. Il sinistro era pertanto dovuto allo schiacciamento del piede ad opera del perno idraulico di bloccaggio del blister azionatosi improvvisamente.
Rilevava infine il Tribunale che la responsabilità dell’E. non era esclusa dalla circostanza che il sinistro si era verificato mentre il dipendente era intento alla verifica delle ragioni del malfunzionamento dei clemps, in quanto la condotta del L. era stata coerente con le mansioni affidategli e risultava in linea con la prassi in vigore nell'azienda presso la quale operava, per cui l'omessa adozione delle misure infortunistiche di cui al capo di imputazione appariva etiologicamente correlabile con l'infortunio occorso al lavoratore.

Avverso la decisione del Tribunale di Nola ha proposto appello il difensore dell'imputato.
La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 18.11.2010, confermava la sentenza emessa dal giudice di primo grado e condannava l'appellante al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di costituzione e giudizio sostenute dalla parte civile per il presente grado che liquidava come in dispositivo.

Avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli E.F. a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con i consequenziali provvedimenti.
E. F. ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) Manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell'art.606, lett.b) ed e) c.p.p..
Rilevava sul punto la difesa del ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto E.F. Direttore di stabilimento della Ditta A. s.r.l. e quindi destinatario della norma giuridica di cui al capo di imputazione .
Nel capo di imputazione infatti l’E. è individuato come datore di lavoro e legale rappresentante della ditta A. s.r.l. mentre dal certificato della Camera di Commercio legale rappresentante risultava essere il signor P.G. mentre E.F. era solo titolare di una procura che non poteva essere valevole ai fini della norma individuata nel capo di imputazione, in quanto non gli conferiva alcun potere in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, né, tantomeno gli conferiva dei poteri di spesa.
2) Mancata motivazione ai sensi dell'art.115 d.PR. 547/55, secondo cui le presse, le trance e le macchine debbono essere munite di ripari dispositivi atti ad evitare che le mani o le altre parti del corpo del lavoratore siano offese dal punzone o da altri organi mobili. Sono previsti infatti dei dispositivi di sicurezza atti ad evitare qualsiasi contatto con parti del corpo del lavoratore solo per quella parte della macchina in cui si muove il "punzone", mentre le presse come quelle su cui è avvenuto l'infortunio non hanno alcun dispositivo di sicurezza intorno ai clemps, a dimostrazione del fatto che non sono ritenuti parti necessitanti di protezione poiché non producono alcun rischio.
3) Manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606 lett.e) c.p.p.. Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel considerare veritiera la ricostruzione del sinistro fornita dal teste D.F. ispettore del lavoro, che si era recato sul luogo del sinistro soltanto un anno e mezzo dopo l'evento e aveva sentito solo il lavoratore infortunato che gli aveva riferito che, in seguito al blocco di uno dei "piedi", egli aveva cercato di capirne il motivo, ma, improvvisamente il "piede" era partito e lo aveva investito. Invece il materiale probatorio in atti non aveva fornito i riscontri necessari a rendere attendibile tale ricostruzione sulla dinamica del sinistro, dal momento che era risultato chiaro che l'incidente si sarebbe verificato per l'assoluta negligenza del L. che aveva effettuato una manovra del tutto abnorme, andando "personalmente a verificare il perché dell'anomalo funzionamento del clemps.


Diritto



Il proposto ricorso non è fondato.
Per quanto attiene al primo motivo si osserva che sia la sentenza impugnata, sia quella emessa nel giudizio di primo grado, che insieme costituiscono un unico compendio motivazionale, hanno correttamente ritenuto responsabile l'odierno ricorrente in ordine al reato ascrittogli, in quanto hanno ritenuto che lo stesso fosse l'effettivo datore di lavoro. I giudici di merito, infatti, citando anche condivisibile giurisprudenza di questa Corte, hanno ritenuto che tale sua qualità si doveva ritenere certa all'esito delle dichiarazioni dell'ispettore del lavoro D. delle ammissioni dello stesso imputato, dell'organigramma aziendale acquisito all'udienza del 13.07.2009 che indicava l’E. come "plantmanager" o "direttore" della A. s.r.l., ove appunto è avvenuto l'infortunio, nonché delle dichiarazioni degli operai escussi che lo individuavano come "titolare" dell'azienda e "responsabile di tutto" e quindi destinatario del precetto in base al combinato disposto degli art.115 d.PR. 547/55 , che fa riferimento alle presse, ai punzoni e agli altri organi mobili , riguardasse anche i cosiddetti "clemps", in cui dovevano esserci degli schermi fisici di protezione, i cosiddetti "cappellotti", che sono stati applicati in seguito al fine di impedire un accesso fortuito degli addetti nel corso della lavorazione.

Passando all'esame del terzo motivo di ricorso si osserva che la sentenza impugnata ha aderito, fornendo un'adeguata e congrua motivazione, alla ricostruzione dei fatti che implica una leggerezza del lavoratore che, una volta accertato il mancato funzionamento del perno di bloccaggio, avrebbe dovuto limitarsi a convocare la squadra di manutenzione , astenendosi dall'intervenire di persona. Ha peraltro rilevato la sussistenza di una prassi esistente in azienda secondo cui era il lavoratore che effettuava una prima verifica onde pervenire, se possibile, ad una rapida riparazione del guasto.
Non può pertanto essere considerata abnorme la condotta del lavoratore infortunato, atteso che il datore deve apprestare tutte le necessarie misure affinché i lavoratori siano tutelati anche con riguardo a loro comportamenti improntati a leggerezza.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese in favore della parte civile che si liquidano in complessivi euro 2.500 oltre accessori come per legge.


P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Condanna il ricorrente a rimborsare le spese di giudizio in favore della parte civile, liquidandole in euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.