Categoria: Cassazione penale
Visite: 9776

Cassazione Penale, Sez. 4, 19 dicembre 2011, n. 46846 - Pinzatrice e mancanza della prevista protezione


 

 

Responsabilità del legale rappresentante di una società per infortunio di una dipendente feritasi con una pinzatrice.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile

La Corte di Appello ha rilevato, secondo un conferente percorso logico argomentativo, che pacificamente l'infortunio era avvenuto a causa della scorretta modalità di utilizzo della pinzatrice, strumento che nell'occorso era privo della prevista protezione. Al riguardo, il Collegio ha considerato che si era accertato che tale modalità di impiego non costituiva un fatto nuovo e contingente, in quanto già in precedenza la macchina era stata utilizzata benchè priva della corretta protezione; e che la parte offesa aveva precisato di non essere stata informata dei rischi connessi all'utilizzo della pinzatrice senza protezione. La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che le richiamate evenienze giustificavano l'affermazione di penale responsabilità del Be. , nella sua qualità di legale rappresentante della società datrice di lavoro; ed ha considerato che la giustificazione addotta dalla difesa, circa l'ignoranza da parte del Be. di ciò che avveniva in reparto, rendeva macroscopica la colpa dell'imputato, il quale si era disinteressato dell'effettivo rispetto delle norme di sicurezza da parte dei dipendenti ed anzi aveva avvallato la prassi scorretta di impiego dei macchinari privi delle dovute protezioni.

E neppure può affermarsi che l'infortunio sia avvenuto per colpa della lavoratrice. La Suprema Corte ha infatti chiarito che non può affermarsi abnorme il comportamento del lavoratore - come pacificamente avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli.


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe Presidente del 03/11/2 -

Dott. GALBIATI Ruggero Consigliere SENTE -

Dott. BIANCHI Luisa Consigliere N. 1 -

Dott. VITELLI CASELLA Luca Consigliere REGISTRO GENER -

Dott. MONTAGNI Andrea rel. Consigliere N. 14155/2 -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) BE. AL. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 3300/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del 12/01/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/11/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mura Antonio che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

 

1. Il Tribunale di Milano con sentenza del 23.11.2009 dichiarava Be. Al. colpevole del reato di lesioni colpose in danno della dipendente Ma. St. , fatto commesso in data (Omissis).

1.1 La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 12.01.2011, in parziale riforma della sentenziata pronunciata dal primo giudice, rideterminava la pena inflitta in euro 300,00 di multa, revocava il beneficio della sospensione condizione e confermava nel resto. La Corte territoriale rilevava che all'imputato si contestava l'inosservanza delle norme di sicurezza del lavoro stante l'intervenuta rimozione della protezione in plexiglass relativa alla pinzatrice utilizzata dalla dipendente al momento dell'evento ed il difetto di formazione della lavoratrice sui rischi connessi all'utilizzo della macchina utensile di che trattasi.

Nel censire i motivi di gravame, la Corte territoriale rilevava che correttamente il Tribunale non aveva accolto la richiesta istruttoria, peraltro tardivamente avanzata dalla difesa, relativa all'accertamento della durata della malattia, in considerazione del fatto che agli atti risultava acquisita la certificazione proveniente dall'INAIL, certificazione dalla quale risultava una durata della malattia, superiore rispetto alla prognosi iniziale. Il Collegio considerava che la predetta certificazione proveniva da istituto specializzato nella materia infortunistica e che la frattura di che trattasi, con amputazione di parte di una falange, giustificava un decorso di durata superiore rispetto alla prognosi iniziale; e che doveva escludersi che l'evenienza avesse comportato l'interruzione del nesso di causalità tra l'evento e l'originario infortunio. Conclusivamente sul punto, la Corte di Appello evidenziava che certamente sussisteva la condizione di procedibilità dell'azione penale, in considerazione della durata della malattia contratta dalla parte infortunata.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione l'imputato per mezzo del difensore.

Con il primo motivo l'esponente deduce il vizio motivazionale. La parte rileva che l'infortunio si verificò a causa del comportamento abnorme posto in essere dalla dipendente Ma. . Rileva che la parte offesa ha riferito di avere in alcune occasioni utilizzato la pinza con la protezione solo precariamente legata.

Con il secondo motivo la parte reitera la doglianza relativa alla mancata ammissione di perizia per verificare la durata della malattia; rileva che non è normale che uno o due millimetri di cute e qualche piccolissima scheggia di osso richiedano 130 giorni per la guarigione. Al riguardo, deduce pure il vizio motivazionale. Infine, la parte rileva che circa le informazioni date alla lavoratrice sull'impiego della pinzatrice, l'istruttoria è risultata carente.

Diritto

 

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Invero, il gravame che occupa si risolve nella mera rilettura alternativa dell'intero compendio probatorio, siccome apprezzato dai giudici di primo e secondo grado; e, come noto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure, che pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. 6 sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).

Del resto, la Corte di Appello ha rilevato, secondo un conferente percorso logico argomentativo, che pacificamente l'infortunio era avvenuto a causa della scorretta modalità di utilizzo della pinzatrice, strumento che nell'occorso era privo della prevista protezione. Al riguardo, il Collegio ha considerato che si era accertato che tale modalità di impiego non costituiva un fatto nuovo e contingente, in quanto già in precedenza la macchina era stata utilizzata benchè priva della corretta protezione; e che la parte offesa aveva precisato di non essere stata informata dei rischi connessi all'utilizzo della pinzatrice senza protezione. La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che le richiamate evenienze giustificavano l'affermazione di penale responsabilità del Be. , nella sua qualità di legale rappresentante della società datrice di lavoro; ed ha considerato che la giustificazione addotta dalla difesa, circa l'ignoranza da parte del Be. di ciò che avveniva in reparto, rendeva macroscopica la colpa dell'imputato, il quale si era disinteressato dell'effettivo rispetto delle norme di sicurezza da parte dei dipendenti ed anzi aveva avvallato la prassi scorretta di impiego dei macchinari privi delle dovute protezioni.

3.2 E' appena il caso di rilevare che neppure può affermarsi che l'infortunio sia avvenuto per colpa della stessa lavoratrice. Al riguardo, si osserva che questa Suprema Corte ha chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. Nella materia che occupa deve cioè considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, 14 dicembre 1999 n. 3580, Bergamasco, Rv. 215686; Cass. 3 giugno 1999 n. 12115, Grande, Rv. 214999; Cass. 14 giugno 1996 n. 8676, Ieritano, Rv. 206012). La Suprema Corte ha pure chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore - come pacificamente avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli, (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109).

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, liquidata come da dispositivo, in favore della cassa delle ammende.



P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.