Cassazione Civile, 20 gennaio 2012, n. 795 - Ritardo nel rilascio dell'attestazione di esposizione all'amianto e domanda di risarcimento del danno subito nell'accesso al trattamento pensionistico


 

 

 

 

 

Fatto




P. M. conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Rieti INPS ed INAIL per ottenere il risarcimento del danno subito nell'accesso al trattamento pensionistico per via del ritardo con cui era stata rilasciata l'attestazione di esposizione all'amianto. La domanda di riconoscimento dei benefici pensionistici di cui all'art. 13 co. 8 L. 257/1992 era stata presentata nel gennaio del 1997, ma l'accesso all'incremento pensionistico era stato concesso solo nel novembre del 1999.

Con sentenza 519/2003 II Tribunale di Rieti respingeva l'eccezione di legittimazione passiva dei convenuti e quella di incompetenza e, rilevata la responsabilità dei convenuti, condannava l'INAIL, colpevole nel mancato tempestivo rilascio del certificato di esposizione all'amianto, al pagamento della somma di cui in sentenza pari alla differenze tra la pensione astrattamente percepita in caso di tempestivo accoglimento della domanda del 2.1.1997 e il minore importo percepito dalla data del 2.1.1997 a titolo di lavori socialmente utili e la data del tardivo pensionamento. Escludeva, invece, la responsabilità dell'INPS. I due appelli proposti dall'INAIL e dal P. venivano riuniti e la Corte di appello di Roma con sentenza del 10.10.1996 li rigettava. La Corte territoriale rilevava la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell'INAIL in quanto, già in base alla domanda del 12.3.1997, l'INAIL era in possesso di tutti gli elementi, compreso il curriculum lavorativo prodotti dal P., per riconoscere, attivandosi per i dovuti accertamenti, i chiesti benefici pensionistici spettando a tale Ente procedere in ordine a tali adempimenti. E' vero che il P. aveva presentato domanda di riesame (corredandola con la documentazione circa l'esposizione all'amianto e con la relazione del curatore fallimentare) il 23.7.1999 in base alla quale si era proceduto ad un nuovo parere dell'INAIL e si era sentito il curatore fallimentare in ordine all'attività svolta dal ricorrente, ma tale incombente poteva essere effettuato attraverso i previsti poteri istruttori già nel 1997.


 

Diritto

 

Ricorre l'INAIL con tre motivi; resiste il P. con controricorso.

Con il primo motivo si deduce la violazione dell'art. 13 comma 8 legge 257/92 e dell' art. 100 c.p.c. Il chiesto beneficio era a carico dell'INPS e il rilascio del certificato di esposizione all'amianto costituiva un mero atto endoprocessuale, atto non impugnabile in quanto tale.

La doglianza appare infondata alla luce di quanto già precisato nelle sentenze di merito; nel caso in esame non si agisce per ottenere i benefici di cui all'art. 13, certamente a carico dell'INPS e che risultano concessi, ma in ordine ai danni (in ipotesi) provocati dall'INAIL per colpa grave non avendo lo stesso INAIL adempiuto correttamente e nei tempi dovuti agli obblighi di certificazione e di attestazione che erano esclusivamente a suo carico. Appare pertanto irrilevante che sia l'INPS tenuto a corrispondere i benefici richiesti, la cui attribuzione non è il thema decidendum.

Con il secondo motivo si allega la violazione degli artt. 2043, 1227, 1176, 2727, 2729 ce. Non vi era stato, in realtà, alcun comportamento colposo da parte dell'Istituto ricorrente. La domanda del P. del 1997 era priva di documentazione idonea all'accoglimento della domanda e solo la successiva domanda di riesame è stata corredata da elementi concreti concernenti l'esposizione subita, tanto da consentire un nuovo parere dell' INAIL, anche sulla base delle dichiarazioni del curatore fallimentare. Non c'era stata nel caso in esame alcuna colpa addebitabile al l'INAIL. Con il terzo motivo si allega l'omessa e contraddittoria motivazione in ordine all'effettiva responsabilità dell'INAIL: la domanda del 1997 era priva di elementi di riscontro concreti sull'esposizione a rischio e sulle mansioni in concreto effettuate dal ricorrente, carenza sanata solo con la successiva domanda di riesame.

I due motivi vanno esaminati congiuntamente ponendo i medesimi rilievi ed appaiono fondati.

Giova ricordare che in questo processo le parti controvertono non già circa la pacifica spettanza dei benefici previdenziali conseguenti all'esposizione all'amianto, bensì circa la sussistenza di una colpa, e di una conseguente responsabilità civile, dell'Istituto previdenziale nell'avere attribuito (asseritamente) in ritardo i benefici.

Secondo la sentenza impugnata la colpa dell'Istituto dovrebbe essere ravvisata nel fatto che alcuni documenti decisivi, non prodotti dal lavoratore interessato, avrebbero potuto essere acquisiti d'ufficio " con i poteri istruttori particolarmente pregnanti". Questa tesi è però errata. Non dice la sentenza entro quanto tempo l'ente pubblico avrebbe dovuto completare l'istruttoria, mentre il dovere di correttezza incombente sul creditore ai sensi dell'art. 1175 cod. civ. avrebbe dovuto indurre lo stesso lavoratore, che ritenesse di dover essere soddisfatto con maggiore speditezza, a produrre egli stesso, salvi impedimenti non dedotti in questo processo, la prova degli elementi costitutivi del proprio diritto.

Pertanto si deve cassare la sentenza impugnata e la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda non apparendo necessari ulteriori accertamenti e potendosi, sulla base di elementi già allegati al processo e dibattuti dalla parti, escludere la responsabilità dell'INAIL in ordine al dedotto danno.

Possono compensarsi tra le parti le spese dell'intero processo stante la novità e complessità delle questioni affrontate.


P.Q.M.



Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda e compensa le spese dell'intero processo.