Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. fer., 13 gennaio 2012, n. 876 - Infortunio mortale: piattaforma aerea precipitata al suolo da notevole altezza


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo - Presidente
Dott. FAZIO Anna Mar - Consigliere
Dott. LAPALORCIA Grazia - Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Luc - rel. Consigliere
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA



sul ricorso proposto da:
1) (Omissis), N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 945/2007 CORTE APPELLO di MILANO, del 07/02/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/09/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Scardaccione Vittorio Eduardo, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito, per la parte civile, Avv. (Omissis) del foro di (Omissis) che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. (Omissis), del foro di (Omissis), che ha richiesto accogliersi il ricorso.

 

Fatto

 

Con sentenza in data 7 febbraio 2011, la Corte d'appello di Milano, in riforma della sentenza 27 giugno 2006 del Tribunale di Milano, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (Omissis) in ordine al reato di cui all'articolo 113 c.p., articolo 589 c.p., commi 1 e 2, commesso in (Omissis), in danno di (Omissis) perchè estinto per morte del reo, con la conseguente revoca delle statuizioni civili e nei confronti di (Omissis), in ordine allo stesso delitto, perchè estinto per maturata prescrizione, confermando le statuizioni civili pronunziate a carico di costui.
Al predetto veniva imputato di aver cagionato, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia nonchè in inosservanza della speciale normativa a tutela della incolumità del lavoratori, l'infortunio occorso a (Omissis) che - precipitata al suolo da notevole altezza la piattaforma aerea sulla quale lavorava - ebbe a riportare gravissime lesioni multi - organo che lo condussero a morte.

Dall'espletata istruttoria era emerso che la società (Omissis) aveva appaltato lavori di rimozione della copertura in cemento - amianto del capanne di sua proprietà, sito in (Omissis), alla società " (Omissis)", legalmente rappresentata dal (Omissis). Questa stessa società, eseguito in proprio l'intervento di rimozione dei pannelli preesistenti, aveva a sua volta subappaltato i lavori di posizionamento della nuova copertura alla " (Omissis)", s.a.s.
La società " (Omissis) " aveva inoltre noleggiato un trattore munito di piattaforma, atta a sollevare l'operatore a notevole altezza dal suolo,mettendo il macchinario a disposizione della subappaltatrice.
Le perizie espletate e gli accertamenti eseguiti dal tecnico dell'ASL, nell'immediatezza dell'accaduto, avevano consentito di accertare che la causa della precipitazione della piattaforma - sulla quale la vittima era intenta ad installare, a circa 8/10 metri di altezza dal suolo, sulla struttura del tetto del capannone, i listelli di legno necessari alla posa in opera della nuova copertura di alluminio - risaliva all'omessa applicazione del perni di sicurezza di bloccaggio mediante leva manuale; perni che avevano la funzione, ove inseriti negli appositi alloggiamenti, di bloccare il cestello al braccio elevatore. Sicchè la piattaforma aveva mantenuto una posizione stabile fintantochè l'operaio (poi deceduto) non aveva inteso agire sulla pompa idraulica manuale onde imprimere al cestello un movimento di rotazione, provocando in tal modo lo sganciamento del perno destro cui aveva fatto seguito la rotazione della piattaforma attorno all'unico vincolo rimasto in sito di guisa da provocare una situazione di instabilità poi conclusasi nel tragico epilogo.


La Corte distrettuale, condividendo gli assunti del Giudice di prime cure, al fine di confermare le statuizioni civili della sentenza appellata, aveva individuato la responsabilità colposa del (Omissis) nell'aver omesso di sottoporre il macchinario ad adeguata manutenzione, successivamente alla consegna; macchinario messo invero a disposizione del lavoratore senza la previa verifica della rispondenza ai requisiti di sicurezza antinfortunistica. Come accertato dai periti, lo stesso aveva subito manomissioni tali da impedire l'azione manuale di inserimento dei perni di sicurezza, risultandone le relative sedi di scorrimento, deformate a causa di urti o di tentativi grossolani di porvi rimedio (come dimostrato dalla saldatura del meccanismo ove erano visibili tracce di ruggine).
Il perito (Omissis) aveva peraltro escluso che il distacco della piattaforma avesse potuto cagionare una deformazione dei perni e delle corrispondenti sedi di innesto.

Ricorre per cassazione il (Omissis), per tramite del difensore, deducendo un unico motivo per vizio motivazionale.
Le argomentazioni esposte dalla Corte d'appello - alla cui stregua veniva affermata la sussistenza della responsabilità colposa del (Omissis) - sarebbero, ad avviso del ricorrente, illogiche e carenti, non avendo i Giudici di secondo grado spiegato per quali ragioni avevano ritenuto di accedere all'ipotesi ricostruttiva della causa della precipitazione della piattaforma, basata sulla preesistenza di un difetto di funzionamento del sistema di sicurezza, pur in presenza di rilevanti elementi di incertezza risultanti dall'istruttoria.
Invero sia i tecnici dell'ASL che il perito (Omissis) nominato nella fase delle indagini preliminari avevano precisato di non esser stati in grado di accertare se la deformazione delle sedi di inserzione dei perni di sicurezza fosse precedente all'incidente od invece se fosse stata proprio causata dalla caduta della piattaforma tanto piu' che il macchinario era stato già impiegato per circa un mese, con le medesime modalità, senza inconvenienti di sorta.
Inoltre assume il ricorrente che, sulla base di un vero e proprio artificio logico volto a valorizzare condotte irrilevanti rispetto alla causazione dell'evento, la Corte d'appello di Milano, nell'ambito di un presunto deficit di manutenzione del macchinario, avrebbe dato rilievo alla presenza di segni di grossolana riparazione mediante saldatura della leva di azionamento manuale dei perni di sicurezza, laddove nessuna analisi tecnico - peritale (cosiccome nessuna testimonianza) aveva eziologicamente collegato detta riparazione con la presunta inefficienza del sistema di blocco della piattaforma al braccio sollevatore.
Conclusivamente chiede il ricorrente l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al capo di condanna dell'imputato al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.

 

Diritto



Il ricorso va giudicato inammissibile perchè proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità.
Giova innanzitutto ricordare che, per consolidato, pacifico e risalente assunto giurisprudenziale di questa Corte, in tema di sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione; se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass., Sez. Un., 13.12.1995, n. 930/1996; id., Sez. Un., 31.5.2000, n. 12).
Il vizio di motivazione, deducibile in sede di legittimità deve risultare, per espressa previsione normativa, dal testo del provvedimento impugnato, ovvero - a seguito della modifica apportata all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), dalla Legge 20 febbraio 2006, n. 46, articolo 8 - da "altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame"; il che vuoi dire - quanto al vizio di manifesta illogicità -, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che (iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e che, per altro verso, questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, quand'anche in tesi egualmente corretti sul piano logico; ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorchè, in tesi, munite di eguale crisma di logicità (cfr. Cass., Sez. Un., 27.9.1995, n. 30).
Sicchè, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di " rilettura " degli elementi di fatto, sui quali è basata la decisione impugnata - il cui apprezzamento resta riservato in via esclusiva al giudice di merito - non integra vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa - e per il ricorrente - piu' adeguata valutazione delle risultanze processuali (cfr. S.U. n.6402 /1997).


Nella concreta fattispecie, la decisione impugnata si presenta formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali - quali sopra riportati nella parte narrativa e da intendersi qui integralmente richiamati onde evitare superflue ripetizioni - forniscono, con argomentazioni basate su di una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti la vicenda oggetto del processo.
Passando quindi all'esame di quanto specificamente obiettato dal ricorrente circa la presunta illogicità dell'apparato argomentativo della sentenza impugnata relativamente alla individuazione della causa dell'incidente ed all'irrilevanza del riscontrato deficit di manutenzione generale del macchinario, deve ancora rimarcarsi che, in sintonia con il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (come nella concreta fattispecie) l'apprezzamento dell'elaborato peritale e la condivisione delle relative conclusioni di guisa che il giudice di merito può rimettere alle valutazioni del perito il supporto razionale degli assunti motivazionali della decisione (cfr. ex multis, Sez.5 n. 10835/1988). Ciò è quanto si è verificato nel caso di specie, avendo la Corte distrettuale recepito e motivatamente condiviso le indicazioni fornite al riguardo dai periti (in parte narrativa riferite) disattendendo, con puntuale argomentazione, le prospettazioni difensive dell'imputato, in questa sede sostanzialmente riproposte nei medesimi termini.


Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (liquidate in dispositivo) nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente:cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1,000,00.




P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute per il presente giudizio dalle parti civili che liquida nella complessiva somma di euro 3.500,00, oltre spese generali, IVA e CPA, come per legge.