Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, Sent., 17 gennaio 2012, n. 1445 - Utilizzo di un nastro trasportatore di inerti non idoneo ai fini delle sicurezza e responsabilità dell'appaltatore


 

 

Responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione di una s.r.l. (L.) per aver cagionato al lavoratore V.V., operatore di pala meccanica, lesioni personali gravi; e ciò per colpa consistente, secondo i termini della contestazione: nell'aver consentito l'utilizzo di un nastro trasportatore di inerti non idoneo ai fini delle sicurezza; e nel non aver richiesto l'osservanza, da parte del lavoratore infortunato, delle norme di sicurezza, nel corso delle operazioni di pulizia del macchinario, o comunque per aver omesso di verificare tale rispetto, atteso che le operazioni di pulizia erano avvenute con il macchinario in movimento.


Assolto in primo grado, viene condannato in appello. Ricorso in Cassazione - Rigetto.


L'esponente rileva che la Corte di Appello ha ascritto a L. la violazione dell'obbligo vigilanza D.P.R. n. 547 del 1955, ex art. 4, lett. c), ed D.Lgs. n. 626 del 1994, ex art. 4, comma 5, lett. f), non considerando: che V. era un operaio alle dipendenze della società F. B., al lavoro in una cava di inerti, in ausilio al personale della società L.M. s.r.l., cui erano stati appaltati, dalla F.B., i lavori di estrazione degli inerti; che detta evenienza affievolisce il rapporto esistente tra il destinatario dei precetti antinfortunistici ed il soggetto infortunato; che V. non era incaricato della pulizia del macchinario; che l'imputato versava nella oggettiva impossibilità di esercitare in concreto una continua vigilanza sull'operato del V..

La Corte di Appello ha puntualmente considerato che il nastro trasportatore era stato manomesso proprio nei presidi antinfortunistici, atteso che l'originaria barriera protettiva, fornita dal produttore solidale al telaio in modo fisso, era stata modificata e la chiusura fissa era stata sostituita con uno spinotto facilmente rimuovibile.

La Corte territoriale ha quindi sottolineato che, in tale contesto di minorata sicurezza, diveniva cogente l'obbligo per l'imprenditore di esigere che gli interventi di pulizia del nastro trasportatore avvenissero a macchinario fermo.

E' poi appena il caso di ribadire che la Suprema Corte ha chiarito che in materia di sicurezza dei lavoratori, per i casi di lavori affidati in appalto, è l'appaltatore il destinatario degli obblighi prevenzionali, salvi alcuni obblighi specifici che restano a carico del committente, quali l'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione; e che pertanto "resta però ferma la responsabilità dell'appaltatore per la inosservanza degli obblighi prevenzionali che gravano su di lui"

Occorre, infine, evidenziare che il Collegio non ha omesso di considerare che risultava pure accertata la colpa del lavoratore, rispetto alla causazione dell'infortunio, atteso che il V. aveva agito con grave imprudenza, nel procedere alla rimozione dei grumi, con le riferite modalità. Al riguardo, la Corte distrettuale ha peraltro rilevato che gli obblighi di vigilanza che gravano sull'imprenditore risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità.

 



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

L.E. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 1603/2009 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 28/01/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso.

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI. Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso per l'annullamento con rinvio;

Udito il difensore Avv. Calonghi Alberto che insiste per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto

 

1. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 15 dicembre 2008, resa all'esito di giudizio abbreviato, assolveva L.E. dal reato di cui all'art. 590 cod. pen., in relazione alla contestazione di avere colposamente cagionato lesioni gravi al lavoratore V. V., perchè il fatto non costituisce reato.

2. La Corte di Appello di Brescia, su ricorso del Procuratore Generale territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava L.E. colpevole del delitto ascrittogli e concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia.

3. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione L.E., a mezzo del difensore, deducendo la violazione di legge ed il vizio motivazionale.

La parte rileva che L. è stato condannato in riferimento al reato ascrittogli, per avere, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società L.M. s.r.l., cagionato al lavoratore V.V., operatore di pala meccanica, lesioni personali gravi; e ciò per colpa consistente, secondo i termini della contestazione: nell'aver consentito l'utilizzo di un nastro trasportatore di inerti non idoneo ai fini delle sicurezza; e nel non aver richiesto l'osservanza, da parte del lavoratore infortunato, delle norme di sicurezza, nel corso delle operazioni di pulizia del macchinario, o comunque per aver omesso di verificare tale rispetto, atteso che le operazioni di pulizia erano avvenute con il macchinario in movimento.

L'esponente rileva che la Corte di Appello ha ascritto a L. la violazione dell'obbligo vigilanza D.P.R. n. 547 del 1955, ex art. 4, lett. c), ed D.Lgs. n. 626 del 1994, ex art. 4, comma 5, lett. f), non considerando: che V. era un operaio alle dipendenze della società F. B., al lavoro in una cava di inerti, in ausilio al personale della società L.M. s.r.l., cui erano stati appaltati, dalla F.B., i lavori di estrazione degli inerti; che detta evenienza affievolisce il rapporto esistente tra il destinatario dei precetti antinfortunistici ed il soggetto infortunato; che V. non era incaricato della pulizia del macchinario; che l'imputato versava nella oggettiva impossibilità di esercitare in concreto una continua vigilanza sull'operato del V..

La parte, richiamando le emergenze che compongono il compendio probatorio, considera: che V., lavoratore esperto, era addetto alla pala escavatrice posta sulla terra ferma, mentre L. operava sulla draga al centro del laghetto; che V. aveva anche il compito di controllare il nastro trasportatore e di avvisare L., in caso di malfunzionamento; che nel corso della mattinata del medesimo giorno in cui si ebbe a verificare l'infortunio, V. aveva notato un malfunzionamento del nastro trasportatore, aveva avvisato il L. ed i due, bloccato il macchinario, avevano effettuato un primo intervento; che nel pomeriggio dello stesso giorno V., avendo notato che il nastro non funzionava regolarmente, aveva deciso di intervenire, senza avvertire il L.; che V. aveva disattivato la protezione posta lateralmente sui rulli e, con l'ausilio di una chiave inglese, aveva tentato di asportare i grumi di terra presenti sul nastro in movimento; che, nel frangente, V. aveva riportato le gravi lesioni.

L'esponente ritiene che la Corte di Appello, erroneamente, ha affermato che non vi erano elementi che inducessero a ritenere che interventi come quello effettuato dal V. fossero vietati dalla L.M. se non previo arresto dell'impianto; e che nell'azienda non vi era una prassi conforme a quest'ultima regola di sicurezza.

Osserva il ricorrente che L. non aveva la possibilità di avvedersi del malfunzionamento dell'impianto, atteso che la sua postazione si trovava a decine di metri di distanza dal V.; e rileva che l'obbligo di sorveglianza va inteso in senso relativo e modulato rispetto alla specifica organizzazione aziendale.

Ciò premesso, il deducente ritiene che la condotta posta in essere dal V. si qualifichi come abnorme, perchè del tutto estranea alle mansioni affidate alla parte offesa e difforme dalla prassi aziendale che prevedeva il fermo del macchinario per l'effettuazione di interventi sul rullo, ovvero l'impiego di un lungo bastone, in modo che l'operatore restasse al di fuori dei presidi protettivi.

Ritiene che, pertanto, sia da escludere ogni profilo di colpa a carico dell'imputato; ed osserva che il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 6, lett. d) ed e), fa divieto di rimuovere o modificare i dispositivi di sicurezza.

 

 

Diritto

 

3. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

3.1 La Corte di Appello ha del tutto conferentemente disatteso il ragionamento probatorio effettuato dal Tribunale, in base al quale il fatto che il primo intervento di manutenzione fosse stato effettuato previo arresto del macchinario dimostrava l'imprevedibilità del comportamento successivamente posto in essere dall'infortunato. Al riguardo, deve rilevarsi che la valutazione effettuata dalla Corte di Appello, in ordine alla prassi seguita dal L., per la rimozione dei grumi di terra presenti sul nastro trasportatore, appare del tutto conseguente, rispetto alle emergenze fattuali, pacificamente emerse in corso di giudizio; ed invero, si è accertato che interventi per la rimozione di grumi venivano effettati con un lungo bastone, con il macchinario in movimento.

Deve pure osservarsi che la Corte di Appello ha puntualmente considerato che il nastro trasportatore era stato manomesso proprio nei presidi antinfortunistici, atteso che l'originaria barriera protettiva, fornita dal produttore solidale al telaio in modo fisso, era stata modificata e la chiusura fissa era stata sostituita con uno spinotto facilmente rimuovibile. Il Collegio ha evidenziato che la modifica dei presidi antinfortunistici, da fissi ad amovibili, avrebbe imposto l'adozione di un dispositivo di blocco, collegato con gli organi di messa in moto e movimento della macchina, essendovi il rischio grave e specifico di trascinamento. Deve considerarsi che, sul punto, il Collegio ha sviluppato un ragionamento del tutto coerente rispetto alla normativa antinfortunistica relativa agli apparecchi di protezione amovibili. Ed invero, il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 72, che viene in rilievo rispetto all'epoca del fatto, prevedeva espressamente che i macchinari dotati di protezioni amovibili fossero provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della macchina stessa tale da impedire la rimozione del riparo quando la macchina è in movimento, ovvero in grado di provocare l'arresto della macchina all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo.

La Corte territoriale ha quindi sottolineato che, in tale contesto di minorata sicurezza, diveniva cogente l'obbligo per l'imprenditore di esigere che gli interventi di pulizia del nastro trasportatore avvenissero a macchinario fermo.

3.2 Oltre tali rilievi, di ordine dirimente, deve osservarsi la Corte di Appello ha considerato che l'arresto del nastro, per effettuare le operazioni di rimozione di grumi di terreno, non costituiva un imperativo inderogabile, per il L., in considerazione della prassi aziendale, come sopra accertata.

E' poi appena il caso di ribadire che la Suprema Corte ha chiarito che in materia di sicurezza dei lavoratori, per i casi di lavori affidati in appalto, è l'appaltatore il destinatario degli obblighi prevenzionali, salvi alcuni obblighi specifici che restano a carico del committente, quali l'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione; e che pertanto "resta però ferma la responsabilità dell'appaltatore per la inosservanza degli obblighi prevenzionali che gravano su di lui" (Cass. Sez. 3, sentenza n. 6884 del 18/11/2008, dep. 18/02/2009, Rv. 242735).

Si osserva che la Corte di Appello ha pure evidenziato la sussistenza di un nesso di derivazione causale tra l'omissione ascritta al L. e l'evento lesivo come in concreto verificatosi: ciò in quanto V. ebbe a riportare trauma da arrotamento dell'arto superiore destro con vasta ferita al terzo superiore regione palmare, fratture multiple e trauma al volto.

3.3 Occorre, infine, evidenziare che il Collegio non ha omesso di considerare che risultava pure accertata la colpa del lavoratore, rispetto alla causazione dell'infortunio, atteso che il V. aveva agito con grave imprudenza, nel procedere alla rimozione dei grumi, con le riferite modalità. Al riguardo, la Corte distrettuale ha peraltro rilevato che gli obblighi di vigilanza che gravano sull'imprenditore risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità.

Le considerazioni svolte dalla Corte territoriale si collocano nell'alveo dell'orientamento espresso ripetutamente dalla Corte regolatrice, in riferimento alla valenza esimente da assegnare alla condotta colposa posta in essere dal lavoratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia. Questa Suprema Corte ha chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, 14 dicembre 1999 n. 3580, Bergamasco, Rv. 215686; Cass. 3 giugno 1999 n. 12115, Grande, Rv. 214999; Cass. 14 giugno 1996 n. 8676, Ieritano, Rv. 206012). La Suprema Corte ha pure chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore - come certamente è avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.