L’ACCORDO STATO-REGIONI PER LA FORMAZIONE ALLA SICUREZZA DEI LAVORATORI

Marco Lai
(Centro Studi Cisl/Università di Firenze)

Introduzione

Di particolare rilievo sono gli accordi sottoscritti in sede di Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2011, in vigore dal 26 gennaio scorso (quindici giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 8, dell’11 gennaio) in materia di formazione per la salute e sicurezza sul lavoro, che vengono potenzialmente ad interessare circa 22 milioni di soggetti ed oltre 5 milioni di imprese.
Si tratta nello specifico dell’Accordo per la formazione dei lavoratori e dell’Accordo per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, previsti rispettivamente dall’art. 37, comma 2, e dall’art. 34, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i., che avrebbero dovuto essere emanati entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore (in questa sede ci occuperemo prevalentemente dell’Accordo per la formazione dei lavoratori- di seguito Accordo -).
E’ auspicabile che soprattutto il mondo delle imprese, insieme a tutti i soggetti che sono impegnati in tale delicato settore (consulenti aziendali, medici competenti, parti sociali, istituzioni), sappia cogliere l’occasione del massiccio intervento formativo richiesto per affermare quella “cultura della sicurezza” spesso evocata nei convegni ma ancora troppo poco praticata negli ambienti di lavoro, e non scelga la strada più facile dell’adempimento formale o uno dei tanti rivoli consentiti dalla disciplina derogatoria.
L’Accordo, dando attuazione all’art. 37, comma 2, d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i., disciplina “la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione, nonché – elemento non menzionato nel decreto – dell’aggiornamento” dei lavoratori e delle lavoratrici, quali definiti dall’art. 2, comma 1, lett. a). Si è peraltro colta l’occasione per regolare anche la formazione di preposti e dirigenti, rispetto ai quali vi è sì uno specifico obbligo formativo e di aggiornamento a carico del datore di lavoro (ai sensi dell’art. 37, comma 7, d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i.), ma non un espresso rinvio all’Accordo in esame. Al riguardo si precisa che il datore di lavoro che abbia posto in essere un percorso formativo di contenuto differente da quello dell’Accordo dovrà dimostrare che tale percorso ha fornito a dirigenti e/o preposti una formazione “adeguata e specifica”. La disciplina contenuta nell’Accordo non potrà acquisire per questo carattere vincolante, rappresentando comunque una sorta di utile linea guida per la formazione di dirigenti e preposti.
L’Accordo costituisce anche riferimento per la formazione facoltativa dei soggetti di cui all’art. 21, d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i., tra i quali i componenti dell’impresa familiare ed i lavoratori autonomi.
La formazione dei lavoratori deve peraltro svolgersi in raccordo con il sistema di bilateralità presente sul territorio. Ai sensi infatti dell’art. 37, comma 12, del d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i. , la formazione dei lavoratori (e quella dei loro rappresentanti – Rls -) “deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro..”. Il necessario coinvolgimento degli organismi paritetici si giustifica con la finalità di operare un monitoraggio dei percorsi formativi proposti. Sul punto l’Accordo, quale nota in Premessa (come già la circolare del Ministero del lavoro n. 20, del 29 luglio 2011, che si segnala in particolare per la necessaria rappresentatività di tali organismi), associa impropriamente agli organismi paritetici, quali definiti dall’art. 2, comma 1, lett. ee), del d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i., con competenza specifica in materia di salute e sicurezza sul lavoro, gli enti bilaterali, di cui all’art. 2, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 276/2003, con funzioni più generali di regolazione del mercato del lavoro. Si precisa peraltro che qualora l’obbligatoria richiesta di collaborazione del datore di lavoro “riceva riscontro da parte dell’ente bilaterale o dell’organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre “tener conto” nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione anche ove tale realizzazione non sia affidata agli enti bilaterali o agli organismi paritetici”. Il datore di lavoro potrà invece procedere autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione in mancanza di organismi paritetici o di enti bilaterali oppure qualora la sua richiesta non riceva riscontro entro quindici giorni dall’invio1.


Requisiti dei docenti, organizzazione della formazione, metodologia di insegnamento/apprendimento

In attesa della definizione dei criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro da parte della Commissione consultiva permanente presso il Ministero del lavoro, ai sensi dell’art. 6, comma 8, lett. m-bis), del d.lgs. n. 81/2008, è fissata in tre anni l’esperienza minima richiesta, di insegnamento o professionale, per poter svolgere attività di docenza. L’esperienza professionale può consistere anche nello svolgimento per un triennio dei compiti di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, anche con riferimento al datore di lavoro. Si è optato pertanto più sui requisiti dei docenti che dei soggetti erogatori dell’attività formativa (come invece nell’Accordo, siglato sempre il 21 dicembre 2011, per la formazione del datore in caso esercizio diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi). E’ dubbio che la sola esperienza professionale possa essere sufficiente ai fini dell’efficacia del percorso formativo, dal momento che il docente/formatore dovrebbe essere in possesso di competenze relative non solo ai contenuti ma anche alle modalità in cui gli stessi vengono proposti ed acquisiti.
Riserve suscita peraltro la scelta di elevare a 35 unità il numero massimo dei partecipanti a ciascun percorso formativo (rispetto, tra l’altro, a quanto stabilito per la formazione degli Addetti e dei Responsabili dei servizi di prevenzione e protezione), specie alla luce della dichiarata intenzione di privilegiare “un approccio interattivo” nella metodologia di insegnamento/apprendimento. D’altro lato la verifica della presenza o meno di tali elementi potrà risultare utile per l’esercizio dell’attività degli organi di vigilanza nonché per il Rls-Rlst nell’ambito del suo potere consultivo “in merito all’organizzazione della formazione” per le diverse figure della prevenzione (ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i.).
Le metodologie didattiche dovrebbero essere improntate, come detto, a privilegiare un approccio interattivo, che comporti la centralità del lavoratore nel percorso di apprendimento.
L’Accordo apre in maniera significativa alle modalità di apprendimento e-Learning. L’utilizzo delle modalità di apprendimento e-Learning, sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’Allegato I, è consentito:
*per la formazione generale dei lavoratori;
*per la formazione dei dirigenti;
*per i corsi di aggiornamento relativi a tutte le figure previste nell’Accordo (lavoratori, preposti, dirigenti);
*parzialmente per la formazione particolare ed aggiuntiva per i preposti (punti da 1 a 5 del punto 5);
*per progetti formativi sperimentali, eventualmente individuati da Regioni e Province autonome, nei loro atti di recepimento dell’Accordo, anche in riferimento alla formazione specifica di lavoratori e preposti (oltre a quella di carattere generale).
Sulla formazione e-Learning, pur di grande potenzialità, pare opportuno muoversi con estrema cautela, specie in un settore così delicato quale è quello della salute e sicurezza del lavoro, per non ridurre il tutto a solo fattore di business per le società erogatrici.
In assenza infatti di chiare indicazioni al riguardo, l’esperienza di corsi di formazione “a distanza” nel nostro Paese, anche in tema di salute e sicurezza del lavoro, è stata in molti casi fuorviante, mirando spesso al mero adempimento normativo. Non sono stati rari i casi di corsi offerti “a distanza” per addetti al primo soccorso o alla prevenzione incendi !!!.
Sul punto l’Allegato I precisa le condizioni in base alle quali si può ricorrere alle modalità e-Learning. Tra queste merita segnalare: la garanzia di un esperto (tutor o docente), con esperienza almeno triennale, a disposizione per la gestione dell’intero percorso formativo; la previsione di prove di autovalutazione “in itinere”, dovendo in ogni caso la verifica finale di apprendimento essere effettuata in presenza; la tracciabilità dei tempi di fruizione (ore di collegamento), con la possibilità di ripetere parti del percorso formativo secondo obiettivi didattici prefissati. Le ore dedicate alla formazione (anche presso il domicilio del partecipante) vanno peraltro considerate come orario di lavoro effettivo.


La formazione dei lavoratori

La formazione dei lavoratori si articola in due moduli distinti:
a) la formazione di carattere generale, della durata minima di 4 ore, per tutti i settori di attività, che riprende i contenuti già espressi dall’art. 37, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i. (concetti di rischi, danno, prevenzione ecc…). Tale formazione può essere erogata anche in modalità e-Learning;
b) la formazione specifica, di durata minima variabile di 4, 8, 12 ore, secondo la macrocategoria di rischio in cui ricade l’azienda (rispettivamente basso, medio, alto), in base alla classificazione ATECO dei settori, di cui all’Allegato 2. Si ripropone dunque l’indicazione seguita per la formazione degli Addetti e Responsabili dei servizi di prevenzione e protezione (Modulo B), di cui all’Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006, classificando le aziende ai fini della definizione del loro livello di rischio in funzione del settore di attività. Se tale criterio consente di stabilire con una certa rapidità la durata minima dei percorsi formativi, alquanto generico è invece riguardo ai rischi a cui sono realmente esposti i lavoratori, che potranno essere individuati solo a seguito di una corretta ed esaustiva valutazione dei rischi.
Significativo è il fatto che per la formazione dei lavoratori, diversamente dalla formazione per dirigenti e preposti, non sia disposta alcuna prova di verifica dell’apprendimento, richiedendosi solo un attestato di frequenza del 90% delle ore di formazione previste per l’intero percorso. Tale mancanza può ridurre di molto l’efficacia dell’intervento formativo nonché la portata delle stesse previsioni dell’Accordo. La formazione infatti, per essere tale, richiede, accanto a processi comunicativi interattivi,
una verifica della presa di coscienza e del comportamento conseguente a quanto appreso. In tal senso si è peraltro orientata la giurisprudenza, anche della Suprema Corte2.


La formazione dei preposti

Secondo l’Accordo in esame la formazione dei preposti deve comprendere quella per i lavoratori ed essere integrata da una formazione particolare della durata minima di 8 ore.
La formazione dei preposti, in quanto “aggiuntiva” a quella stabilita per i lavoratori, si articola dunque in percorsi di durata differenziata a seconda del settore di appartenenza dell’azienda in cui si viene ad operare: 16 ore (8+8) per i preposti delle aziende dei settori con classi di rischio basso; 20 ore (8+12) per i preposti delle aziende dei settori con classi di rischio medio; 24 ore (16+8) per i preposti delle aziende dei settori con classi di rischio alto.
Al termine del percorso formativo, previa frequenza di almeno il 90% delle ore di formazione, è prevista, così come per i dirigenti, una prova di verifica obbligatoria da effettuarsi tramite colloquio o test, in alternativa tra loro, finalizzata ad accertare le conoscenze e le competenze tecnico-professionali acquisite.
Ferme restando le previsioni dell’Accordo relative alla durata ed ai contenuti dei corsi “le modalità delle attività formative possono essere disciplinate da accordi aziendali, adottati previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”. E’ da precisare il raccordo tra tale previsione, circa il possibile intervento della contrattazione collettiva (aziendale) solo in ordine alle “modalità di effettuazione” della formazione di lavoratori e preposti, e quanto disposto a proposito della formazione specifica dei lavoratori, laddove è “fatta salva la contrattazione collettiva e le procedure concordate a livello settoriale e/o aziendale” anche con riguardo a contenuti e durata dei percorsi formativi.


La formazione dei dirigenti

La formazione dei dirigenti, quali definiti dall’art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i. “sostituisce” integralmente quella prevista per i lavoratori ed è strutturata su quattro moduli: Modulo 1. Giuridico-normativo; Modulo 2. Gestione ed organizzazione della sicurezza; Modulo 3. Individuazione e valutazione dei rischi; Modulo 4. Comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori.
La durata minima della formazione dei dirigenti è fissata in 16 ore, a prescindere dal settore di attività a cui appartiene l’azienda.
Sfugge la logica sottesa a tale scelta indifferenziata, dal momento che anche per l’esercizio delle funzioni organizzative e di controllo, proprie dei dirigenti, pare richiedersi una preparazione ed una competenza specifica a seconda dei profili di rischio presenti in azienda.
La formazione dei dirigenti può essere erogata per intero in modalità e-Learning ed al termine del percorso formativo dovrà essere effettuata una prova di verifica dell’apprendimento (colloquio o test). “Tenuto conto della peculiarità delle funzioni e della regolamentazione legale vigente la formazione dei dirigenti può essere programmata e deve essere completata nell’arco temporale di 12 mesi…”. La disposizione è da raccordare con la disciplina transitoria, che sul punto pare di diversa previsione.


L’aggiornamento

L’Accordo prevede un eguale quantitativo di ore di aggiornamento, pari ad un minimo di 6 ore nell’arco di un quinquennio, per tutte le figure considerate (lavoratore, preposto, dirigente), indipendentemente dal livello di rischio dell’azienda. Anche in tal caso non è evidente la logica di tale scelta indifferenziata.
Stante peraltro il carattere “aggiuntivo” della formazione dei preposti rispetto a quella dei lavoratori è da ritenere che il preposto sia destinatario di un ammontare complessivo di 12 ore di aggiornamento (6 ore come lavoratore e 6 ore in quanto preposto).
Nell’aggiornamento non è compresa la formazione relativa al trasferimento o cambiamento di mansioni e all’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi, né la formazione in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.
In merito ai corsi di aggiornamento non è prevista alcuna verifica di apprendimento, né il rilascio di alcun attestato di frequenza, che in ogni caso pare indispensabile ai fini, tra l’altro, della prova dell’adempimento dell’obbligo in esame.


La disciplina transitoria, il riconoscimento della formazione pregressa e l’aggiornamento dell’Accordo

La disciplina transitoria è alquanto frammentaria e mancante della chiarezza che sarebbe invece necessaria.
Innanzitutto si afferma che in sede di prima applicazione i datori di lavoro sono tenuti ad avviare i dirigenti e i preposti (che siano già nell’esercizio delle loro funzioni) a corsi di formazione di contenuto coerente con le disposizioni dell’Accordo in modo tale che i medesimi corsi vengano conclusi “entro e non oltre il termine di 18 mesi dalla pubblicazione” dell’Accordo (11 luglio 2013). Nella sezione dedicata ai dirigenti si precisa invece che la formazione dei dirigenti “deve essere completata nell’arco temporale di 12 mesi”, senza peraltro indicare il termine a quo.
Diversa ancora è la disciplina transitoria per il personale (tutto) di nuova assunzione, che deve essere avviato ai rispettivi corsi di formazione anteriormente o, qualora ciò non sia possibile, contestualmente all’assunzione. In tale ultima ipotesi, ove non risulti possibile completare la formazione prima di adibire il dirigente, il preposto o il lavoratore alle proprie attività, il relativo percorso formativo deve essere completato entro e non oltre sessanta giorni dalla assunzione.
Quale ulteriore fattispecie derogatoria si prevede in fase di prima applicazione non siano tenuti a frequentare i corsi di formazione i lavoratori, preposti e dirigenti che abbiano frequentato entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore dell’Accordo (26 gennaio 2013) corsi di formazione “formalmente e documentalmente” approvati alla data di entrata in vigore dello stesso, che siano rispettosi delle previsioni normative in materia e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuto e modalità di svolgimento dei corsi. Sul punto vi è dunque un ampio, quanto indeterminato, rinvio alla disciplina collettiva.
Esteso è inoltre l’ambito di riconoscimento della formazione pregressa.
Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un gruppo tecnico, del quale fanno parte anche le parti sociali, al fine di valutare la prima applicazione dell’Accordo e di elaborare proposte migliorative ed eventuali adeguamenti (da realizzare ?) entro diciotto mesi dalla sua entrata in vigore.
Pare opportuno procedere quanto prima a fare chiarezza sui molti aspetti di dubbia interpretazione dell’Accordo, anche se la scelta dello strumento da utilizzare non è agevole, stante la pluralità di soggetti che hanno partecipato alla sua elaborazione.


*Una versione più ampia del contributo in esame è in via di pubblicazione su Rivista degli infortuni e delle malattie professionali n. 1/2012

1 Per la collaborazione con gli organismi paritetici presenti nel territorio anche per la formazione di dirigenti e preposti cfr. l’Accordo applicativo del d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i. per il settore artigiano, del 28 giugno 2011, definitivamente sottoscritto dalle parti sociali il 13 settembre 2011. La collaborazione degli organismi paritetici in merito alla formazione delle diverse figure “si attiva (in conformità agli accordi a livello regionale tra le Parti stipulanti) attraverso almeno uno dei seguenti strumenti: 1. Comunicazione delle imprese all’organismo paritetico; 2. Attestazione di verifica circa la conformità dei contenuti della formazione alla normativa vigente.” (punto 3.2.12).

2 Cfr. in particolare Cass. pen., 28 gennaio 2008, in causa Franzoni, di conferma della condanna di un datore di lavoro “per non aver progettato e attuato una adeguata attività formativa per tutti i lavoratori, contenente gli obiettivi specifici, la definizione di moduli didattici, gli strumenti per la verifica di apprendimento”.