Cassazione Penale, Sez. 3, 23 febbraio 2012, n. 7068 - Solai, piattaforme di lavoro e ne bis in idem






REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente

Dott. GRILLO Renato - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:

TO. FL. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 10053/2011 TRIB. SEZ. DIST. di BORGO VALSUGANA, del 13/04/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per l'inammissibilità;

Udito il difensore Avv. Pi. Al. (sost. Proc.).

Fatto



Con sentenza del 13 aprile 2011, il Tribunale di Trento - Sezione Distaccata di Borgo Valsugana, affermava la penale responsabilità di TO. El. in ordine al reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 146, comma 1 commesso in (Omissis), condannandolo alla pena dell'ammenda.

Avverso tale pronuncia il predetto proponeva appello che la Corte d'Appello di Trento, in considerazione della condanna alla sola pena dell'ammenda, qualificava come ricorso per cassazione, disponendo conseguentemente la trasmissione degli atti a questa Corte, con ordinanza del 15 luglio 2011.

Nell'atto di impugnazione così qualificato il TO. lamentava l'insussistenza del reato, richiamando l'attenzione sulla circostanza che, il 22 aprile 2010, il G.I.P. del Tribunale di Trento aveva emesso nei suoi confronti sentenza di assoluzione, ormai irrevocabile, relativamente al delitto di omicidio colposo conseguente alla violazione della norma antinfortunistica per la quale era stato riconosciuto colpevole nell'impugnata decisione.

Osservava che detta sentenza era stata depositata in copia ma il Tribunale non ne aveva tenuto conto, così come aveva trascurato di considerare la dinamica della vicenda come ricostruita dalla menzionata decisione divenuta ormai irrevocabile.

Aggiungeva che il Tribunale non aveva inoltre tenuto conto della circostanza che la violazione contestata riguardava i solai e le piattaforme di lavoro e non anche i tetti e l'infortunio si era proprio verificato sulla "copertura del tetto", con la conseguenza che il giudice di prime cure avrebbe mal compreso la contestazione mossa dagli ispettori del lavoro e, conseguentemente, ricostruito in modo non corretto la vicenda.

Insisteva, pertanto, per l'accoglimento dell'impugnazione.

Diritto



Il ricorso è inammissibile.

Occorre preliminarmente osservare che la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide, ha chiaramente precisato che qualora un provvedimento giurisdizionale sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente stabilito, il giudice che riceve l'atto di gravame deve limitarsi, secondo quanto stabilito dall'articolo 568 c.p.p., comma 5., alla verifica dell'oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell'esistenza della volontà di impugnare, intesa come proposito di sottoporre Fatto impugnato a sindacato giurisdizionale e, conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente astenendosi dall'esame dei motivi al fine di verificare, in concreto, la possibilità della conversione (v. ex pl. Sez. 3 n. 19980, 12 maggio 2009; SS. UU. n. 45371, 20 dicembre 2001).

Si è peraltro affermato che l'istituto della conversione della impugnazione previsto dall'articolo 568 c.p.p., comma 5, ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l'automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l'atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Sez. 1 n. 2846, 9 luglio 1999 ed altre succ. conf.).

Ciò posto, deve osservarsi che, secondo un indirizzo interpretativo assolutamente maggioritario e condiviso dal Collegio, la violazione del divieto del "ne bis in idem" che il ricorrente sembra voler dedurre con il riferimento alla precedente pronuncia assolutoria da parte del G.I.P. non è deducibile in questa sede di legittimità e deve essere prospettata al giudice dell'esecuzione, poichè il relativo giudizio presuppone necessariamente un raffronto fra dati fattuali relativi alle imputazioni contestate nelle sentenze riguardo alle quali la preclusione è addotta e si risolve in un accertamento sul fatto che questa Corte non può effettuare (cfr. Sez. 5 n.24954, 21 giugno 2011; Sez. 4 n. 48575, 18 dicembre 2009; Sez. 5 n. 9180, 2 marzo 2007; Sez. 2 n. 41069, 20 ottobre 2004; Sez. 5 n. 7953, 7 luglio 1998).

L'inammissibilità del ricorso si profila, altresì, con riferimento alle ulteriori argomentazioni prospettate nell'atto di impugnazione ed attinenti alla ricostruzione fattuale della vicenda, con riferimento alle caratteristiche del luogo, solaio o tetto, ove è stata verificata l'inosservanza della disposizione contestata, alla data esatta di accesso ai luoghi da parte degli ispettori del lavoro ed alla presenza o meno di attività lavorativa in atto al momento del controllo secondo quanto riferito dai testimoni escussi, poichè si tratta, anche in questo caso, di attività precluse al giudice di legittimità.

Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.



P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.