Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 29 febbraio 2012, n. 7885 - Piattaforma di lavoro non provvista di parapetto atto ad impedire la caduta nel vuoto dei lavoratori e sospensione dell'attività lavorativa


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNINO Saverio - Presidente

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere

Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

PA. Gh. nato in (Omissis);

avverso la sentenza del 23 febbraio 2011 del tribunale di Pistoia;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. SPINACI Sante che ha concluso per l'annullamento senza rinvio.

La Corte osserva:

Fatto



1- Con decreto in data 3 settembre 2010 Pa. Gh. veniva citata a giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia per rispondere del reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 159, in relazione all'articolo 146 perchè, quale titolare della ditta " De. di. Pa. Gh. ", nel cantiere di via (Omissis), nei lavori di rifacimento della copertura dell'edificio, ometteva di dotare di parapetto, contro le cadute accidentali, la piattaforma di lavoro (reato accertato in (Omissis)).

Dichiarata la contumacia dell'imputato, in data 19 gennaio 2011 il difensore, munito di procura speciale, chiedeva che il procedimento nei confronti della suo assistito fosse definito con giudizio abbreviato condizionato ad una produzione documentale.

Il giudice ammetteva il rito.

Con sentenza del 23 febbraio 2011 dal tribunale di Pistoia dichiarava l'imputato colpevole e, applicata la diminuente del rito, lo condannava alla pena di euro 1000 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.

Osservava il tribunale che in data 18 novembre 2008 il geometra Ca. En. e l'ingegnere Ab. Gh. Ah. , addetti al servizio ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro di (Omissis), effettuavano un sopralluogo presso un cantiere ubicato in (Omissis) alla via (Omissis) ove stava svolgendo lavori di edilizia la ditta De. di. Pa. Gh. avente sede legale in (Omissis) alla via (Omissis). Gli ispettori, in occasione del sopralluogo, accertavano che " per lavori di rifacimento del tetto, la piattaforma di lavoro non è provvista di parapetto atto ad impedire la caduta nel vuoto dei lavoratori che vi operano" in violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 146. Prescrivevano la sospensione dell'attività lavorativa sino alla messa in sicurezza del luogo di lavoro e veniva comminata la sanzione amministrativa di euro 500 che in data 15 dicembre 2008 Pa. Gh. pagava.

Rilevava ancora il tribunale che in forza del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 146 "le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio".

Osservava altresì che l'idoneità dei mezzi di prevenzione, prescritti dalla normativa antinfortunistica, non può essere rapportata a situazioni particolari, ma deve essere sempre tale da consentire che vengano evitati infortuni ai lavoratori in ogni caso e in tutte le situazioni che possano verificarsi nello svolgimento della attività lavorativa. 11 parapetto da allocare alle piattaforme sospese ha proprio lo scopo specifico di proteggere dalle cadute dall'alto, quindi, non solo deve essere realizzato, ma deve essere costruito e fissato in modo da poter resistere nell'insieme al massimo sforzo cui può essere assoggettato. Nel caso di specie, la piattaforma allocata per la ristrutturazione del tetto era del tutto priva di parapetto: sotto il profilo oggettivo, quindi, la contravvenzione contestata era integrata.

Il tribunale riteneva sussistere, altresì, l'elemento soggettivo del reato: Pa. Gh. in quanto titolare di una impresa edile era tenuto a garantire la sicurezza del cantiere e doveva conoscere la normativa vigente in materia. La mancata osservanza della stessa era indice evidente di negligenza.

2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con un motivi.

 

Diritto



1. Con il ricorso, articolato in un unico motivo, il ricorrente denuncia la inosservanza del Decreto Legislativo n. 758 del 1994, articolo 24, comma 1. Come risulta dal verbale di ispezione del 18 novembre 2008 l'organo di vigilanza impartiva la prescrizione di procedere all'eliminazione delle carenze evidenziate in cantiere. Ciò faceva l'imputato, il quale, accertato il regolare e tempestivo adempimento di quanto prescritto, veniva ammesso al pagamento in sede amministrativa della somma di euro 500 di ammenda. Tale pagamento, effettuato dall'imputato in data 15 dicembre 2000, avrebbe dovuto comportare la estinzione del reato.

2. Il ricorso è inammissibile.

Deve considerarsi in generale - come affannato da questa corte (Cass., Sez. 3, novembre - 17 febbraio 2011, n. 5864; 5 maggio 2010-2 luglio 2010, n. 26758) -che non necessariamente l'organo di vigilanza è tenuto a dare "un'apposita prescrizione" (Legge n. 758 del 1994, articolo 20) al datore di lavoro sicchè l'eventuale omessa indicazione di alcuna prescrizione - che non fa certo venir meno l'obbligo di legge per il datore di lavoro di "regolarizzare" la sua attività ottemperando alle regole in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro - non impedisce la procedibilità dell'azione penale. Si è parimenti puntualizzato che il datore di lavoro, il quale in sede di ispezione dell'organo di vigilanza sia risultato inadempiente alle prescrizioni dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, è comunque tenuto ad osservarle e quindi a " regolarizzare" la sua attività a prescindere da qualsiasi "apposita prescrizione" impartita dall'organo di vigilanza. Il quale però, nella sua discrezionalità amministrativa, può ritenere di impartire prescrizioni più specifiche per meglio adattare alla situazione concreta l'ottemperanza alle regole di prevenzione. In quest'ultima evenienza, se il datore di lavoro ottempera alle regole di prevenzione nel più specifico contenuto determinato dall'organo di vigilanza, consegue il beneficio di essere ammesso all'oblazione speciale di cui alla Legge n. 758 del 1994, articolo 21, che è più favorevole di quella prevista dall'articolo 162 bis c.p. proprio in ragione di tale specifico adempimento. Al di là di quest'ipotesi, il datore di lavoro, che comunque è tenuto a "regolarizzare" la sua attività, può giovarsi dell'oblazione di cui all'articolo 162 bis c.p., salvo che non permangano conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.

Orbene nella specie la sentenza impugnata da sì atto che l'organo di vigilanza prescriveva la sospensione dell'attività lavorativa sino alla messa in sicurezza del luogo di lavoro. Ma il generico riferimento alla " messa in sicurezza" del luogo di lavoro significa - in mancanza di alcuna specificazione - null'altro che generica osservanza delle prescrizioni di legge. Non risulta invece - nè viene allegato dal ricorrente - che l'organo di vigilanza abbia dato alcuna "apposita prescrizione" di regolarizzazione, quale quella che la citata Legge n. 758 del 1994, articolo 20, facoltizzata quest'ultimo a indicare. Ciò è confermato dal fatto che l'organo di vigilanza ha comunicato al pubblico ministero la notitia criminis. Del resto in giudizio il difensore dell'imputato, come risulta dalla sentenza impugnata, concludeva chiedendo l'assoluzione per non aver commesso il fatto; non risulta che abbia invocato l'estinzione del reato per oblazione Legge n. 758 del 1994, ex articolo 24, nè che abbia chiesto di essere ammesso all'oblazione ex articolo 162 bis c.p.. Ed infatti la sentenza impugnata non considera nè l'una, nè l'altra.

In questa situazione, così determinatasi, la deduzione del ricorrente di aver comunque corrisposto la somma di euro 500 si appalesa generica e non circostanziata con la specifica indicazione di quale "apposita prescrizione" - al di là del generale obbligo di osservare le norme di legge in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro - egli abbia adempiuto per beneficiare dell'oblazione agevolata di cui all'articolo 24 citato.

In sintesi non risulta che l'imputato abbia assolto ad un'" apposita prescrizione" imposta dall'organo di vigilanza e che sia stato conseguentemente ammesso all'oblazione suddetta.

3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla cassa delle ammende