Cassazione Civile, Sez. 3, 13 marzo 2012, n. 3961 - Assicurazione infortuni per incidente stradale accaduto in collegamento con l'attività di lavoro


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARIO FINOCCHIARO - Presidente
Dott. FULVIO UCCELLA - Consigliere
Dott. PAOLO D'ALESSANDRO - Consigliere
Dott. ULIANA ARMANO - Consigliere
Dott. RAFFAELLA LANZILLO - Rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente
SENTENZA


sul ricorso 1423-2010 proposto da:

C. ASSICURAZIONI S.P.A. (già L. S.P.A.)                  , in persona del suo legale rappresentante pro tempore procuratore Dott. C.D.  elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo Studio dell'avvocato RAPPAZZO ANTONIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
V. M.
- intimata -

nonchè da V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO BELLINI 4, presso lo studio dell'avvocato GEMMA ANDREA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato TOBIA RENATO giusta delega in atti;

- ricorrente incidentale -

contro

C. assicurazioni S.P.A. (già L. S.P.A.)             , in persona del suo legale rappresentante pro tempore procuratore Dott. G.D. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell'avvocato RAPPAZZO ANTONIO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente all'incidentale -


avverso la sentenza n. 3471/2009 celia CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 17/09/2009, R.G.N. 1387/2004; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/01/2012 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito l'Avvocato FABRIZIO CIPOLLARO per delega; udito il Prof. Avvocato CLARIZIA RENATO per delega ; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale.






Fatto

 

Il 5 febbraio 1988, M.V., medico presso la USL Roma/12, ha subito gravi lesioni personali a seguito di un incidente stradale occorsole in collegamento con l'attività di lavoro.
Essendo coperta dalla polizza cumulativa di assicurazione contro gli infortuni, stipulata dalla USL con la s.p.a. N. assicurazioni (oggi C. Assicurazioni), ha chiesto il pagamento dell'indennizzo e la compagnia assicuratrice l'ha invitata a sottoporsi a varie visite mediche.
Non ricevendo l'indennizzo, l'infortunata ha convenuto davanti al Tribunale di Roma la compagnia assicuratrice, la quale ha eccepito la prescrizione del diritto, ai sensi dell'art. 2952, 2° comma cod. civ.
Il Tribunale, in accoglimento dell'eccezione, ha rigettato la domanda.
La Corte di appello di Roma, in riforma, con sentenza 8 luglio/17 settembre 2009 n. 3471 ha condannato C. a corrispondere l'indennizzo, nell'importo di € 129.114, 22, oltre interessi legali ed oltre alla meta delle spese dell'intero giudizio, compensando la rimanente metà.

C. propone quattro motivi di ricorso per cassazione.

Resiste con controricorso l'intimata, proponendo a sua volta un motivo di ricorso incidentale, a cui resiste C con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

 


1.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi (art. 335 cod. proc. civ.)..
2.- La Corte di appello ha respinto l'eccezione di prescrizione con la motivazione che nella specie, tramite le ripetute visite mediche, vi è stato riconoscimento del diritto dell'infortunata al risarcimento dei danni; che in ogni caso la clausola n. 21 del contratto di assicurazione -che prevede l'obbligo delle parti di procedere all'accertamento delle lesioni tramite perizia contrattuale affidata ad un collegio di tre medici - ha comportato la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, venendo a configurare un impedimento giuridico all'esercizio di tali diritti da parte dell'assicurato fino alla conclusione delle operazioni peritali, con la conseguente sospensione del termine di prescrizione.
3.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 2944 cod. civ., in relazione agli art. 2952, 2° comma, e 2937 cod. civ., la ricorrente assume che la Corte di appello ha erroneamente attribuito l'efficacia di atti di riconoscimento del diritto altrui, idonei ad interrompere la prescrizione, alle attività preparatorie ed istruttorie che ogni compagnia assicuratrice svolge nel momento in cui viene a conoscenza di un sinistro: attività che non costituiscono manifestazione univoca del riconoscimento del diritto, né si possono ritenere incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione, come disposto dall'art. 2944 cod. civ.

3.1.- Il motivo è inammissibile poiché censura sotto il profilo della violazione di legge il giudizio della Corte di appello circa l'efficacia del comportamento della compagnia assicuratrice, quale atto di riconoscimento del diritto, giudizio che comporta una valutazione di merito, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dei vizi di motivazione.
Questa Corte ha più volte deciso che l'indagine diretta a stabilire se una certa dichiarazione od un certo comportamento costituiscano riconoscimento del diritto altrui, ai sensi dell'art. 2944 cod. civ., rientra nei poteri del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in sede di legittimità quando sia sorretto da motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cass. civ. Sez. l, 22 settembre 2006 n. 20692, fra le altre).
La Corte di appello ha in effetti premesso alla sua decisione il suddetto principio giurisprudenziale ed, esaminata la fattispecie, ha ritenuto che le trattative intercorse fra le parti ed il comportamento della compagnia assicuratrice abbiano rivestito gli estremi del riconoscimento del diritto altrui: soluzione che, come si è detto, non è censurabile sotto il profilo della violazione di legge.


4.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta insufficienza od illogicità della motivazione in relazione alla suddetta questione.
Assume che manca ogni giustificazione del convincimento della Corte di appello secondo cui il fatto che la compagnia assicuratrice abbia fatto sottoporre l'infortunata a numerose visite mediche, anche di carattere specialistico, manifesti l'ammissione che il sinistro rientra fra quelli coperti dalla polizza assicurativa e quindi indennizzabili, essendosi la compagnia limitata ad acquisire elementi di cognizione e di valutazione delle lesioni, inidonei a configurare inequivocabilmente rinuncia alla prescrizione. Rileva che l'effettuazione delle visite costituisce la premessa, non la conseguenza, del riconoscimento del diritto dell'assicurato, sicché la motivazione della Corte di merito manifesta inversione logica e cronologica degli argomenti.

5.- Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 2952, 2° comma, cod. civ., lamenta che erroneamente la Corte di appello abbia ricollegato efficacia sospensiva della prescrizione alla mera previsione contrattuale dell'obbligo delle parti di procedere all'accertamento della natura e dell'entità delle lesioni tramite perizia medica, pur in mancanza di tempestiva denuncia del sinistro e della concreta attivazione del procedimento arbitrale.
Assume che l'infortunata ha per la prima volta denunciato il sinistro il 14.11.1989, oltre il termine di un anno dal suo verificarsi (5.2.1938), poiché solo in tale data ha trasmesso ad essa compagnia assicuratrice la documentazione medica; che l'effetto sospensivo della prescrizione si verifica solo a condizione che la demanda di indennizzo sia stata tempestivamente presentata nel termine di cui all'art. 2952, 2° comma, cod. civ. (nel testo applicabile alla fattispecie in esame); che la sospensione del termine di prescrizione può verificarsi solo a seguito dell'attivazione della procedura peritale, attivazione che non mai avvenuta, avendo 1'infortunata proposto la sua domanda direttamente davanti all'autorità giudiziaria, con atto notificato il 28.7.1993.

6.- E' pregiudiziale l'esame del terzo motivo, che concerne la decorrenza del termine di prescrizione, rispetto al secondo, che riguarda invece l'interruzione del termine stesso.
La Corte di appello si è uniformata al principio, più volte enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nelle polizze di assicurazione contro i danni la previsione della perizia contrattuale per la quantificazione delle lesioni - comportando la temporanea rinuncia delle parti alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale - ha l'effetto di sospendere la decorrenza dei termine di prescrizione poiché, prima e durante il corso della procedura peritale, le parti non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti da tale rapporto (cfr. fra le tante Cass. civ. 21 maggio 1999 n. 4954; Cass. civ. 22 maggio 2007 n. 11876; Cass. civ. Sez. 3, 9 aprile 2009 n. 8674; Cass. civ. Sez. 3 17 marzo 2010 n. 6479). Ne consegue che la domanda giudiziale di pagamento è improponibile fino a quando il perito od i periti non abbiano proceduto alla liquidazione, anche se il contratto nulla disponga in proposito (Cass. civ. 22 ottobre 2002 n. 14909; Cass. civ. 28 dicembre 2005 n. 1754), salvo che l'assicuratore abbia contestato l'operatività della garanzia (Cass. civ. n. 8674/2005 e n. 6479/2010, cit.). Ciò comporta l'inesigibilità del diritto dell'assicurato al pagamento dell'indennizzo fino alla conclusione delle operazioni peritali, donde la sospensione del termine di prescrizione fino a tale data.
E' stato altresì precisato che, non potendosi ammettere che la richiesta di indennizzo venga dilazionata all'infinito, vi deve essere un atto - posto in essere entro l'anno dal fatto generatore del diritto - che renda operante la clausola che prevede la perizia contrattuale, e che tale atto va individuato nella denuncia del sinistro, che - portando a conoscenza della compagnia assicuratrice l'attualizzarsi del diritto dell'assicurato all'indennizzo - è in grado di attivare la successiva procedura per l'accertamento del diritto medesimo (Cass. civ. n. 8674/2009 cit.).

6.1.- La ricorrente eccepisce preliminarmente che la V. non ha tempestivamente formulato la richiesta di indennizzo entro l'anno dal verificarsi dell'infortunio. L'eccezione è inammissibile sotto più di un aspetto. In primo luogo la Corte di appello ha accertato in fatto che, nel caso in esame, la denuncia del sinistro è avvenuta entro l'anno, come si deve desumere dalla corrispondenza in atti, proveniente sia dalla danneggiata che da N.
L'affermazione in contrario della ricorrente, non sorretta da alcuna argomentazione idonea a dimostrare l'ipotetica contraddittorietà fra tale motivazione ed il contenuto dei documenti prodotti in giudizio, si risolve nella denuncia di un errore di fatto, la cui delibazione è inammissibile in questa sede di legittimità, trattandosi di errore che avrebbe dovuto essere fatto valere mediante azione ai revocazione ai sensi dell'art. 395 n. 4 cod. proc. civ.
In secondo luogo l'eccezione è inammissibile perché non risulta essere stata proposta in sede di merito, ed in particolare davanti alla Corte di appello; ne si tratta di questione rilevabile di ufficio o tale da poter essere decisa a prescindere da ulteriori accertamenti in fatto.

La ricorrente assume di averla per la prima volta sollevata con la comparsa di risposta in primo grado, ma nulla precisa nel ricorso quanto alla decisione del Tribunale sul punto: se cioè il Tribunale abbia dichiarato prescritto il diritto della V. per la mancata richiesta dell'indennizzo entro l'anno dal sinistro, o per il mancato rinnovo della richiesta nel corso dell' istruttoria svolta dalla compagnia assicuratrice, ed in particolare per la mancanza di atti interruttivi fra il 16.11.1990 ed il 16.11.1991, come espone la resistente.
Nel primo caso l'eccezione sarebbe inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non è possibile desumere dal ricorso che cosa abbia deciso sul punto il Tribunale, né risulta prodotta in questa sede la sentenza del Tribunale, quale documento su cui il ricorso si fonda (art. 366 n. 6 cod. proc. civ.).
Nel secondo caso l'eccezione sarebbe da ritenere inammissibile perché non espressamente riproposta in appello, dopo essere stata disattesa in primo grado. (La circostanza che la Corte di appello non abbia preso in esame la questione; che la ricorrente non lamenti l'omessa motivazione sul punto e che la resistente eccepisca 1'inammissibilità dell'eccezione perché nuova, inducono a ritenere largamente più probabile questa seconda eventualità. Ferma restando l'inammissibilità per difetto di autosufficienza del ricorso).

6.2.- L'ulteriore eccezione della ricorrente, secondo cui l'effetto sospensivo della prescrizione dovrebbe essere subordinato alla circostanza che la procedura per la decisione peritale sia stata effettivamente attivata dalle partì, è inammissibile ai. sensi dell'art. 360bis n. 1 cod. proc. civ., perché la sentenza impugnata si è uniformata alla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione (cit. in precedenza: § 6) e l'esame del motivo di ricorso non offre argomenti per mutare orientamento.
Il ricorrente si limita ad affermare apoditticamente che la motivazione di alcune sentenze sarebbe conforme alla sua tesi (in particolare, quella di Cass. civ. Sez. 3, 10 marzo 2005 n. 5324), o che la soluzione giurisprudenziale sarebbe giustificata dalla peculiare formulazione della clausola arbitrale (Cass. civ. n. 14487/2004 cit.)
Sennonché, la sentenza n. 5324/2005 non ha in alcun modo subordinato il principio di diritto sopra enunciato alla circostanza che la procedura arbitrale fosse stata di fatto attivata, ma lo ha richiamato nella sua assolutezza, indipendentemente dalla circostanza che, nel caso deciso, vi fosse stata una domanda di nomina del collegio arbitrale. Lo stesso vale quanto alla sentenza n. 14487/2004, la cui autorità non potrebbe comunque giovare alla ricorrente, ove si consideri che nel caso qui esaminato le censure proposte non fanno alcun riferimento alla peculiare formulazione della clausola arbitrale, né mettono in questione l'interpretazione che ne è stata data dalla Corte di appello.
In sintesi, la tesi per cui l'effetto interruttivo della prescrizione sarebbe da ricollegare non alla mera presenza della clausola che preveda la perizia contrattuale, ma all'atto che abbia dato concretamente avvio alla procedura peritale, non è stata argomentata in termini sufficienti a giustificare il riesame e l'eventuale mutamento del principio giurisprudenziale in vigore.

7.- La sentenza di appello deve essere quindi confermata sul punto, restando assorbito il secondo motivo di ricorso.

8.- Con il quarto motivo la ricorrente denuncia omessa motivazione, nella parte in cui la Corte di appello, pur avendo ritenuto valida ed efficace la clausola n. 21 circa la necessità di procedere all'accertamento dei danni tramite perizia contrattuale, ha emesso condanna della compagnia assicuratrice al pagamento dell'indennizzo, sebbene la procedura arbitrale non sia stata svolta, senza fornire alcuna motivazione della sua decisione.

8.1.- Il motivo non è fondato.

Vero è che la sentenza impugnata non ha dedicato alla questioni specifica motivazione, ma la soluzione da essa seguita è da ritenere conforme a diritto, ove si consideri che la causa è stata promossa davanti all'autorità giudiziaria ordinaria per il fatto che è sorta controversia sull'intervenuta prescrizione del diritto all'indennizzo, cioè su questione sottratta alla competenza degli arbitri e idonea a risolvere di per se stessa la lite, senza necessità di ulteriori indagini sull'entità dei danni, ove l'eccezione fosse stata ritenuta fondata.
La clausola di polizza che devolva a terzi l'accertamento del danno astrattamente risarcibile tramite una perizia contrattuale, non interferisce sulla proponibilità davanti all'autorità giudiziaria delle controversie relative alle questioni preliminari di merito, che investano la stessa sussistenza del diritto all'indennizzo (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 4 settembre 2003 n. 12880).
Fra tali questioni rientra l'eccezione dì prescrizione.

8.2.- Sarebbe stato comunque onere della convenuta eccepire tempestivamente in sede di merito - quanto meno in subordine, per l'eventualità del rigetto dell'eccezione dì prescrizione - 1'improponibilità della domanda di condanna al pagamento dell'indennizzo, a causa del mancato esperimento della perizia sulla quantificazione dei danni.
Ed invero, la clausola che preveda un arbitrato irrituale, qual'è la perizia contrattuale, configura una fattispecie di rinuncia all'esperimento dell'azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, attraverso la scelta di una soluzione della controversia tramite uno strumento di natura privatistica.
Ne consegue che la relativa eccezione configura una questione di merito e va qualificata come eccezione in senso proprio, che deve essere proposta dalle parti nei tempi e nei modi propri delle eccezioni di merito (Cass. civ. Sez. 1, 30 maggio 2007 n. 12684; Cass. civ. Sez. Lav. 1° marzo 2006 n. 4542, fra le tante) .
La ricorrente né dichiara, nè dimostra in questa sede, di avere tempestivamente sollevato l'eccezione in sede di merito, sicché la censura avente ad oggetto l'omessa pronuncia sui punto non vale a giustificare l'annullamento della sentenza impugnata.

9.- Con l'unico motivo del ricorso incidentale la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia compensato per la metà le spese dell'intero giudizio senza adeguata motivazione, considerato che la compagnia assicuratrice è risultata interamente soccombente.

9.1.- Il motivo è fondato.
La Corte di appello ha ravvisato giusti motivi per compensare le spese con la sola motivazione che "la giurisprudenza in materia è oscillante", motivazione che non trova riscontro nella realtà, come si può desumere dalla motivazione che precede. Né la Corte ha specificato su quali delle complesse questioni dibattute nel giudizio sia ravvisabile una tale difformità di vedute.
La compensazione della metà delle spese risulta pertanto sostanzialmente immotivata e la sentenza impugnata deve essere per questa parte annullata.

10.- In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.
Il ricorso incidentale viene accolto, con l'annullamento del corrispondente capo della sentenza di appello. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la vertenza sul punto può essere decisa nel merito ai sensi dell'art. 364 cod. proc. civ.

In riforma della sentenza di appello, le spese dei due gradi del giudizio di merito vanno poste interamente a carico di C., nella misura liquidata dalla Corte di appello.
C. dovrà pertanto rimborsare alla V. anche il 50% delle suddette spese, di cui era stata disposta la compensazione. Resta ferma ogni altra statuizione non dipendente da quella di cui sopra.

11.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi.
Rigetta il ricorso principale ed accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna la s.p.a. C. a rimborsare a M.V. le spese dei due gradi di merito, così come liquidate dalla Corte di appello, anche per la metà che era stata compensata.
Condanna C. a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi ed € 5.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2012