Cassazione Civile, Sez. Unite, 09 marzo 2012 n. 3694 - Funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro






LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo - Primo presidente f.f. -

Dott. ADAMO Mario - Presidente di sez. -

Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere -

Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -

Dott. RORDORF Renato - Consigliere -

Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -

Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere -

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere -

Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 

 



sul ricorso proposto da:

AZIENDA SERVIZI ALLA PERSONA (ASP) D.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 12, presso lo studio dell'avvocato COLARIZI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato COLI PAOLO per mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del  MINISTRO pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

e contro

ANCORA SERVIZI SOCIETA' COOPERATIVA SOCIALE, B.M., DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI REGGIO EMILIA, T.  F., S.L., T.D., C.G.,

P.M.;

- Intimati -

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DI PARMA, R.G. 131/2010;

udito l'avvocato Fabrizio MOZZILLO per delega dell'avvocato Massimo Colarizi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

lette le conclusioni scritte del P.M. nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale chiede che la Corte dichiari la giurisdizione del Giudice Ordinario Penale, con le conseguenze di legge.







Fatto

 



La Soc. Coop. sociale Ancora Servizi ha promosso davanti al Tribunale regionale amministrativo per l'Emilia e Romagna un giudizio, iscritto al n. 131/2010, contro il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, la Direzione Provinciale del lavoro di Reggio Emilia ed Azienda Servizi alla Persona (ASP) "D.C." per l'annullamento del verbale di contravvenzione e prescrizione emesso in data 17.5.2010 da Ispettori della Direzione provinciale del Lavoro di Reggio Emilia, notificato sia alla ASP D.C. che alla presidente della stessa C.R., per asserita consumazione della contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18, comma 5 bis in quanto avrebbe la ASP D.C. fatto ricorso alla somministrazione di lavoro realizzata da soggetti non iscritti all'albo delle Agenzie, tramite la cooperativa sociale Ancora Servizi. Il verbale conteneva anche la prescrizione alla medesima C.R. di eliminare le violazioni contestate entro giorni 7 dalla notifica del verbale.

Si costituiva l'Amministrazione ed eccepiva il difetto di giurisdizione del GA in favore del giudice ordinario penale.

L'Azienda Servizi alla persona ASP "D.C." presentava ricorso per regolamento di giurisdizione. Resiste con memoria il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali.


Diritto



1. La parte ricorrente sostiene nella fattispecie la giurisdizione del giudice amministrativo , affermando che a monte del verbale opposto ed impugnato vi sarebbe attività provvedimentale lesiva di interessi; che la prescrizione impartita dalla direzione provinciale del lavoro, avendo una duplice natura, segue un percorso autonomo e parallelo rispetto al procedimento penale con il quale si coordina, mantenendo una propria autonoma efficacia accertativa e cogente in relazione alle condotte che ne costituiscono l'oggetto.

Secondo la parte ricorrente l'Autorità amministrativa ha facoltà di portare ad esecuzione la prescrizione e la stessa può essere utilizzata quale presupposto per l'assunzione di iniziative sotto il profilo della qualificazione dei rapporti giuridici e dei trattamenti previdenziali, per cui non può essere negata la tutela giurisdizionale che spetta avverso agli atti amministrativi illegittimi.

Ritiene, altresì, la parte ricorrente che le sentenze che escludono la giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quella del giudice penale, in relazioni a prescrizioni impartite ai sensi del D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20, attengono appunto a prescrizioni impartite in relazione a contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, diverse, quindi, dalla disciplina in tema di razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma del D.Lgs. 3 aprile 2004, n. 124; che il D.Lgs. 3 aprile 2004, n. 124, art. 15 che estende anche a questo settore la disciplina di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, artt. 20 e 21 non esclude poi la possibilità dei ricorsi amministrativi, come appunto previsto dal D.Lgs. n 124 del 2004, art. 17.

2.1.Ritiene questa Corte che vada affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quella del giudice ordinario (nella specie, quello penale).

Sulla base del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124 in tema di razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma della L. 14 febbraio 2003, n. 30, art. 8 le attività degli ispettori del lavoro sono due, consistendo o nella sola vigilanza amministrativa o in quella penale.

In entrambi i casi, come si vedrà, la giurisdizione in merito agli atti redatti si appartiene al giudice ordinario, civile nella prima ipotesi e penale nella seconda (la questione relativa all'attribuzione della "potestas iudicandi" al giudice civile o a quello penale non pone un problema di giurisdizione, trattandosi di individuare la sfera di attribuzione di magistrati ordinari che esercitano l'identico potere giurisdizionale, S.U. 31/10/2008, n. 26296).

2.2. Nel primo caso il personale ispettivo non incontra obblighi o limiti particolari nel procedere ad esaminare documenti, acquisire informazioni, sentire il soggetto sottoposto ad indagine amministrativa.

In questa ipotesi di vigilanza amministrativa sono ammessi dal D.Lgs. n. 124 del 2004 i ricorsi in sede amministrativa alla direzione regionale del lavoro (art. 16) o al comitato regionale per i rapporti di lavoro (art. 17).

In sede giurisdizionale, tuttavia, la giurisdizione continua ad appartenersi al giudice del lavoro L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 22 espressamente richiamata dalle predette norme con la disciplina generale per le sanzioni amministrative stabilita dalla detta legge.

3.1. In caso di vigilanza penale, quale è quella oggetto del giudizio nei corso del quale è stato presentato questo regolamento di giurisdizione, il personale ispettivo deve procedere con tutte le garanzie previste dal codice di rito penale, agendo quale organo di polizia giudiziaria, a norma dell'art. 55 c.p.p., e l'atto non è provvedimentale, ma costituisce un atto di polizia giudiziaria.

Statuisce il D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 15 "Con riferimento alle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione è affidata alla vigilanza della direzione provinciale de lavoro, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, artt. 20 e 21 e per gli effetti del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, artt. 23 e 24 e art. 25, comma 1". Il D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 20 dispone "Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 c.p.c., impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine è prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento. In nessun caso esso può superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero".

Il comma 4 dello stesso articolo statuisce che "Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 c.p.p.".

3.2.Ne consegue, anzitutto, che il D.Lgs. n. 124 del 2004 richiama espressamente il procedimento di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20 con la conseguenza che - contrariamente all'assunto di parte ricorrente - continua ad operare l'orientamento interpretativo formatosi in merito a tale norma.

Questa Corte ha già osservato che l'atto con il quale l'organo di vigilanza, ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 20 avendo accertato una contravvenzione alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, impartisca le opportune prescrizioni fissando un termine per l'eliminazione delle irregolarità, non è annoverabile fra i provvedimenti amministrativi - dovendosi ad esso attribuire, invece, natura di atto di polizia giudiziaria - ed è quindi sottratto alle impugnazioni previste per i suddetti provvedimenti, tanto in sede amministrativa quanto in sede giurisdizionale. (Cass. pen., Sez. 1^, 14/02/2000, n. 1037; cfr.

anche Cass. pen. sez. 3, 16.6.2009, n. 24791). 3.3. Tale conclusione è da condividere.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 19 del 18.2.1998, ha rilevato come, attraverso il sistema delineato dal Capo 2^ del D.Lgs. n. 758 del 1994, il legislatore si fosse fatto carico di disciplinare un peculiare ed articolato meccanismo funzionalmente destinato alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della violazione accertata, accompagnato dall'effetto estintivo del reato, così assegnando veste normativa a prassi già invalse in tema di contravvenzioni antinfortunistiche. La nuova disciplina, in altri termini, si era dunque proposta un duplice e concorrente obiettivo:

da un lato, quello di assicurare l'effettività della osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, materia - ha sottolineato la Corte - in cui l'interesse alla regolarizzazione delle violazioni, ed alla correlativa tutela dei lavoratori, è di gran lunga prevalente rispetto alla applicazione della sanzione penale; dall'altro, quello di conseguire una consistente deflazione processuale. Obiettivi, quelli accennati, che sono stati perseguiti "mediante una procedura parallela e coordinata con il procedimento penale, che si sviluppa attraverso momenti e passaggi tra loro strettamente concatenati":

l'adozione di una specifica prescrizione a contravventore, da parte dell'organo di vigilanza, "nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 c.p.p.", di regolarizzare la violazione entro un termine prefissato, eventualmente prorogabile "con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero" (art. 20); verifica, da parte dell'organo di vigilanza, dell'eliminazione della violazione nel rispetto delle modalità e del termine indicati nella prescrizione; conseguente ammissione del contravventore a pagare in sede amministrativa una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa e successiva comunicazione "al pubblico ministero" dell'avvenuto adempimento della prescrizione e dell'eventuale pagamento della somma stabilita, ovvero dell'inadempimento della prescrizione medesima (art. 21); estinzione del reato se il contravventore adempie alla prescrizione e provvede al pagamento della somma stabilita (art. 24); sospensione del procedimento penale fino al momento in cui il pubblico ministero non abbia ricevuto, da parte dell'organo di vigilanza, i risultati scaturiti dalla verifica dell'adempimento della prescrizione (art. 23).

3.4. Contrariamente a quanto sostenuto dall'attuale parte ricorrente, che ritiene l'esistenza di procedure (quella amministrativa e quella penale) autonome tra loro, l'esercizio del diritto del contravventore e, quindi, l'intera sequenza di cui innanzi si è detto, non sono affatto avulsi dal procedimento penale, ma risultano, anzi, ad esso funzionalmente e strutturalmente coesi, al punto da costituirne parte integrante. L'atto con il quale vengono impartite le prescrizioni al contravventore, infatti, è testualmente ricondotto dal legislatore nel panorama degli atti tipici di polizia giudiziaria, sicchè fa ad esso difetto qualsiasi connotazione di discrezionalità - sia pure sul versante, per così dire atipico, della cosiddetta discrezionalità tecnica - e promana da un organo che, in quanto esercente le funzioni previste dall'art. 55 cod. proc. pen., è posto alle dipendenze e chiamato ad operare sotto la direzione della autorità giudiziaria, a prescindere (e, dunque, in piena autonomia funzionale dal) plesso ordinamentale in cui risulti iscritto da un punto di vista burocratico ed amministrativo. Ne è prova evidente, d'altra parte, la circostanza che l'eventuale proroga del termine per l'adempimento delle prescrizioni deve essere immediatamente comunicata al pubblico ministero; che l'organo di vigilanza ha comunque l'obbligo di riferire al pubblico ministero "la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 c.p.p." (art. 20, comma 4); che, ancora, l'organo di vigilanza deve parimenti comunicare al pubblico ministero le risultanze della verifica dell'adempimento, sia in caso positivo che in caso negativo.

La sequenza che prende l'avvio dalle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20 non pare quindi riconducibile allo schema della soprassessoria pregiudiziale con effetti sospensivi nelle sue tradizionali configurazioni, presupponendo tale schema l'esistenza di una questione - devoluta o meno che sia alla cognizione di altro organo giurisdizionale - che presenti caratteri di antecedenza logico- giuridica rispetto ad altra sub iudice. Essa è invece raccordabile ad una ipotesi di presupposto procedimentale che condiziona - a salvaguardia delle esigenze e dei valori tracciati dalla Corte Costituzionale - il futuro sviluppo della azione penale.

4. Nella fattispecie gli ispettori della Direzione provinciale del lavoro di Reggio Emilia, hanno agito quali organi di polizia giudiziaria, avendo accertato a violazione da parte di C. R., quale legale rappresentante della ASP D.C., D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 18, comma 2, per aver fatto ricorso alla somministrazione di lavoro realizzata da soggetti non iscritti all'albo delle Agenzie.

Tale condotta integra una contravvenzione sanzionata con la pena dell'ammenda di Euro 50,00 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Gli ispettori hanno impartito la prescrizione di eliminare le violazioni accertate entro il termine di 7 giorni dal ricevimento della notifica del verbale di accertamento.

Stante la natura di atto di polizia giudiziaria del verbale in questione anche nella parte in cui impartisce le prescrizioni per eliminare le contravvenzioni contestate, lo stesso non può essere impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale, che in merito a detti atti di polizia giudiziaria non ha giurisdizione, ma ogni doglianza rientra nella giurisdizione del giudice penale, davanti al quale può essere fatta valere nel procedimento conseguente all'eventuale inottemperanza della prescrizione stessa.

5. Va quindi dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, nei cui confronti, essendo nella fattispecie quello penale, non può questa Corte disporre la "translatio" dell'instaurato giudizio in sede amministrativa, poichè tale istituto della translatio iudicii ha diverse caratteristiche e finalità nel rito processualpenalistico, per cui il giudice penale dovrà essere adito nelle forme di tale rito.

La parte ricorrente va condannata alle spese di questo regolamento sostenute dal Ministero intimato.




P.Q.M.

 


Dichiara la giurisdizione del giudice ordinano. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del regolamento sostenute dal resistente e liquidate in complessivi Euro 1500,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2012