Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 22 marzo 2012, n. 11202 - Mancata riparazione della lavastoviglie e infortunio in un Autogrill


 

 

Responsabilità di un dirigente di un Autogrill per infortunio ad una lavoratrice: quest'ultima, in qualità di barista, mentre stava inserendo manualmente il detergente nella lavastoviglie in uso nel locale, atteso che il sistema di caricamento automatico dei detergenti si era guastato, era stata colpita all'occhio sinistro da uno schizzo del liquido, da qualificarsi sostanza pericolosa, provocandosi ustione e necrosi del tessuto corneale.

La Corte distrettuale evidenziava la combinazione causale tra l'omessa riparazione della lavastoviglie, la mancata predisposizione dei presidi antinfortunistici e la verificazione dell'evento.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

La Corte afferma che "le plurime condotte omissive colpose - la mancata riparazione del guasto alla lavastoviglie, la mancata fornitura ai dipendenti dei necessari dispositivi di protezione individuali e l'omessa vigilanza - secondo la prospettazione accusatoria, risultano funzionalmente collegate, quali fattori negativi di innesco della sequenza causale che ha prodotto l'evento lesivo in danno della dipendente".

Inoltre questa Suprema Corte ha chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento.  La Suprema Corte ha pure chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore - come pacificamente avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro A. - Presidente

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andr - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) AR. GI. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 2108/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del 10/03/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Baglione Tindari che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Fatto



1 Il Tribunale di Ventimiglia, con sentenza del 9.11.2009 - richiamandosi unicamente la posizione che oggi viene in rilievo - dichiarava Ar. Gi. responsabile del reato di lesioni colpose di cui al capo A) della rubrica, in danno della lavoratrice Ma. Ir.. Il giudicante dichiarava non doversi procedere in riferimento ai reati di cui ai capi B) e C), perchè estinti per prescrizione.

1.1 La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 10.03.2011, in parziale riforma della sentenziata pronunciata dal primo giudice, rideterminava la pena inflitta e confermava nel resto.

La Corte territoriale rilevava che risultava pacificamente accertato che la barista Ma. Ir. , in servizio presso l'Autogrill (Omissis), mentre stava inserendo manualmente il detergente nella lavastoviglie in uso nel locale, atteso che il sistema di caricamento automatico dei detergenti si era guastato, era stata colpita all'occhio sinistro da uno schizzo del liquido, da qualificarsi sostanza pericolosa, provocandosi ustione e necrosi del tessuto corneale.

La Corte distrettuale evidenziava l'infondatezza della doglianza dedotta dalla difesa afferente al difetto di correlazione tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza; osservava, sul punto, che pure in assenza di un esplicito richiamo al disposto di cui all'articolo 40 cod. pen.,, comma 2, la combinazione causale tra l'omessa riparazione della lavastoviglie, la mancata predisposizione dei presidi antinfortunistici e la verificazione dell'evento, era stata oggetto della complessiva contestazione, anche in riferimento ai capi B), e C) della rubrica.

Il Collegio confermava la pronuncia di estinzione dei reati contravvenzionali per prescrizione, nei confronti dell' Ar. , non sussistendo le condizioni per procedere alla assoluzione di merito.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Genova ha proposto ricorso per cassazione Ar. Gi. a mezzo del difensore.

La parte chiede l'annullamento della sentenza impugnata con riguardo all'accertamento della responsabilità dell'imputato. L'esponente ritiene che la Corte territoriale abbia sviluppato argomentazioni prive di completezza e che non sia stata data risposta alle doglianze formulate con i motivi di appello.

3. L'imputato, a mezzo di altro difensore, ha proposto ulteriore ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova, articolando tre motivi di doglianza.

Con il primo motivo l'esponente deduce il vizio motivazionale, reiterando l'eccezione relativa al difetto di correlazione tra il fatto contestato e quello per il quale è intervenuta sentenza di condanna in primo grado.

La parte considera che il versamento manuale del detersivo nella lavastoviglie non era previsto quale incombente per gli addetti al bar; e ritiene, pertanto, non configurabile l'obbligo in capo all'imputato, di dotare i dipendenti dei relativi dispositivi di protezione individuale. L'esponente rileva che la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere la sussistenza del reato di cui al capo B), fattispecie di converso utilizzata dai giudici per affermare la penale responsabilità dell' Ar. , anche con riguardo al capo A).

Il ricorrente ribadisce che la condanna si fonda su di una modifica della imputazione originaria, essendo stato richiamato il principio della causalità omissiva non contestato all'imputato. E ritiene che la Corte di Appello, al fine di salvare la sentenza di primo grado dalla dedotta censura, abbia fatto ricorso ad una argomentazione inconsistente, ritenendo implicitamente contestato il meccanismo della responsabilità omissiva.

Con il secondo motivo la parte deduce il vizio motivazionale, in ordine alla ricostruzione del fatto, con specifico riferimento all'apprezzamento del compendio probatorio effettuato dalla Corte territoriale. La parte contesta l'affermazione contenuta in sentenza, relativa alla datazione del guasto della lavastoviglie, ritenendo che la Corte di Appello abbia erroneamente interpretato le deposizioni dei testi Or. e Gi. . Al riguardo, l'esponente rileva che la Corte distrettuale ha trascurato il dato emergente dal registro di manutenzione della lavastoviglie, dal quale risulta che l'addetto alla manutenzione, in data (Omissis), constatata l'impossibilità di risolvere il problema, aveva provveduto a chiedere l'intervento di uno specialista.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata, anche laddove il Collegio esclude che l'infortunata abbia effettuato il caricamento manuale del detersivo per iniziativa personale. Inoltre, la parte ritiene non giustificata la valutazione di inattendibilità della teste Bo. , la quale è stata ritenuta portatrice di interesse ad evitare il proprio coinvolgimento nel processo. Rileva che, se del caso, il Tribunale avrebbe dovuto interrompere l'esame della teste, fornendo gli avvisi ex articolo 63, cod. proc. pen.; e, considerato che detta evenienza non si è verificata, afferma che la teste deve ritenersi attendibile.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio motivazionale, in ordine alla ritenuta sussistenza della colpa in capo al ricorrente, con riferimento alla evitabilità dell'evento ed alla esigibilità di un diverso comportamento.

Per quanto concerne la colpa generica, la parte considera che la Corte erroneamente ha ritenuto che l'imputato avesse omesso di riparare tempestivamente la macchina lavastoviglie; e, al riguardo, insiste nel rilevare che il Collegio ha errato nell'apprezzamento del materiale probatorio, in relazione alla datazione del guasto. Con riferimento al profilo di colpa specifica - che la Corte territoriale ha individuato nella mancata predisposizione dei dispositivi di sicurezza - l'esponente ribadisce che l'azione realizzata dalla persona offesa non avrebbe dovuto essere compiuta ed osserva che non è dato intendere quali dispositivi l'imputato avrebbe dovuto adottare.

Diritto



4. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

4.1 Con riguardo al primo motivo del ricorso proposto a ministero dell'avv. Ma. , si osserva che la Corte di Appello ha del tutto conferentemente rilevato che, nel caso di specie, non era necessario un esplicito richiamo all'articolo 40 cod. pen.,, comma 2, risultando evidente che l'evento lesivo, in concreto verificatosi, era da porre in relazione causale rispetto all'omessa tempestiva riparazione della lavastoviglie unitamente al fatto che non erano state apprestate le relative misure protettive per i lavoratori.

La valutazione effettuata dalla Corte territoriale risulta coerente rispetto al tenore delle contestazioni complessivamente mosse all' Ar. . Ed invero, secondo i termini di cui al capo A) della rubrica, al prevenuto si contesta di avere cagionato lesioni personali a Ma. Ir. , per colpa consistita nella: "...omessa riparazione di guasto alla lavastoviglie"; e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro "di cui ai capi successivi"; ed al capo B) della rubrica la predetta violazione antinfortunistica viene espressamente individuata nella mancata fornitura dei "necessari dispositivi di protezione individuali"; mentre al capo C), viene elevata la contestazione relativa alla mancata attuazione di "una concreta vigilanza".

Come si vede, le imputazioni elevate all' Ar. sono costruite in applicazione dei principi che regolano la causalità omissiva; segnatamente, le plurime condotte omissive colpose - la mancata riparazione del guasto alla lavastoviglie, la mancata fornitura ai dipendenti dei necessari dispositivi di protezione individuali e l'omessa vigilanza - secondo la prospettazione accusatoria, risultano funzionalmente collegate, quali fattori negativi di innesco della sequenza causale che ha prodotto l'evento lesivo in danno della dipendente Ma. . Pertanto, del tutto legittimamente, la Corte territoriale ha rilevato che non sussisteva alcun difetto di correlazione tra il fatto come contestato e quello ritenuto nella sentenza di condanna, resa dal primo giudice, sentenza pure contenente un esplicito richiamo alla norma di cui all'articolo 40 cod. pen., comma 2, in tema di causalità omissiva. è poi appena il caso di osservare che la Corte regolatrice ha chiarito che l'obbligo di correlazione tra accusa e sentenza non può ritenersi violato da qualsiasi modificazione rispetto all'accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell'imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato: ciò in quanto la nozione strutturale di "fatto" contenuta negli articoli 521 e 522 cod. proc. pen., va coniugata con quella funzionale, fondata sull'esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto dei potere del giudice) risponde all'esigenza di evitare che l'imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Cas. Sez. 4, Sentenza n. 10103 del 15/01/2007, dep. 09/03/2007, Rv. 236099). E non appare revocabile in dubbio che, nel presente procedimento, la difesa si sia incentrata proprio sulle condotte omissive sopra richiamate, individuate, in assunto accusatorio, quali antecedenti causali delle lesioni riportate dalla dipendente Ma. Ir. .

5. Si procede ora all'esame del secondo motivo di ricorso proposto dall'avv. Ma. , unitamente al ricorso proposto dall'avv. Bo. .

5.1 Trattasi di censure che si pongono al limite della inammissibilità, risolvendosi nella mera rilettura alternativa dell'intero compendio probatorio, siccome apprezzato dai giudici di primo e secondo grado; e, come noto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure, che pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. 6 sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).

Del resto, la Corte di Appello ha rilevato, secondo un conferente percorso logico argomentativo, immune da fratture logiche, che l'infortunio era avvenuto mentre la barista Ma. Ir. stava inserendo manualmente il detergente nella lavastoviglie, e che tale manovra era dovuta al malfunzionamento del sistema automatico di caricamento dei detergenti. Segnatamente, il Collegio ha considerato che il guasto della lavastoviglie si era verificato intorno a (Omissis); che i dipendenti avevano quindi provveduto al caricamento manuale del detersivo; che Ar. , dirigente dell'Autogrill, delegato all'adempimento delle norme in materia di sicurezza, aveva impartito ai lavoratori la direttiva di fare attenzione nel corso di tale manovra, stante la pericolosità del liquido; che non erano stati forniti ai dipendenti occhiali o altri strumenti protettivi; e che la macchina venne riparata solo in data (Omissis).

Tanto ritenuto in punto di fatto, la Corte territoriale ha escluso che la manovra di caricamento manuale del detersivo effettuata dalla Ma. potesse qualificarsi come iniziativa personale. Sul punto, la Corte di Appello ha rilevato che non poteva definirsi come abnorme la condotta posta in essere della dipendente infortunata, atteso che il caricamento manuale del detersivo era stato effettuato per un arco significativo di tempo, di talchè non poteva sfuggire ai preposti alla sicurezza. Al riguardo, il Collegio ha evidenziato che era risultata non credibile la deposizione resa da Bo. Cr. , vice responsabile dei servizi; che la dichiarante aveva riferito circostanze finalizzate ad alleggerire la posizione dell' Ar. , pure verosimilmente temendo di essere direttamente coinvolta nel procedimento. E la Corte territoriale, accogliendo la richiesta del Procuratore Generale, ha pure disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero, per l'esercizio dell'azione penale nei confronti della predetta testimone. Preme evidenziare che anche il vaglio critico delle testimonianze assunte in corso di giudizio, effettuato dalla Corte di Appello, unitamente all'apprezzamento delle specifiche circostanze in concreto accertate, pertiene a valutazioni rimesse al giudice del merito, che non sono censurabili in questa sede di legittimità, se non per vizi logici che nel caso risultano estranei rispetto al richiamato percorso argomentativo.

Deve pure considerarsi che le valutazioni effettuate dalla Corte distrettuale, nel procedere alla qualificazione della condotta posta in essere dalla stessa dipenderete infortunata, risultano conformi all'orientamento interpretativo espresso ripetutamente dalla Corte regolatrice: questa Suprema Corte ha, invero, chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, 14 dicembre 1999 n. 3580, Bergamasco, Rv. 215686; Cass. 3 giugno 1999 n. 12115, Grande, Rv. 214999; Cass. 14 giugno 1996 n. 8676, Ieritano, Rv. 206012). La Suprema Corte ha pure chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore - come pacificamente avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli, (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109).

6. Il terzo motivo del ricorso proposto dall'avv. Ma. è infondato.

L'esponente reitera censure relative alla datazione del guasto della lavastoviglie ed ai profili di colpa ascritti all'imputato; si tratta di questioni che si sono sopra analizzate, nell'esaminare il secondo motivo del ricorso proposto dal medesimo difensore. Null'altro, allora, che rilevare che la Corte di Appello ha chiarito che a carico dell' Ar. emergevano sia profili di colpa generica, riguardanti la mancata tempestiva riparazione della lavastoviglie, sia elementi di colpa specifica, per la mancata predisposizione dei dispositivi di sicurezza. Ed al riguardo il Collegio ha evidenziato che tali presidi, ove attuati, avrebbero certamente impedito il verificarsi dell'evento (in sentenza si rileva, del tutto coerentemente rispetto alla dinamica del sinistro ed all'evento in concreto verificatosi, che sarebbe stato sufficiente dotare i dipendenti di occhiali protettivi, per il compimento della manovra emergenziale di caricamento manuale del detersivo).

7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.