Cassazione Penale, Sez. 3, 15 maggio 2012, n. 18430 - Responsabile legale di una ditta edile e mancanza della documentazione richiesta al fine di verificare la regolarità occupazionale e previdenziale del personale dipendente




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. LOMBARDI Alfredo M. - rel. Consigliere

Dott. GAZZARA Santi - Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

(Omissis), nato a (Omissis);

avverso la sentenza in data 10/05/2010 del Tribunale di Pesaro;

visti gli atti, il provvedimento Impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alfredo Maria Lombardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza per improcedibilità dell'azione penale;

udito per l'imputato l'avv. (Omissis), in sostituzione dell'avv. (Omissis), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Fatto



1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Pesaro ha affermato la colpevolezza di (Omissis) in ordine al reato di cui alla Legge 22 luglio 1961, n. 628, articolo 4, a lui ascritto perchè, quale responsabile legale dell'omonima ditta edile, non forniva all'Ispettorato del lavoro la documentazione richiesta al fine di verificare la regolarità occupazionale e previdenziale del personale dipendente.

Il giudice di merito ha accertato in punto di fatto che la richiesta di produrre la documentazione relativa al personale dipendente era già contenuta nel verbale redatto in occasione dell'accesso ispettivo effettuato il (Omissis) ed era stata, poi, reiterata, sempre senza esito, a mezzo raccomandate del 20.7.2007 e 13.9.2007, ricevute da tale (Omissis), cui faceva seguito l'inoltro di altrettante notizie di reato.

La sentenza ha affermato la regolarità della comunicazione dei predetti Inviti ad esibire la documentazione richiesta ed ha escluso che remissione di un decreto penale n. 1451 riferito al mancato adempimento entro il termine del 2.7.2007 a produrre la documentazione richiesta, formulato nel verbale di accesso ispettivo, precluda l'affermazione di colpevolezza per l'ulteriore omissione conseguente alle successive richieste della documentazione inoltrate a mezzo raccomandata.

2. Avverso fa sentenza ha proposto appello l'imputato e l'impugnazione è stata trasmessa a questa Suprema Corte ai sensi dell'articolo 568 c.p.p., u.c..

Con il primo motivo di gravame il ricorrente denuncia l'errata ricostruzione dei fatti e l'errata valutazione delle risultanze probatorie.

Si deduce che la sentenza ha affermato erroneamente che la seconda notifica a mezzo raccomandata sarebbe stata ricevuta personalmente dall'imputato, in quanto anche quest'ultima era stata ricevuta da tale (Omissis), non meglio identificato, nè conosciuto dall'imputato. Si eccepisce, poi, la irregolarità della notificazione della richiesta di documentazione, essendo stato consegnato l'atto a persona qualificatasi come incaricata a riceverlo, senza che sia possibile verificare la relazione intercorrente tra detto incaricato ed il luogo ed il destinatario della notifica.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia l'erronea applicazione della disciplina inerente al reato permanente e l'erronea applicazione della disciplina inerente al ne bis in idem.

La sentenza impugnata, dopo aver osservato che l'ultimo comma della Legge n. 628 del 1961, articolo 4 configura nella sua forma omissiva un reato permanente, ha affermato che a seguito della nuova richiesta dell'Ispettorato del lavoro si è consumato un nuovo reato. Tale affermazione è errata in punto di diritto in quanto il reato permanente ha per presupposto una sola condotta criminosa che si protrae nel tempo fino all'esaurimento dei suoi effetti antigiuridici e non può essere frazionata in una molteplicità di episodi delittuosi. Pertanto, la sentenza ha erroneamente affermato che, dopo la inottemperanza alla prima richiesta di documentazione, si è verificato un ulteriore reato a seguito della formulazione di ulteriori richieste egualmente rimaste inevase, trattandosi di un'unica condotta omissiva. La condotta omissiva è stata interrotta solo dall'emissione del decreto penale di condanna n. 1451 del 28.11.2007 in relazione al quale l'esercizio dell'azione penale per il fatto di cui all'imputazione costituisce violazione del divieto di bis in idem.

Con memoria depositata il 04/04/2012 il difensore di ufficio dell'imputato ha ribadito le deduzioni che precedono.

Diritto



1. Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente la Corte rileva che l'impugnazione è ammissibile ai sensi dell'articolo 613 c.p.p., pur essendo stata proposta da difensore non iscritto all'Albo speciale di cui alla disposizione citata, in quanto reca in calce anche la sottoscrizione dell'imputato e la procura rilasciata da quest'ultimo al difensore. Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che gli inviti a produrre la documentazione richiesta inviati dall'ispettorato del Lavoro al datore di lavoro, in quanto atti amministrativi, non sono soggetti alle formalità delle notificazioni, sicchè è valida la comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.
E' stato, infatti, già affermato reiteratamente da questa Corte sul punto che il reato di omessa risposta alla richiesta dell'Ispettorato del lavoro di fornire notizie e documenti (Legge 22 luglio 1961, n. 628, articolo 4) è configurabile anche nel caso in cui la richiesta sia spedita mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, non essendone necessaria la notifica nelle forme previste dall'articolo 157 c.p.p. e ss. (sez. 3, 14.12.2010 n. 2337 del 2011, Cassano, RV 249314; sez. 3, 20.2.2008 n. 12923, Terranova, RV 239353).

Peraltro, nel caso in esame, l'invito è stato formulato la prima volta direttamente nei confronti del (Omissis) in sede di richiesta della predetta documentazione.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Ha ragione il ricorrente quando afferma che la permanenza del reato omissivo ascrittogli non è interrotta da ulteriori richieste della medesima documentazione inviategli dall'Ispettorato del Lavoro, ma solo dalla cessazione della condotta ovvero dall'adempimento o dall'intervento di un fatto ostativo alla prosecuzione della condotta, quale il sequestro, ovvero dalla sentenza di condanna di primo grado, cui deve essere equiparato il decreto penale di condanna, che accertano la violazione, (cfr. sez. 3, 21.2.1997 n. 753, P.M. in proc. Saracino, RV 207639).

Deve essere, però, osservato, da un lato che nel caso di reato omissivo la interruzione della permanenza della condotta conseguente all'emissione di decreto penale di condanna non preclude la configurabilità di una ulteriore condotta omissiva con il protrarsi dell'inadempimento della persona obbligata ad ottemperare all'obbligo impostogli dalla legge; dall'altro che, nel caso in esame, nulla è stato precisato in ordine all'esito del procedimento relativo al diverso decreto penate di condanna.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.