Cassazione Civile, 13 giugno 2012, n. 9649 - Mezzo di servizio e infortunio di una lavoratrice: risarcimento del danno


 

Fatto





1.- La sentenza attualmente impugnata, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 14 marzo 2003. condanna in solido l'(...) e Le Assicurazioni (...) al pagamento, in favore di (...) della somma dì euro 20.000.00 a titolo di danno biologico, oltre accessori dall'evento al saldo.

La Corte d'appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la ricostruzione del sinistro è pacifica in atti: la lavoratrice, al momento dell'evento, si trovava su un mezzo di servizio, nella sua disponibilità, quale strumento necessario per lo svolgimento della prestazione lavorativa;

b) non può però condividersi la tesi dell'(...) che ha negato ogni propria responsabilità adducendo le perfette condizioni tecnico-meccaniche del mezzo e l'assenza di norme specifiche che imponevano l'uso del casco e, quindi, un obbligo in tal senso del datore di lavoro;

c) infatti, non può nella specie ritenersi soddisfatto il dettato dell'art. 2087 cod. civ. che, pure non prevedendo una ipotesi di responsabilità oggettiva tuttavia va riferito a tutti i comportamenti ì quali, benché non dettagliatamente previsti ed enunciati da specifiche norme giuridiche, rientrano nella necessaria tutela e salvaguardia della integrità psico-fisica del lavoratore;

d) in tale cornice si inserisce sicuramente l'obbligo non soltanto di fornire ai dipendenti mezzi meccanici in perfette condizioni, ma anche di vigilarne la permanente sicurezza di funzionamento;

e) a tale ultimo riguardo, va sottolineato che la (...) ha denunciato un improvviso ed eccezionale "blocco delle ruote anteriori" del motociclo che ne avrebbe provocato lo sbalzo per terra e tale elemento, che pone in questione l'apparato frenante del mezzo, non risulta specificamente contraddetto dall'Azienda, la quale non ha fornito prove idonee ad escludere ogni addebitabilità del sinistro al cattivo funzionamento del suddetto apparato, che (...) aveva il dovere di controllare;

f) ulteriore, ma non ultima, responsabilità va individuata nella mancata fornitura del casco proiettivo, che rientra nell'ambito applicativo dell'art. 2087 cod civ. anche se all'epoca non prescritto per legge, in quanto si tratta di un prudenziale accorgimento, diretto a prevenire possibili rischi legali all'omissione del loro uso, come si può desumere dalla decennale esistenza sul mercato di caschi di protezione e dalla relativa casistica infortunistica:

g) ne consegue che l'Azienda, in solido con Le Assicurazioni (...), deve rispondere dei danni subiti dalla dipendente, da quantificare sulla base della disposta c.t.u. che ha individuato postumi permanenti nella misura del 20-22% di danno biologico, il che, in termini monetari, equivale alla somma di euro 20.000.00, cui si perviene in via equitativa, sulla base dell'età della lavoratrice, della tipologia delle malattie e delle tabelle in tema di liquidazione in punti-invalidità adottate dall'Ufficio giudiziario:

b) alla suddetta somma vanno aggiunti gli accessori, dalla sua maturazione al saldo, trattandosi di sinistro verificatosi prima del 1998. per il quale ..., ha costituito rendita per inabilità al lavoro non comprensiva del danno biologico.

2.- Il ricorso di (...) (RG n. 11239/10) domanda la cassazione della sentenza per due motivi: resistono, con controricorso, (...) s.p.a. e Le Assicurazioni (...) quest'ultima propone, a sua volta, ricorso incidentale, per cinque motivi, cui risponde la (...) con controricorso.

Contestualmente, avverso la medesima sentenza propone autonomo ricorso per cassazione (RG n. 11371/10) (...) per cinque motivi sostanzialmente identici ai motivi del suindicato ricorso incidentale di Le Assicurazioni (...). A tale ricorso resiste con controricorso (di contenuto analogo a quello presentato nell'altro giudizio in risposta al ricorso incidentale di Le Assicurazioni (...), proponendo a sua volta ricorso incidentale, per i medesimi due motivi posti a base del proprio suindicato autonomo ricorso principale. Inoltre, nel relativo giudizio Le Assicurazioni (...) presentano controricorso nel quale, dopo la dichiarazione di totale adesione alle argomentazioni poste a fondamento del ricorso dell'(...), si ribadiscono le osservazioni effettuate avverso il ricorso proposto dalla ... e si riportano testualmente i motivi del relativo ricorso incidentale.

L’ (...) deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ.


Diritto





1 - Profili preliminari

I.- Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi perché proposti avverso la medesima sentenza.

Va, inoltre, precisato che si deve esaminare come principale il ricorso di (...) che risulta essere iscritto per primo (vedi: Cass. 20 dicembre 2011, n. 27555), in applicazione del principio dell'unità dell'impugnazione, sancito dall'art. 333 cod. proc. civ., il quale implica che:

1 ) l'impugnazione proposta per prima determina la pendenza dell'unico processo nel quale sono destinate a confluire, sotto pena di decadenza, per essere decise simultaneamente tutte le eventuali impugnazioni successive proposte avverso la stessa sentenza, le quali, in conseguenza, possono assumere soltanto carattere incidentale;

2) nei procedimenti con pluralità di parti, una volta avvenuta ad istanza di una di esse La notificazione del ricorso per cassazione, le altre parti, alle quali il ricorso sia stato notificato, debbono proporre, a pena di decadenza, i loro eventuali ricorsi avverso la medesima sentenza nello stesso procedimento e, perciò, nella forma del ricorso incidentale, ai sensi dell'art. 371 cod. proc. civ., in relazione all'art.133 dello stesso codice (Cass. 30 dicembre 2009, n. 27887).

Ne deriva che il ricorso autonomo proposto dall'(...) può essere convertito in ricorso incidentale (e trattato unitamente con il controricorso dell’(...) proposto avverso il ricorso della (...) visto che, nell'ipotesi considerata, l'inosservanza della forma del ricorso incidentale, in ragione della mancanza di una espressa affermazione da parte della legge circa l'essenzialità dell'osservanza di tale requisito formale, va apprezzata secondo i principi generali relativi alla nullità per inosservanza dei requisiti formali, con la conseguenza che - una volta che l'impugnazione principale e quella successiva autonomamente proposta, anziché esercitata in via Incidentale, siano state riunite ai sensi dell’art 335 cod. proc. Civ., - ciò non impedisce la conversione di detto ricorso in ricorso incidentale, qualora esso risulti proposto nel rispetto dei termini temporali entro i quali avrebbe dovuto proporsi, cioè entro i quaranta giorni dalla notificazione del primo ricorso principale, determinandosi in tale ipotesi il verificarsi di una fattispecie di idoneità del secondo ricorso a raggiungere quello stesso scopo che avrebbe raggiunto la rituale proposizione dell'impugnazione nella forma incidentale (Cass. 30 dicembre 2009, n. 27887; Cass. 21 dicembre 2011. n. 27898).

Ne deriva, ulteriormente, che - non ponendosi problemi di ammissibilità e procedibilità rispetto al ricorso della (...) al ricorso incidentale di Le Assicurazioni (...) e al ricorso incidentale "convertito" dell’(...) deve dichiararsi la sopravvenuta inammissibilità del controricorso di (...), con il relativo ricorso incidentale proposto avverso il ricorso autonomo dell’(...) (per i medesimi due motivi posti a base del proprio suindicato autonomo ricorso principale) nonché del controricorso di Le Assicurazioni (...) proposto nel giudizio introdotto dal ricorso autonomo dell'(...) in totale adesione alle argomentazioni poste a fondamento del ricorso dell'(...) stessa (arg. ex Cass. 20 dicembre 2011, n. 27555; Cass. 20 maggio 2010, n. 12430).



II - Sintesi dei motivi di ricorso principale (RG n. 11239/10)

2.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360. n. 5. cod. proc. civ.. omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia relativo alla determinazione nella somma di euro 20.000.00 per il risarcimento del danno biologico sofferto da (...) in evidente contrasto con le Tabelle 2009 del danno biologico del Tribunale di Roma.

Si rileva che la Corte territoriale, dopo aver richiamato le suindicate Tabelle, ha tuttavia quantificato i 20-22 punti percentuali di invalidità permanente diagnosticati dal c.t.u. in complessivi euro 20.000,00. mentre in applicazione delle Tabelle medesime il valore monetario del risarcimento avrebbe dovuto essere pari ad euro 50.655,99.

Si sottolinea, altresì, che la Corte romana ha spiegato in modo poco comprensibile la ragione di tale valutazione, facendo riferimento all'equità, ma senza chiarire se intendeva o meno richiamare l'art. 1226 cod. civ., la cui applicazione peraltro presuppone che il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare, mentre ciò nella specie non si verifica.

3.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360. n. 5. cod. proc. civ.. omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativo alla asseritamente omessa pronuncia sulla quantificazione del danno morale e sulla rifusione delle spese mediche sostenute da (...).

Si rileva che la Corte territoriale non si e pronunciata ne sul richiesto danno morale né sulla rifusione delle spese mediche documentalmente provate, neppure per respingere le relative rituali domande proposte dalla (...).



III - Sintesi dei motivi di ricorso incidentale di Le Assicurazioni (...) e del ricorso incidentale "convertito" dell'(...)

4- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art 360, n. 5, cod. proc. civ.. omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo de! giudizio costituito dalla effettiva ricostruzione del sinistro, nonché erronea ricognizione della fattispecie concreta.

Si rileva che sin dalla costituzione in giudizio Le Assicurazioni (...) e l'(...) hanno sostenuto e che l'unica responsabile dell’incidente in oggetto è da considerare la stessa (...) in quanto ha adottato una condotta del mezzo affidatole assolutamente irresponsabile sporgendosi lateralmente dal motociclo e facendolo sbilanciare in modo innaturale.

Le prove raccolte in primo grado hanno confermato la suddetta dinamica del sinistro e la sentenza di primo grado l'ha adottata.

Viceversa la Corte d'appello ha ricostruito i fatti in modo diverso, senza considerare la giurisprudenza di legittimità secondo cui il datore di lavoro va esonerato da ogni responsabilità se la condotta del lavoratore presenta caratteri di abnormità, di opinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo "tipico1' e alle direttive ricevute, cosi da porsi come causa esclusiva dell'evento dannoso.

Di qui il vizio di motivazione, consistente nell'omessa motivazione sulle prove raccolte di cui si è detto.

5. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.

Si ribadisce che l'omessa considerazione della prove raccolte sulla dinamica dell'incidente -come ascrivibile all'esclusiva responsabilità della lavoratrice- determinerebbe anche la nullità della sentenza perché, in violazione delle indicate norme del codice di rito, essa conterrebbe una ricostruzione totalmente arbitraria e irragionevole dei fatti allegati e accertati nelle fasi di merito della controversia.

6.- Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 5. cod. proc. civ. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito ad un fatto controverso e decisivo, costituito dall’aver ritenuto che la dotazione del casco costituisse una obbligazione di sicurezza ai sensi dell'art. 2087 cod. civ.

Si sottolinea che all'epoca dell'incidente il codice della strada non prescriveva l’uso obbligatorio del casco per la guida dei motorini del tipo utilizzato dalla (...) e che, comunque, non sussiste il nesso di causalità tra il danno subito dalla lavoratrice e l'omessa dotazione del casco, mentre è stata provato il rispetto, da parte del datore di lavoro, di tutti gli obblighi sottesi all'art. 2087 cod. civ.

7.- Con il quarto motivo si denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.

Si sostiene che vi sia violazione dei suindicati articoli del codice di rito per il fatto che la Corte d'appello avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi sulla domanda, ritualmente proposta, della riduzione di quanto eventualmente dovuto a titolo di risarcimento de! danno in considerazione della corresponsabilità della lavoratrice nella causazione dell'evento dannoso, ai sensi dell'art. 1227 cod. civ.

8.- Con il quinto motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 1127 (recte. 1227) e 2087 cod. civ.

Si ribadisce, da altro punto di vista, la censura formulata nel quarto motivo.



IV - Esame delle censure

9.- I due motivi del ricorso principale - da trattare congiuntamente, data la loro intima connessione - non sono fondati.

9.1.- Come, anche dì recente, è stato ricordato (vedi: Cass. 28 marzo 2011, n. 7064) il percorso seguito dalla giurisprudenza di questa Corte in materia dì risarcimento del danno non patrimoniale, sia nella sua applicazione generale sia in quella riguardante, in particolare, le situazioni relative alla tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore nell'ambito del rapporto di lavoro ha avuto - anche in dipendenza dell'evoluzione della dottrina, della giurisprudenza anche costituzionale e della legislazione in materia - diverse tappe, non sempre tra loro concordanti, principalmente a partire dagli anni novanta, da quando, cioè, si è cominciata ad affermare più insistentemente il "danno esistenziale"' come categoria autonoma di danno alle attività non remunerative della persona (vedi, per tutte: Cass. 16 dicembre 1992, n. 13299; Cass. 11 agosto 1998, n. 7905).

Dopo vari passaggi intermedi (di cui, per ragioni di sintesi, non si dà conto in questa sede) si sono venuti a creare due contrapposti filoni giurisprudenziali, l'uno favorevole e l'altro contrario alla configurabilità, come categoria autonoma, del danno esistenziale, inteso come pregiudizio non patrimoniale, distinto dai danno biologico, in assenza di lesione dell'integrità psico-fisica, dal cd. danno morale soggettivo, in quanto non attinente alla sfera interiore del sentire, ma alla sfera del fare reddituale del soggetto.

Per porre fine a questa situazione di contrasto la questione è stata sottoposta all'attenzione delle Sezioni unite che l'hanno risolta con le cosiddette "sentenze gemelle" del 2008 (Cass. SU 11 novembre 2008, n. 26972. n. 26973. n. 26974, n. 26975).

Nelle suddette sentenze le Sezioni unite - prendendo le mosse dalla condivisione della lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. data dalle sentenze 31 marzo 2003, n. 8827 e n. 8828, secondo cui nel vigente assetto dell'ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione (che, all'art. 2. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo), il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica - hanno effettuato un'ampia ricostruzione dei diversi orientamenti dottrinari e giurisprudenziali pervenendo, fra l'altro, all'enunciazione dei seguenti principi:

1) il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello cd. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale;

2) comunque, il danno non patrimoniale, quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale.

9.2.- A tali principi si è sostanzialmente conformata la giurisprudenza successiva, anche per quel che riguarda i danni da riconoscere in conseguenza dì vicende legate al rapporto di lavoro.

Conseguentemente, nella giurisprudenza di questa Corte può dirsi ormai consolidato il principio secondo cui poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale, e dal momento che il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l'operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma omnicomprensiva, posto che le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili, ma possono venire in considerazione solo in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, e sempre che il danneggiato abbia allegato e dimostrato che il danno biologico o morale presenti aspetti molteplici e riflessi ulteriori rispetto a quelli tipici (vedi per tutte: Cass. 9 dicembre 2010, n. 24864; Cass. 30 novembre 2009, n. 25236).

9.3.- A quest'ultimo principio - che il Collegio condivide appare essersi uniformata la sentenza impugnata ove si è limitata a liquidare il danno biologico perché non ricompreso nella valutazione effettuata dall'INAIL al fine della costituzione della rendita per inabilità al lavoro in favore della (...) così implicitamente escludendo che vi fosse stata l'allegazione di una specifica prova da parte dell'interessata, del danno morale o delle spese mediche, come elementi da risarcire in aggiunta a quelli già presi in considerazione dall’Istituto assicuratore.

Tanto più che il criterio generale da seguire in materia è quello di evitare duplicazioni nel risarcimento.

Ciò vale, con tutta evidenza, per le spese mediche ma vale anche per il danno morale che inteso come sofferenza soggettiva, rappresenta una voce dell'ampia categoria del danno non patrimoniale e ben può derivare da un inadempimento contrattuale che pregiudichi un diritto inviolabile della persona (nella specie, il diritto alla salute). Tuttavia, è inammissibile, in quanto costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta liquidazione in favore del danneggiato del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale anzidetto, il quale è una componente del danno biologico, posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica (Cass. 24 ottobre 2011, n. 21999; Cass. 13 luglio 2011, n. 15414).

9.4.- Quanto alle modalità di valutazione del danno biologico va osservato che, in base ad orientamenti consolidati e condivisi di questa Corte:

a) in linea generale la determinazione della misura del risarcimento del danno spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per motivazione assente, illogica o contraddittoria;

b) ai fini della valutazione equitativa del danno biologico, le tabelle nazionali medico legali orientative ed attuariali così come le tabelle adottate dall'Ufficio giudiziario cui appartiene d giudice vanno applicale non già automaticamente, bensì con apprezzamento anche delle condizioni personalizzanti, cosiddette condizioni soggettive (Cass. 25 maggio 2007, n. 12247; Cass. 28 novembre 2008, n. 28423; Cass. 9 maggio 2011. n. 10107; Cass. 30 giugno 2011, n. 14402);

c) l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 cod. proc. civ., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, mentre non è possibile surrogare, in tal modo, il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (Cass. 7 giugno 2007, n. 13288; Cass. 10 dicembre 2009, n. 25820; Cass 30 aprile 2010, n. 10607; Cass. 19 dicembre 2011. n. 27447).

La Corte romana si è attenuta a tali principi in quanto, sulla base dei dati emersi dalla c.t.u. e tenendo conto delle Tabelle adottate dall'Ufficio giudiziario di appartenenza, ha proceduto alla liquidazione equitativa del danno biologico - che risultava non essere già stato preso in considerazione dall’INAIL - effettuando un apprezzamento anche delle condizioni personalizzanti dell'evento e motivando sul punto in modo esauriente e corretto dal punto di visto logico-giuridico.

10.- Anche i motivi dei ricorsi incidentali - ugualmente indissolubilmente connessi e quindi da esaminare congiuntamente - non sono fondati.

10.1.- Dal punto di vista dell'impostatozioe dei ricorsi va precisato che, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto nell'intestazione della maggior parte dei motivi, tutte le censure si risolvono, in realtà, nella denuncia dì vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione dì un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alta Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollevare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolla dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313, Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214: Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436: Cass. 27 aprile 2005. n. 8718).

Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all'art. 360 primo comma, numero 5, cod. proc. civ.. e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965: Cass. 18 settembre 2009 n. 20112).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono congruamente motivate e l'iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

10.2.- Va, inoltre, precisato che è del tutto ultronea la denuncia - effettuata nel secondo e nel quarto motivo - di "nullità della sentenza e del procedimento" derivante da una pretesa arbitraria ricostruzione dei fatti con riguardo all'incidenza causale del comportamento della (...) nella determinazione del danno.

Va, infatti, ricordato che, in base a consolidati e condivisi indirizzi di questa Corte:

1) il vizio di omessa pronuncia causativo della nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. non si configura allorquando il giudice di merito non abbia considerato i fatti secondari dedotti dalla parte, non concernenti, cioè, alcun fatto estintivo. modificativo od impeditivo della fattispecie costitutiva del diritto fatto valere, in tal caso, è integrato il diverso vizio di cui all'art. 360 n, 5 cod. proc. civ. nella misura in cui il giudice abbia omesso la considerazione di fatti rilevanti ai fini della ricostruzione della quaestio facti in funzione dell'esatta qualificazione e sussunzione in iure della fattispecie (Cass. 28 agosto 2011, n. 17698);

2) comunque, il vizio di omessa pronuncia, che si traduce nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto incidente sulla sentenza pronunciata dal giudice del gravame, è deducibile con ricorso per cassazione esclusivamente ai sensi dell'art. 360 n.4, cod. proc. civ. (nullità della sentenza e del procedimento), mentre esso non può esser fatto valere come violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n, 3 cod. proc. civ.) né tanto meno come vizio di motivazione (art. 360, n.5, cod. proc. civ.) (Cass. 17 gennaio 2003. n. 604; Cass. 21 febbraio 2006 n. 3672).

Ne consegue che, nella specie, non sussistono né di requisiti sostanziali né quelli formali per la configurazione di un vizio di ''nullità della sentenza e del procedimento", sub specie di omessa pronuncia, sicché la relativa censura si risolve, anche in questo caso, in una impropria (per quanto si è detto sopra) deduzione di un vizio di motivazione, al pari delle altre.

10.3.- Deve essere, comunque, soggiunto che, in base all'orientamento consolidato di questa Corte cui il Collegio intende dare continuità, in tema di responsabilità per infortunio sul lavoro, la valutazione in ordine alla comportamento del lavoratore e quindi anche in ordine alla sua imprevedibilità in quanto anomalo e non richiesto dal datore di lavoro (rischio elettivo) è riservata al Giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove logicamente e sufficientemente motivata (Cass. 2 febbraio 2011. n. 2451).

Nella specie, le conclusioni cui il Giudice del merito è pervenuto - nell'esercizio della propria discrezionalità sulla valutazione degli elementi di prova e sull'apprezzamento dei fatti, che è incensurabile in questa sede di legittimità, perché congruamente motivato - appaiono anche conformi agli orientamenti consolidati e condivisi di questa Corte, in base ai quali:

1) in linea generale è jus receptum che l'art. 2087 cod. civ., che come norma di chiusura del sistema antinfortunistico, impone al datore di lavoro, anche dove faccia difetto una specifica misura preventiva, di adottare comunque le misure generiche di prudenza e diligenza, nonché tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l’integrità fisica del lavoratore assicurato (Cass. 23 settembre 2010, n. 20142)

2) in tema di infortuni sul lavoro inclusi nell’art. 2087 cod. civ. espressione del principio del neminem laedere per l'imprenditore, l'omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto all'adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell'adozione di tutte le cautele necessarie, con conseguente esclusione, in tale ipotesi, del cd. rischio elettivo, idoneo ad interrompere il nesso causale ma ravvisabile solo quando l'attività non sia in rapporto con lo svolgimento dei lavoro o sia esorbitante dai limiti di esso (Cass. 20 ottobre 2011, n. 21694);

3) in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione. Tale genere di rischio - che è in grado di incidere, escludendola, sull'occasione di lavoro - si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; c) mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass. 2 ottobre 2009. n. 21113; Cass. 18 maggio 2009, n. 11417: Cass. 28 ottobre 2009, n. 22818);

4) in tema di infortuni sul lavoro non può attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, essendo necessaria, alla fine, una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e, con essa, dell'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere (Cass. 25 febbraio 2011, n. 4656).

Nella specie non essendo stata ritualmente dimostrata, in questa sede, l'effettuata tempestiva contestazione nel giudizio di merito dell'avvenuto "improvviso ed eccezionale blocco delle ruote anteriori" dei motociclo guidato dalla (...) con la conseguente allegazione del perfetto stato di manutenzione dell'apparato frenante del mezzo la motivazione della sentenza impugnata appare conforme ai suindicati principi e corretta dal punto di vista logico, giuridico, in quanto da essa di desume con chiarezza che il raggiunto convincimento del giudice è basato su un esame congruo e coerente di quelle che, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, sono state ritenute di per se sole idonee e sufficienti a giustificarlo, essendo del tutto irrilevante che non si sia dato conto dell'esito dell'esame di tutte le prove prospettate o comunque acquisite (Cass. 4 marzo 2011, n. 5241; Cass. 27 luglio 2006 n. 17145).

V - Conclusioni

1 - In sintesi all'esito della disposta riunione di tutti i ricorsi è del relativo coordinamento effettuato in applicazione del principio dell'unità dell'impugnazione (vedi punto 1):

a) il ricorso incidentate proposto da (...) avverso il ricorso RG n. 11371/10 dell’(...) s.p.a. deve essere dichiarato inammissibile, al pari del controricorso adesivo al medesimo ricorso principale dell'(...) proposto da (...)

b) il ricorso Rg n. 11239/10 proposto da (...) assunto come principale perché è stato iscritto per primo, deve essere respinto;

c) vanno respinti anche il ricorso dell’A. "convertito" in ricorso incidentale e il ricorso incidentale di (...)

In considerazione della reciproca soccombenza, va disposta la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione.



P.Q.M.





Riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale di (...) (proposto avverso il ricorso RG n. 11371/10) e rigetta gli altri ricorsi. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.