Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 giugno 2012, n. 9863 - Mancata consegna al lavoratore di apposita divisa completa di casco omologato e violazione dell'art. 2087 c.c.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. VENUTI Pietro - Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

Dott. MELIADò Giuseppe - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 10103/2007 proposto da:

(Omissis) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (Omissis), presso la DIREZIONE AFFARI LEGALI (Omissis), rappresentata e difesa dall'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

(Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 111/2006 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 28/03/2006 r.g.n. 603/04 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/05/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADò;

E1 comparso l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

Udito l'Avvocato (Omissis);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



Con sentenza in data 17.3/28.3.2006 la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava l'esclusiva responsabilità delle (Omissis) spa in relazione all'infortunio sul lavoro occorso al dipendente (Omissis) e condannava la società al risarcimento del danno biologico che allo stesso era derivato.

Osservava in sintesi la Corte territoriale che la mancata consegna al lavoratore, per l'espletamento delle proprie mansioni, di apposita divisa completa di casco omologato, ancorchè lo stesso, al momento dell'incidente, si trovasse alla guida di un motociclo (vespa 50) per il quale non era al tempo obbligatorio, per i soggetti maggiorenni, l'uso del casco, costituiva violazione del precetto dell'articolo 2087 c.c., in quanto misura adeguata alla specificità del rischio gravante su qualsiasi conducente di motoveicolo.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le (Omissis) con un unico motivo, articolato in quatto profili.

Resiste con controricorso (Omissis).

 

Diritto



1. Con un unico complesso motivo la società ricorrente prospetta violazione di legge (articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli articoli 1362, 1363, 2697, 2087 e 2054 c.c.) e vizio di motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 5), osservando come, ai fini della configurazione della responsabilità ex articolo 2087 c.c., e, quindi, della colpa del datore di lavoro per aver omesso di adottare le cautele necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori dipendenti, non poteva ritenersi irrilevante che il dipendente si trovasse alla guida di un motoveicolo per il quale non era obbligatorio l'uso del casco e che, comunque, il danno liquidato era stato determinato al di fuori di qualsiasi previsione tabellare e non tenendo conto della parte dello stesso coperta dall'assicurazione obbligatoria.

2. Va preliminarmente dichiarata la nullità della costituzione, quale nuovo procuratore della società ricorrente, dell'avvocato (Omissis), fermo restando la permanente validità della costituzione del precedente difensore.

Deve, infatti, ribadirsi che (nel regime anteriore alla Legge n. 69 del 2009) "la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l'articolo 83 c.p.c., comma 3, nell'elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati; ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal comma 2 del cit. articolo 83, cioè con atto pubblico o scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l'indicazione delle parti e della sentenza impugnata" (così ad es. Cass. n. 8708/2009, Cass. n. 18528/2009).

Nè, nella fattispecie, potrebbe invocarsi ratione temporis il nuovo testo dell'articolo 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso e dal controricorso (come, nel caso, la memoria di nuovo difensore in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato), in quanto lo stesso si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la entrata in vigore della Legge n. 69 del 2009, articolo 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine o in calce al ricorso o al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall'articolo 83 c.p.c., comma 2 (v. da ultimo Cass. n. 4476/2012).

3. Il ricorso è inammissibile per mancata osservanza dell'articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis.

Il motivo sopra riassunto conclude, infatti, con la formulazione del seguente quesito: "Vero è che la responsabilità risarcitoria di cui all'articolo 2087 c.c., ha come suoi elementi costitutivi l'accertamento rigoroso della eziologia tra modalità di verificazione dell'evento infortunistico e condotta del lavoratore, nonchè l'accertamento rigoroso della eziologia tra conseguenze dannose dell'evento infortunistico ed omissione di cautele da parte dell'imprenditore".

Il quesito descritto risulta non conforme al precetto legale, per non ricomprendere il complesso delle censure articolate nel motivo (in particolare, con riferimento ai criteri di liquidazione del danno) e per risolversi, per il resto, nella enunciazione astratta delle regole vigenti nella materia, senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di merito.

Il quesito di diritto, che la norma richiede a pena di inammissibilità del relativo motivo, deve, infatti, essere formulato, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, in maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio (cfr. ad es. Cass. SU n. 36/2007 e n. 2658/2008), dovendosi ritenere come inesistente un quesito generico, parziale o non pertinente.

In proposito, per come rilevato, a fini esemplificativi, da SU (ord.) n. 2658/2008, "potrebbe apparire utile il ricorso ad uno schema secondo il quale sinteticamente si domandi alla Corte se, in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto), si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata", le ragioni della cui erroneità siano adeguatamente illustrate nel motivo medesimo.

Il quesito posto dalla società ricorrente non risulta conforme ai canoni interpretativi indicati perchè - va ribadito - inidoneo ad esprimere, in termini riassuntivi, ma concretamente pertinenti all'articolazione delle censure in relazione alla fattispecie controversa, il vizio ricostruttivo addebitato alla decisione.

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.



La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 40,00 per esborsi ed in euro 3.000,00 per onorari di avvocato, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..