Cassazione Civile, Sez. Lav., 22 giugno 2012, n. 10433 - Rendita conseguente ad infortunio e occasione di lavoro




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. VENUTI Pietro - rel. Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

(Omissis) (Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis) che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 339/2009 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 26/02/2010 r.g.n. 886/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/05/2012 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;

udito l'Avvocato (Omissis);

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 19 maggio 2009, ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da (Omissis) nei confronti dell'INAIL volta ad ottenere la rendita conseguente ad un infortunio sul lavoro avvenuto il (Omissis).

Ha osservato la Corte territoriale che l'autocarro da cui l' (Omissis) era caduto non era suo, ma di un altro autotrasportatore dipendente della stessa azienda; che il lavoratore non aveva fornito la prova di essere salito sull'autocarro del collega per finalità legate alla propria attività lavorativa; che si era invece trattato di un banale atto di cortesia nei confronti del collega più anziano e meno agile; che non era stato altresì provato che il lavoratore fosse salito sull'autocarro su comando di un doganiere; che ricorreva nella specie un'ipotesi di rischio elettivo che escludeva l'occasione di lavoro Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ex articolo 2.

Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore, sulla base di due motivi.

L'INAIL resiste con controricorso.

Diritto



Con il primo motivo, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi per il giudizio nonchè mancata valutazione delle risultanze istruttorie, si deduce che la Corte di merito ha omesso di considerare che il ricorrente è salito sull'autocarro di un collega, dipendente dalla stessa azienda, per ottemperare ad una richiesta della Dogana di ispezionare due confezioni di generi alimentari trasportate; che tale circostanza è emersa dal verbale di informazioni testimoniali rese nell'immediatezza dei fatti dal conducente dell'autocarro dal quale il ricorrente è caduto; che è dunque da escludere che il ricorrente sia salito sul mezzo del collega meno giovane per un atto di cortesia nei suoi confronti, dovendosi invece ritenere che tale comportamento è stato da lui posto in essere nell'ambito delle proprie mansioni lavorative.

Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 2, il ricorrente rileva che la sua condotta, essendo inerente all'attività lavorativa e motivata da finalità produttive, non può configurare il rischio elettivo, che esclude la indennizzabilità dell'evento. Ricorre, viceversa, l'occasione di lavoro che la sentenza impugnata ha erroneamente escluso.

Entrambi i motivi, che vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, sono infondati.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (cfr., tra le altre, Cass. 9 agosto 2004 n. 15355; Cass. 21 aprile 2006 n. 9368; Cass. 18 aprile 2007 n. 9245; Cass. 26 giugno 2007 n. 14752). Nella fattispecie in esame, la Corte di merito, dopo avere posto in evidenza che in un primo momento il ricorrente aveva rappresentato i fatti in maniera diversa, affermando di essere caduto dal suo autocarro e non già da quello del suo collega - circostanza questa che avrebbe facilitato la riconducibilità dell'evento all'occasione di lavoro -, ha escluso che il ricorrente fosse salito sull'autocarro del collega "su comando" di un funzionario della Dogana, ritenendo viceversa che ciò era verosimilmente avvenuto per un mero atto di cortesia nei confronti del collega più anziano e meno agile ed escludendo quindi che il comportamento tenuto dal ricorrente fosse motivato da finalità produttive.

A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta non solo sulla scorta delle dichiarazioni rese nell'immediatezza dei fatti dal predetto autotrasportatore, ritenute dalla stessa Corte più genuine, ma in base ad una valutazione complessiva delle risultanze probatorie.

Trattasi di una motivazione congrua, coerente e immune da vizi, a nulla rilevando che, in sede di esame testimoniale, lo stesso teste abbia confermato la circostanza, riportata nel ricorso e ritenuta dal ricorrente decisiva per il giudizio, che "uno spedizioniere" avesse richiesto due confezioni di generi alimentari ai fini del controllo della Dogana, dovendo escludersi che si tratti di dichiarazioni tali da invalidare il percorso argomentativo della decisione impugnata, evidente essendo che detta richiesta, come affermato dalla Corte di merito, non abilitava il ricorrente a salire, di sua iniziativa, sull'autocarro del collega per prelevare dette confezioni.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese di questo giudizio a norma dell'articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla modifica di cui al Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42, comma 11, convertito nella Legge n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.