Cassazione Penale, Sez. 3, 27 giugno 2012, n. 25359 - Delega di funzione e accettazione da parte del soggetto delegato


 

 

La giurisprudenza afferma che: l'atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive





REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro - Presidente

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

Dott. MARINI Luigi - Consigliere

Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 13884/2009 TRIBUNALE di ROMA, del 04/02/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

udito il difensore avv. (Omissis) del foro di (Omissis).

Fatto



1. A seguito di opposizione a decreto penale di condanna per il delitto di cui all'articolo 590 c.p. e connessi reati contravvenzionali, proposta da (Omissis), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, inaudita attera parte, ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione che, con sentenza del 16 gennaio 2009, è stata annullata dalla Quarta Sezione penale di questa Corte.

Giudicando in sede di rinvio, il Tribunale di Roma, ritenendo che dagli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, acquisito al fascicolo processuale unitamente alla documentazione prodotta dal difensore, non emergesse l'estraneità dell'imputato ai reati contestati ed evidenziata, in particolare, la inefficacia delle deleghe di funzioni rilasciate dall'imputato ad altri soggetti, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dello stesso, ai sensi dell'articolo 531 c.p.p., per prescrizione dei reati contestati.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione alla ritenuta inefficacia delle deleghe di funzioni, richiamando i requisiti di validità individuati dalla giurisprudenza ed osservando che, tra questi, non sarebbe compreso quello dell'accettazione da parte del soggetto delegato.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta, invece, l'omessa valutazione, ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., della documentazione prodotta e, segnatamente, dell'organigramma della società di cui l'imputato era amministratore delegato all'epoca dei fatti, trattandosi di prove che, se adeguatamente considerate, avrebbero dimostrato l'assenza di responsabilità per i fatti addebitatigli.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

Diritto



4. Il ricorso è inammissibile.

Occorre in primo luogo rilevare come il giudice del merito abbia correttamente richiamato una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. n.35490, 15 settembre 2009) la quale, dirimendo un precedente contrasto giurisprudenziale; ha tra l'altro affermato che la pronuncia assolutoria a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, è consentita al giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e a sua rilevanza penale, in modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento ed appartenga, pertanto, piu' al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento".

Precisano ulteriormente le Sezioni Unite che l'"evidenza" richiesta dal menzionato articolo 129 c.p.p., comma 2, "presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi così addirittura in qualcosa di piu' di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia".

A tale condivisibile principio si è dunque adeguato il giudice del merito dopo aver rilevato, con accertamento in fatto, che, dall'esame dei contenuti del fascicolo del Pubblico Ministero, acquisito agli atti e della documentazione prodotta dalla difesa, non vi era spazio per una pronuncia assolutoria con formula piena.

5. La soluzione adottata appare dunque del tutto corretta, perchè conforme all'indirizzo interpretativo suggerito dal massimo organo nomofilattico.

Il giudice, oltre ad esprimere un giudizio complessivo sulla rilevanza dell'intero corredo probatorio, ha poi ritenuto di specificare come, in modo particolare, dall'esame degli atti risultasse dubbia l'efficacia delle deleghe rilasciate dall'imputato a terzi con riferimento alle funzioni concernenti i fatti oggetto di imputazione.

Viene così stigmatizzata l'unilateralità che contraddistingue detti atti e la mancanza di qualsivoglia forma d accettazione da parte dei soggetti delegati, rilevando che tale situazione impedisce di escludere la responsabilità dell'imputato.

Tale assunto viene contestato in ricorso, ravvisando l'errore di diritto conseguente ad una errata considerazione dei requisiti richiesti per la validità della delega di funzioni, ma non coglie nel segno.

6. Come è noto, la particolarità della delega di funzioni è data dalla mancanza di una specifica previsione normativa e dalla rilevanza che essa assume con riferimento alle attività delle imprese, specie se di notevoli dimensioni.

Ciò ha determinato la necessità di individuare la possibilità, per il titolare dell'impresa, di trasferire ad altri soggetti alcuni obblighi dall'inosservanza dei quali potrebbe derivare una responsabilità penale ed ai quali egli potrebbe essere impossibilitato ad adempiere personalmente. A tale esigenza si contrappone, altresì, quella di evitare che, attraverso lo strumento della delega, anche il soggetto che possa soddisfare l'obbligo giuridico impostogli dalla legge abbia la possibilità di non adempiervi, sfuggendo le conseguenti responsabilità attraverso un indebito trasferimento delle sue funzioni a terzi.

La necessità di impedire un improprio utilizzo della delega di funzioni ha indotto la giurisprudenza ad elaborare, nel tempo, un accurata ricognizione dei requisiti richiesti per la validità della stessa e tra questi, contrariamente a quanto affermato in ricorso, vi è senz'altro anche l'accettazione da parte del delegato.

Si è infatti ripetutamente affermato, proprio con riferimento alla materia antinfortunistica, che l'atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (così Sez. 4, n.38425, 22 novembre 2006. V. anche Sez. 4, n.37470, 2 ottobre 2003, citata anche in ricorso; Sez. 4, n.9343, 25 agosto 2000; Sez. 4, n. 12413, 30 ottobre 1999; Sez. 2, n.9994, 20 settembre 1994; Sez. 4, n.1760, 23 febbraio 1993; Sez. 4, n.104, 11 gennaio 1990).

7. La correttezza della decisione impugnata non viene intaccata neppure dalle argomentazioni svolte nel secondo motivo di ricorso.

Come si è già detto, il giudice del merito, peraltro dando atto del fatto che l'imputato non ha comunque rinunciato alla prescrizione, ha operato una valutazione globale del compendio probatorio, comprensivo quindi anche della documentazione prodotta dalla difesa, espressamente menzionata.

Nell'ambito di tale apprezzamento, correttamente effettuato entro il contenuto ambito definito dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite, il giudice ha quindi dato sufficientemente atto di aver considerato il valore probatorio individuale di ciascun elemento offerto alla sua attenzione e non aveva alcun obbligo di addentrarsi in ulteriori verifiche in assenza di una prova evidente ed incontrovertibile dell'innocenza dell'imputato che consentisse al proscioglimento nel merito di prevalere sulla causa di estinzione del reato.

8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1,000,00.


P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.