Tribunale di Monza, Sez. Pen., 14 maggio 2012 - Lesioni personali gravi e attrezzatura inadeguata




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MONZA

SEZIONE PENALE


Il Tribunale di Monza - in composizione monocratica - in persona del giudice dott. Giuseppina BARBARA all'udienza del 21/02/2012, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA



nei confronti di:

R.M.A., nato a M. il (...), residente a B., Via S. n. 12/a, elettivamente domiciliato presso il difensore

libero, presente

difeso di fiducia dall'avv. Pietro GIULIANI del Foro di Monza, con studio a Seregno, Via Raffaello Sanzio n. 2

IMPUTATO

del reato p. e p. dall'art. 590 c.p. perchè, quale consigliere delegato della RANGER S.P.A., per colpa cagionava al dipendente B.F. lesioni personali gravi consistite in "trauma da schiacciamento piede sinistro con FLC III dito plantare, frattura III e IV metatarso, fratture falangi II e III dito con amputazione di due falangi del piede" lesioni dalle quali derivava una malattia nel corpo durata più di 180 giorni.

Lesioni personali occorse nel mentre la persona offesa è stata investita da un cilindro metallico del peso di circa 500 kg, sganciatosi dalle forche del muletto sulle quali era caricato.

Colpa specifica consistita nel non aver fornito una attrezzatura adeguata al lavoro da svolgere, in particolare una attrezzatura diversa dal carrello o un accessorio idoneo a collegare al carrello per assicurare la stabilità del carico e del mezzo. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violazione dell'art. 2087 c.c. delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e segnatamente gli artt. 35 comma 3 ter lett. c) e d) e 22 comma I del D.Lgs. n. 626 del 1994 e artt. 8 e 18 del D.P.R. n. 547 del 1955.

In Albiate il 13 settembre 2007

 

FattoDiritto



L'imputato è stato citato a giudizio per rispondere del reato indicato in epigrafe con decreto emesso dal P.M. in data 18.1.2010.

All'udienza del 22.11.2010 la persona offesa B.F. si è costituita parte civile; su richiesta del difensore dell'imputato è stato concesso un rinvio per consentire il risarcimento del danno alla parte civile.

All'udienza del 21.3.2011 il processo è stato rinviato per l'adesione dei difensori delle parti all'astensione dalle udienze proclamata dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura.

All'udienza del 18.7.2011 la parte civile ha revocato la costituzione di parte civile, producendo copia dell'atto di liquidazione del danno; dichiarato aperto il dibattimento, sono state ammesse le prove orali e documentali richieste dalle parti ed acquisiti al fascicolo del dibattimento i seguenti documenti:

produzioni del P.M.

- verbale d'ispezione/prescrizione in materia di igiene e sicurezza del lavoro dell'ASL Provincia di Milano 3 nei confronti di R.M. a seguito del sopralluogo in data 14.11.2007;

- n. 4 fotografie scattate dai tecnici dell'ASL presso la ditta RANGER s.p.a. relative ai luoghi e a un carrello elevatore;

- copia del manuale d'uso e manutenzione dei carrelli elevatori "Blitz";

- attestato di partecipazione al corso per conduzione dei carrelli elevatori rilasciato a B.F. in data 11.6.2002;

- attestato di partecipazione al corso per conduzione dei carrelli elevatori rilasciato a K.H.F. in data 6.7.2007;

- certificato rilasciato a B.F. di partecipazione a un corso di "problem solving" in data 20 e 21.10.2005;

- copia del manuale carrellisti della ditta BT CESAB s.p.a.;

- copia del verbale di addestramento del personale in data 25.9.2006 relativo alla presa visione del modulo "precauzioni e messa in stato di sicurezza delle attrezzature per operazioni di manutenzione";

- copia delle istruzioni d'uso per conduzione carrelli elevatori;

- copia delle istruzioni d'uso per movimentazione carroponte;

- copia delle istruzioni d'uso delle attrezzature;

- nota della società contenente le generalità dell'infortunato e del testimone;

- visura della CCIAA relativa alla società Ranger s.p.a.;

- copia della documentazione clinica del Pronto Soccorso dell'Ospedale di Carate Brianza relativa a B.F.;

- copia della cartella clinica dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano relativa al ricovero e all'intervento chirurgico a cui fu sottoposto B.F., nonché ai successivi controlli;

- documentazione INAIL relativa all'infortunio;

- relazione medica relativa alla persona offesa redatta dal neurologo dott. E.F. datata 7.7.2008;

- due fotografie a colori del piede sinistro della persona offesa, in cui si vedono le lesioni subite;

- fattura della Renault relativa all'acquisto di un'autovettura con cambio automatico;

produzioni della difesa

- verbale del Consiglio d'Amministrazione della società Ranger s.p.a. in data 23.11.2005.

All'udienza del 24.1.2012 sono stati sentiti i testimoni B.F. e altri e si è proceduto all'esame dell'imputato R.M.A.; il processo è stato rinviato per l'esame del teste M.P., citato regolarmente dalla difesa e non comparso.

All'udienza del 21.2.2012 è stato sentito il teste M.P. e la difesa ha prodotto ulteriore documentazione (tabella dei costi sostenuti da RANGER s.p.a. in materia di sicurezza ambiente, registro annuale addestramenti del personale relativo all'anno 2007, piano di monitoraggio stabilimento di Albiate datato 14.12.2006, piano di addestramento del personale relativo all'anno 2007, organigramma aziendale, e-mail datata 11.9.2006 inviata da P.E. e R.A., R.M. e R.Ma.), che è stata acquisita; all'esito, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le parti hanno rassegnato le rispettive conclusioni e il Tribunale ha deciso come da dispositivo.

L'istruttoria dibattimentale ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dell'imputato in relazione al reato indicato nel capo d'imputazione.

Dalle deposizioni testimoniali assunte e dalla documentazione acquisita è emerso che B.F. lavorava dal 1995 presso la società RANGER s.p.a. nello stabilimento di Albiate in qualità di operaio specializzato con mansioni di manutentore meccanico.

La società produceva all'epoca stampi per materiale plastico ed aveva circa 500 dipendenti divisi su tre stabilimenti, di cui circa 200 addetti a quello di Albiate, dove si è verificato l'infortunio.

Al reparto manutenzione di Albiate erano addetti quattro operai, che lavoravano divisi su due turni: uno dalle 7.00 alle 15.00 e l'altro dalle 16.00 alle 21.00.

Il giorno 13.9.2007 intorno alle ore 16.00 B.F. insieme al collega H.K. doveva trasportare all'esterno un cilindro d'acciaio (parte di una pressa che doveva essere riparata) della lunghezza di 3 metri, del diametro di 30 cm e del peso di 700 Kg. circa, affinché fosse caricato su un camion, che non poteva entrare nel cortile della ditta.

L'incarico era stato dato loro dall'ing. Z., responsabile del settore manutenzione.

Per fare questa operazione B. e H. avevano legato il cilindro con una cinghia alle forche di un muletto ed avevano percorso il tragitto di una decina di metri sino al cancello di ingresso: precisamente H. era alla guida del muletto e B. a piedi.

Poiché lungo il percorso si trovavano parecchi ostacoli, avevano proceduto con le forche del muletto sollevate, agganciando ad esse le cinghie che tenevano il cilindro.

Giunti al cancello, il muletto nell'oltrepassare la guida metallica aveva fatto un sobbalzo, che aveva determinato lo scivolamento della cinghia dalle forche e lo sfilamento e la caduta a terra del cilindro, che era andato a sbattere contro il bordo del camion, aveva urtato B.F. ed era infine caduto sul piede sinistro dello stesso, schiacciandoglielo.

Ciò provocava a B.F. un trauma da schiacciamento con fratture del tarso e metatarso e con conseguente amputazione del secondo e terzo dito del piede sinistro.

La persona offesa veniva inizialmente trasportata presso il Pronto Soccorso del presidio ospedaliero di Carate Brianza e poi d'urgenza presso l'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, dove veniva ricoverato e sottoposto ad intervento chirurgico di amputazione delle predette dita del piede; dimesso dopo trenta giorni circa, lo stesso doveva sottoporsi a periodiche medicazioni, cure farmacologiche, terapia riabilitativa e poi all'applicazione di una protesi in silicone, con una durata della malattia di circa sette mesi.

In particolare l'INAIL dichiarava cessata l'infermità alla data del 4.3.2008 e riconosceva a B. un'invalidità permanente complessiva dell'8%.

Sia la persona offesa che il collega H.K. hanno più volte ribadito nel corso delle rispettive deposizioni che non era la prima volta che eseguivano con quelle modalità e con l'uso del muletto il trasporto di carichi pesanti (barre metalliche o cilindri), in quanto non c'erano in azienda altre attrezzature idonee allo scopo: era presente, infatti, un carroponte per la movimentazione dei carichi all'interno dello stabilimento, ma non era utilizzabile per quelli che dovevano essere trasportati altrove, perché comunque i camion non potevano entrare dentro il capannone e, perciò, in questi casi i pesi dovevano essere trasportati fuori utilizzando il muletto. Ciò accadeva tutti i giorni per la movimentazione di oggetti pesanti e tre o quattro volte all'anno per lo spostamento di cilindri metallici come quello che ha originato l'infortunio.

B. ha dichiarato di avere in più occasioni rappresentato ai suoi superiori, in particolare all'ing. Z. in qualità di responsabile della manutenzione, la necessità di acquistare un'attrezzatura idonea al trasporto di carichi pesanti all'esterno, ma invano: l'attrezzo necessario - un braccio munito di gancio, da inserire nelle forche del muletto e al quale agganciare i cilindri e gli oggetti pesanti del costo di circa 2.500 Euro - è stato acquistato soltanto dopo l'infortunio di cui lui è stato vittima.

Le predette circostanze sono state riportate anche dal teste H.K., il quale ha dichiarato che B. più volte aveva detto all'ing. Z. che servivano mezzi più sicuri per spostare gli oggetti; tale attività era significativa, perché i carichi pesanti venivano movimentati almeno una volta a settimana; effettivamente l'attrezzatura richiesta è stata acquistata soltanto dopo l'infortunio occorso al collega.

I testimoni B. e H. hanno, altresì, precisato che il carrello elevatore che ha determinato l'infortunio non è quello effigiato nelle fotografie scattate dai tecnici dell'ASL in occasione del loro sopralluogo ed acquisite al fascicolo del dibattimento: quello, infatti, è un carrello dotato di ruote in gomma, mentre quello in questione aveva le ruote in plastica e corrisponde a quello contrassegnato con la lettera "B" sul manuale dei carrellisti, che è stato prodotto.

H.K. ha precisato che era stato utilizzato quel carrello, perché era l'unico libero e disponibile.

Con riguardo ai ruoli dei vertici aziendali e, in particolare dell'odierno imputato, B. ha dichiarato che l'azienda era gestita da R.A. e dai suoi figli M. e Ma.: l'imputato era il responsabile dello stabilimento di Albiate, il padre si occupava dello stabilimento di Carate, mentre l'altro figlio M. non seguiva la produzione.

R.M. di frequente si recava nello stabilimento di Albiate e nei vari reparti per controllare l'attività.

L'ing. Z.D. era il responsabile della manutenzione in entrambi gli stabilimenti (di Carate e di Albiate); l'ing. M.P. era il responsabile della produzione, mentre l'ing. C. era il responsabile del reparto verniciatura; il responsabile della sicurezza era P.E., impiegato addetto all'ufficio personale.

Con riguardo alla formazione ricevuta, B. ha dichiarato di avere frequentato nel 1996 il corso per l'abilitazione alla guida del muletto, nel 2000 un corso come meccanico oleodinamico e nel 2005 un corso per la risoluzione dei problemi sui macchinari; in azienda aveva anche partecipato ad un corso sull'utilizzo del carroponte per la movimentazione di carichi, ma nessun corso era stato fatto su come movimentare i pesi con il muletto.

La ricostruzione della dinamica dell'infortunio occorso alla persona offesa si è avvalsa anche del contributo qualificato del tecnico dell'ASL B.S., specialista in materia di carrelli elevatori, il quale ha riferito di essere stato incaricato di un sopralluogo presso la ditta RANGER s.p.a. dopo che è pervenuto il certificato medico di denuncia-infortunio e di averlo, perciò, eseguito due mesi circa dopo il fatto.

Dalle dichiarazioni assunte dalla persona offesa e dai colleghi di lavoro si è accertato che era stato agganciato un peso alle forche del muletto, operazione vietata dal manuale rilasciato dal costruttore e da tutte le norme di prevenzione.

Ciò era stato fatto per trasportare il cilindro all'esterno dello stabilimento e caricarlo su un furgone.

Era presente un carroponte, ma non era utilizzabile a tal fine, perché lo stesso non raggiungeva la parte esterna dello stabilimento, dove c'era il camion.

La guida del cancello, ben visibile nella foto contrassegnata con il numero "1" , aveva fatto sobbalzare il carrello elevatore, in quanto lo stesso aveva le ruote rigide in plastica.

Il cilindro aveva iniziato a muoversi e B. aveva cercato di fermarlo, ma l'oggetto era scivolato dalla cinghia, questa era uscita dalle forche, anche perché queste ultime sono sempre sporche di olio e di grasso, e il cilindro era caduto sul piede dell'operaio.

Nel corso del sopralluogo hanno simulato l'operazione che era stata eseguita dagli operai, imbragando con una cinghia un cilindro del peso di circa 500 Kg, lungo 3 metri e con un diametro di 300 mm.: hanno così verificato quanto l'operazione fosse pericolosa per la salute e la sicurezza dei lavoratori, i quali avevano riferito che quella era la prassi usuale per il trasporto di quei carichi.

All'esito sono state contestate ai responsabili dell'azienda contravvenzioni per violazione dell'art. 169 D.P.R. n. 547 del 1955, come modificato dall'art. 35 comma 4 ter D.Lgs. n. 626 del 1994; è stato prescritto di adottare tutte le misure necessarie ad assicurare la stabilità dei carichi e mettere a disposizione dei lavoratori un'attrezzatura idonea.

Le prescrizioni sono state ottemperate ed è stato acquistato un accessorio tipo gancio di una gru da applicare sul muletto.

Con riguardo ai ruoli aziendali, il teste B. ha dichiarato che, al momento del loro sopralluogo, il legale rappresentante della società era M.R., il responsabile della produzione era P.M., mentre il capo reparto era G.T.; dalla visura della camera di commercio risultava che R.M.A. era il consigliere delegato per la sicurezza ed era anche il responsabile dello stabilimento di Albiate; l'impiegato P.E. rivestiva la carica di RSPP, ma non aveva alcuna delega in materia di sicurezza da parte della dirigenza.

Avevano ritenuto che responsabile fosse il datore di lavoro, identificato nel caso di specie in R.M.A. quale responsabile della produzione, in quanto allo stesso spetta dotare i lavoratori di attrezzature idonee all'attività da svolgere e, cioè, nel caso di specie la movimentazione dei carichi; ciò non competeva al responsabile della manutenzione, individuato nell'ing. Z..

Il tecnico dell'ASL ha, infine, chiarito che risultava la partecipazione degli operai, e anche dell'infortunato, a corsi in materia di sicurezza, ma comunque avevano ritenuto di suggerire all'azienda la ripetizione di un corso sul corretto utilizzo dei muletti, considerate le modalità dell'infortunio, che denotavano una scarsa conoscenza delle procedure.

L'imputato si è sottoposto all'esame ed ha precisato che l'azienda - oggi non più operativa, in quanto sottoposta alla procedura del concordato preventivo e poi venduta - era gestita da un consiglio di amministrazione, composto dal padre, dal fratello M. e da lui, dotati di pari poteri.

All'inizio del 2007 avevano deciso di modificare l'organigramma aziendale, dividendosi i compiti: lui aveva assunto il ruolo di responsabile del settore produttivo, M. era competente per i settori amministrativo e commerciale e il padre era responsabile del settore della costruzione degli stampi; in ogni caso in consiglio le decisioni gestionali venivano poi assunte da tutti e tre all'unanimità.

Aveva un ufficio nello stabilimento di Carate e si recava nello stabilimento di Albiate, distante circa due km., due volte alla settimana: faceva il giro dei reparti e parlava con i diversi capi reparto e con il direttore dello stabilimento (prima l'ing. M. e poi dal 2007 l'ing. C.).

Il giorno dell'infortunio non era presente ad Albiate ed era stato informato dell'accaduto successivamente: non ricorda da chi e cosa gli fosse stato detto nel dettaglio.

R.M.A. ha asserito di non ricordare se l'ing. Z., in qualità di responsabile della manutenzione, gli avesse rappresentato la necessità di acquistare nuovi mezzi per la movimentazione di carichi; certamente di ciò non aveva parlato con B..

L'imputato ha precisato che il settore manutenzione dello stabilimento di Albiate aveva un budget di 50-100.000 Euro, ma non sa se fosse stata conferita a qualcuno una delega scritta con autorizzazione a disporre direttamente gli acquisti necessari.

All'epoca l'azienda era entrata in una situazione di crisi finanziaria e si faceva attenzione alle spese.

R. ha, però, dichiarato che l'acquisto dell'attrezzatura prescritta dall'ASL fu probabilmente disposta da lui, in qualità di responsabile.

In buona sostanza l'imputato ha ammesso di essere stato, all'epoca del fatto, il consigliere con delega alle attività produttive, con specifica responsabilità anche sullo stabilimento di Albiate, dove è avvenuto l'infortunio; ha escluso di avere conferito ad altri una delega scritta in materia di sicurezza dei lavoratori; non è stato in grado di escludere che effettivamente gli fosse stata rappresentata la necessità di acquistare un'attrezzatura sicura per la movimentazione dei carichi in quello stabilimento; ha ammesso che l'acquisto di quell'attrezzatura lavorativa competeva a lui, tant'è che ritiene di essere stato lui a disporne l'acquisto dopo l'infortunio per adeguarsi alle prescrizioni dell'ASL.

Le dichiarazioni dell'imputato, quindi, confermano la ricostruzione accusatoria sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo e contribuiscono a individuare in R.M.A. il "datore di lavoro" a cui incombeva l'obbligo di fornire ai lavoratori attrezzature sicure e idonee allo svolgimento delle mansioni loro assegnate.

Ciò trova conferma, altresì, nelle deposizioni degli altri testimoni, citati dalla difesa.

Infatti, l'ing. D.G.Z. ha precisato di essere stato all'epoca dell'infortunio il responsabile del settore manutenzione, al quale erano addetti l'infortunato B., H.K. e un altro operaio; nell'organigramma aziendale sopra di lui c'era l'ing. M., che era il direttore dello stabilimento di Albiate; lo stesso rispondeva a R.M.A. nella sua qualità di responsabile della produzione.

Il teste Z. ha confermato che la movimentazione dei cilindri non era un'operazione frequente, ma veniva fatta; era più frequente lo spostamento di macchinari, di motori o di parti di motore; capitava che i carichi pesanti venissero agganciati con le cinghie al muletto, sollevati e trasportati.

Può essere accaduto che B., che era l'operaio più esperto del suo settore, e K. gli abbiano chiesto prima dell'infortunio di far comprare un'attrezzatura da applicare al muletto per il trasporto di quei carichi.

L'attrezzo in questione è stato acquistato effettivamente dopo l'infortunio, come disposto dall'ASL: lui ha predisposto la richiesta e R.M. ne ha autorizzato l'acquisito in qualità di responsabile.

L'ing. Z., infine, ha escluso di avere avuto deleghe in materia di sicurezza dagli amministratori.

La testimonianza dell'ing. G.C. è stata inconferente, avendo lo stesso precisato di essere stato all'epoca dell'infortunio responsabile di produzione dell'area verniciatura e di non occuparsi di manutenzione.

Infine l'ing. P.M., confermando di essere stato il responsabile di produzione negli stabilimenti di Albiate e di Carate e precisando di non essere stato presente in azienda il giorno dell'infortunio, ha ribadito che il responsabile della manutenzione era l'ing. Z.; in azienda era stanziato un budget annuale per la sicurezza e l'ambiente, di cui non ricorda l'esatto ammontare, ma che poteva aggirarsi intorno ai 150.000 Euro.

Per quanto a sua conoscenza l'infortunio si era verificato durante l'attività di manutenzione straordinaria su una pressa, in quanto si era rotto un cilindro: per quanto gli risulta non era un'attività frequente.

Il teste, infine, ha confermato che non esistevano deleghe scritte conferite da R.M. ad altri in materia di sicurezza; se occorreva effettuare un acquisto nell'ambito del budget il responsabile del settore (ad esempio per la manutenzione l'ing. Z.) presentava la richiesta direttamente alla proprietà.

Ciò premesso in ordine alle risultanze istruttorie, il Tribunale rileva come sia stata pacificamente ricostruita la dinamica dell'infortunio subito dal sig. F.B.:

- lo stesso riceve dall'ing. Z. l'incarico di trasportare fuori dallo stabilimento di Albiate un cilindro che si è rotto e che deve essere riparato;

- poiché il cilindro in questione è di rilevanti dimensioni - è lungo 3 metri, pesa 700 Kg ed ha un diametro di 30 cm. - e non può essere movimentato con il carroponte, in quanto questo attrezzo si trova all'interno del capannone e non consente la movimentazione di carichi sino al cancello di ingresso, dove si trova il camion sul quale il cilindro deve essere caricato, gli operai B. e H. lo agganciano con una cinghia alle forche di un carrello elevatore e, spostando il mezzo con le forche sollevate, in modo che il cilindro rimanga appeso, percorrono la decina di metri che li separa dall'uscita;

- nell' oltrepassare la guida metallica del cancello di ingresso, che è leggermente in rilievo, il carrello sobbalza, in quanto ha ruote rigide in plastica e non gommate, che assorbirebbero meglio gli urti;

- ciò determina l'oscillazione del cilindro, che sposta la cinghia agganciata alle forche e il successivo scivolamento del cilindro medesimo.;

- il cilindro cade sul piede sinistro di B. - H. era alla guida del mezzo - e gli provoca plurime fratture, che cagionano la necrosi dei tessuti del secondo e terzo dita e determinano la necessità della loro amputazione;

- conseguentemente B. sarà incapace di attendere alle ordinarie e occupazioni e rimarrà assente dal lavoro per un periodo superiore a 180 giorni, nonché riporterà postumi permanenti invalidanti in misura pari all'8 %, oltre a soffrire le immaginabili ripercussioni fisiche ed anche psicologiche conseguenti alla menomazione subita.

E' stato, quindi, accertato in modo inequivocabile che le lesioni sofferte dalla persona offesa sono causalmente riconducibili agli eventi sopra descritti, avvenuti nello stabilimento di Albiate della RANGER s.p.a. in data 13.9.2007, e alle mansioni dalla stessa svolte durante la sua ordinaria attività lavorativa.

Ebbene, può affermarsi con certezza che il sistema adottato da B. e dal collega per la movimentazione dei carichi era insicuro e contrario alle norme di sicurezza, che vietano di agganciare in modo instabile oggetti alle forche del carrello elevatore e, soprattutto, di movimentare carichi - tanto più di quelle dimensioni -sospesi alle forche.

Peraltro, la circostanza che B. fosse un operaio esperto, come dimostrato dal suo curriculum e come riferito dai dirigenti sentiti, in particolare dall'ing. Z., lungi dall'attenuare la responsabilità del datore di lavoro, a parere del Tribunale la rende ancora più evidente e dimostra che, come riferito dai testimoni15, quella era la procedura abituale utilizzata per trasportare all'esterno carichi pesanti, non essendo utilizzabile a tal fine il carro-ponte.

In buona sostanza, poiché gli operai non avevano altro modo di eseguire le mansioni loro affidate, erano costretti ad utilizzare il carrello elevatore, agganciando in modo precario alle forche dello stesso gli oggetti pesanti - nel caso di specie un cilindro metallico - tanto più che, nonostante le loro sollecitazioni, la proprietà non provvedeva ad acquistare un attrezzo che rendesse sicura quell'operazione.

Ciò è stato confermato dai testimoni B. e H. e non è stato smentito dal teste Z. e dall'imputato.

L'attrezzo in questione, infine, è stato acquistato, ma soltanto dopo l'infortunio e in ottemperanza alle prescrizioni dell'ASL.

Osserva il Tribunale che la circostanza che il suo costo fosse tutto sommato contenuto (circa 2.500 Euro cadauno) non è in contrasto con la ricostruzione accusatoria, perché, come evidenziato dalla difesa, sarebbe stato un acquisto compatibile con gli stanziamenti aziendali annuali in materia di sicurezza, risultanti dalla documentazione prodotta: rileva, invece, in senso contrario quanto riferito dallo stesso imputato in ordine al fatto che nel 2006-2007 era iniziata la crisi finanziaria dell'azienda, che poi condurrà alla sua dismissione da parte della famiglia R., e "si faceva attenzione alle spese", il che rende plausibile che si fosse deciso di soprassedere all'acquisto di quell'attrezzatura non ritenuta assolutamente necessaria, considerato che si trattava di operazioni di manutenzione non quotidiane.

La normativa in materia di prevenzione infortuni - sia quella vigente all'epoca del fatto, richiamata quale profilo di colpa specifica nel capo d'imputazione, sia quella oggi vigente ai sensi dell'art. 71 D.Lgs. n. 81 del 2008, che nell'elencare gli obblighi del datore di lavoro non fa che riordinare in modo sistematico quanto già previsto dal D.P.R. n. 547 del 1955 e dal D.Lgs. n. 626 del 1994, formalmente abrogati - impone al datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alla normativa vigente, idonee ai fini della salute e della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere e, con riguardo specifico ai mezzi di sollevamento e trasporto, sancisce che gli stessi devono essere scelti in modo da risultare appropriati alla natura, alla forma e al volume dei carichi, nonché alle condizioni di impiego, e gli accessori di sollevamento devono essere scelti in funzione dei carichi da movimentare.

E', pertanto, indubbio che nel caso di specie il datore di lavoro - da identificarsi in R.M.A. per tutte le ragioni già esposte - ha violato i doveri impostigli dalla normativa vigente, oltre che dalla norma generale di cui all'art. 2087 cod. civ. richiamata dalla Pubblica Accusa e oggetto di specifica contestazione, omettendo di fornire agli operai e, in particolare, a B.F. un'attrezzatura adeguata al lavoro di movimentazione di carichi pesanti e ingombranti, che consentisse di eseguire l'operazione in modo sicuro per la salute del lavoratore.

Lo stesso deve, pertanto, essere dichiarato colpevole del reato ascrittogli, condividendosi le richieste della Pubblica Accusa, anche in punto di pena.

Osserva, infatti, il Tribunale che la persona offesa è stata risarcita del danno prima dell'inizio del dibattimento, tant'è che ha ritirato la costituzione di parte civile: in ragione di ciò, può essere concessa la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p.

Possono essere concesse all'imputato le circostanze attenuanti generiche, in considerazione delle sue condizioni di vita (lo stesso è un giovane imprenditore ed appare socialmente inserito), del suo comportamento processuale (ha costantemente partecipato alle udienze ed ha fornito il proprio contributo alla ricostruzione dei fatti, sottoponendosi all'esame), della condotta successiva al fatto (ha ottemperato alle prescrizioni dell'ASL) e dell'assenza di precedenti penali e di polizia, anche al fine di applicare una pena adeguata al caso concreto.

Le predette circostanze attenuanti devono ritenersi equivalenti alle contestate aggravanti della gravità delle lesioni, in relazione alla durata della malattia e alla presenza di postumi invalidanti, e dell'aver commesso il fatto con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Letti gli artt. 133 e ss. c.p., tenuto conto da un lato della gravità del fatto e dall'altro della personalità del reo e dell'intervenuto ristoro alla persona offesa, si reputa congrua nel caso di specie la pena di Euro 300,00 di multa.

All'affermazione di colpevolezza consegue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara R.M.A. colpevole del reato ascrittogli e, concesse le circostanze di cui agli artt. 62 n. 6 c.p. e 62 bis c.p., ritenute equivalenti alle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Motivazione riservata in 90 giorni.