Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 22 maggio 2003
Commissione delle Comunità europee contro Regno dei Paesi Bassi
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 89/391/CEE - Misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - Art.7, n.3
Causa C-441/01

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Nella causa C-441/01,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. H. van Vliet e H. Kreppel, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda diretta a far dichiarare che, autorizzando il datore di lavoro a scegliere liberamente di far ricorso a servizi sanitari e di sicurezza interni o esterni, il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del Trattato CE e dell'art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1).

 


LA CORTE (Quinta Sezione),
composta dai sigg. C.W.A. Timmermans, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, A. La Pergola, P. Jann, S. von Bahr e A. Rosas (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale
vista la relazione d'udienza,
sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 28 novembre 2002, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dal sig. H. van Vliet e il Regno dei Paesi Bassi dal sig. N.A.J. Bel, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale all'udienza del 16 gennaio 2003,
ha pronunciato la seguente

 


Sentenza

 


Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 15 novembre 2001, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che, avendo autorizzato il datore di lavoro a scegliere liberamente di fare ricorso a servizi sanitari e di sicurezza interni o esterni, il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del Trattato CE e dell'art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).


Sfondo normativo
Normativa comunitaria

2 L'undicesimo e il dodicesimo considerando della direttiva sono formulati nei seguenti termini:
«considerando che, per garantire un miglior livello di protezione, è necessario che i lavoratori e/o i loro rappresentanti siano informati circa i rischi per la sicurezza e la salute e circa le misure occorrenti per ridurre o sopprimere questi rischi; che è inoltre indispensabile che essi siano in grado di contribuire, con una partecipazione equilibrata, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, all'adozione delle necessarie misure di protezione;

considerando che è necessario sviluppare l'informazione, il dialogo e la partecipazione equilibrata in materia di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro tra i datori di lavoro ed i lavoratori e/o loro rappresentanti grazie a procedure e strumenti adeguati, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali»
3 L'art. 7 della direttiva, intitolato «Servizi di protezione e prevenzione», dispone:
«1. Fatti salvi gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, il datore di lavoro designa uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e delle attività di prevenzione dei rischi professionali nell'impresa e/o nello stabilimento.
2. I lavoratori designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di protezione e delle proprie attività di prevenzione dei rischi professionali.
I lavoratori designati, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla presente direttiva, devono poter disporre di tempo adeguato.
3. Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento.
4. Nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso a dette competenze, le persone o i servizi interessati devono essere informati dal datore di lavoro circa i fattori che si sa o si suppone abbiano effetti sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e devono avere accesso alle informazioni di cui all'articolo 10, paragrafo 2.
5. In ogni caso:
- i lavoratori designati devono possedere le capacità necessarie e disporre dei mezzi richiesti,
- le persone o servizi esterni consultati devono possedere le attitudini necessarie e disporre dei mezzi personali e professionali richiesti, e
- il numero dei lavoratori designati e delle persone o servizi esterni consultati deve essere sufficiente,
per assumere le attività di protezione e prevenzione, tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e/o dello stabilimento e/o dei rischi a cui i lavoratori sono esposti, nonché della ripartizione dei rischi nell'insieme dell'impresa e/o dello stabilimento.
6. Alla protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute, oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all'impresa e/o allo stabilimento.
Se necessario, il(i) lavoratore(i) e/o il(i) servizio(i) debbono collaborare.
7. Gli Stati membri possono definire, tenuto conto della natura delle attività e delle dimensioni dell'impresa, le categorie di imprese in cui il datore di lavoro, a patto che abbia le capacità necessarie, può assumere personalmente il compito di cui al paragrafo 1.
8. Gli Stati membri definiscono le capacità e le attitudini necessarie di cui al paragrafo 5.
Essi possono definire il numero sufficiente di cui al paragrafo 5».
4 L'art. 11, n. 2, della direttiva prevede:
«I lavoratori o i rappresentanti dei lavoratori i quali hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori partecipano in modo equilibrato, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, o sono consultati preventivamente e tempestivamente dal datore di lavoro:
(...)
b) sulla designazione dei lavoratori di cui all'articolo 7, paragrafo 1, e all'articolo 8, paragrafo 2 e sulle attività previste all'articolo 7, paragrafo 1;
(...)
d) sull'eventuale ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento, previsto all'articolo 7, paragrafo 3;
(...)».

 

La normativa nazionale

5 L'art. 17 della Nederlandse Arbeidsomstandighedenwet (legge olandese relativa alle condizioni di lavoro), modificata dalla legge 22 dicembre 1993 (Staatsblad 1993, n. 757) e dalla legge 9 giugno 1994 (Staatsblad 1994, n. 441; in prosieguo: l'«arbowet»), è così formulato:


«Obbligo generale
Articolo 17

1. Il datore di lavoro, relativamente agli obblighi ad esso derivanti dalla presente legge, deve farsi assistere:
a) da uno o più lavoratori esperti, organizzati o non organizzati come servizio;
b) da uno o più altri esperti:
c) da uno o più servizi composti da altri esperti, o
d) da una combinazione di lavoratori esperti, di altri esperti, o di servizi ai sensi delle lett. a), b) e c).

2. Il datore di lavoro prende i provvedimenti e dirige le attività in modo tale che i compiti dei lavoratori esperti, degli altri esperti o servizi considerati al n. 1 siano mutualmente coerenti.
3. Il datore di lavoro consulta preliminarmente il consiglio di fabbrica o, in mancanza, i lavoratori interessati su ogni decisione che esso intende adottare in applicazione del n. 1».
6 Dopo la chiusura del procedimento precontenzioso sono intervenute modifiche a tale normativa. Una nuova legge relativa alle condizioni di lavoro è stata adottata nel 1998 (Staatsblad 1999, n. 184) e modificata il 29 dicembre 2000 (Staatsblad 2000, n. 595). L'art. 14 di tale legge sostituisce l'art. 17 della legge precedente, ma è pacifico che ciò non modifica l'oggetto della controversia poiché tale art. 14 applica gli stessi principi per quanto riguarda il ricorso a servizi interni o esterni competenti in materia di condizioni di lavoro.
Il procedimento precontenzioso
7 Poiché tale procedimento non forma oggetto di controversia, occorre unicamente ricordare le principali fasi dello stesso.
8 Con lettera 21 febbraio 1994, le autorità olandesi hanno comunicato alla Commissione i provvedimenti legislativi che trasponevano la direttiva nell'ordinamento olandese, provvedimenti tra i quali figurava in particolare l'arbowet.
9 L'11 luglio 1997, la Commissione ha inviato al Regno dei Paesi Bassi una lettera di diffida alla quale le autorità olandesi hanno risposto con lettera 21 novembre 1997.
10 Il 30 dicembre 1998 la Commissione ha emanato un parere motivato a cui le autorità olandesi hanno risposto con lettera 29 marzo 1999.
11 Non essendo soddisfatta della risposta delle dette autorità al parere motivato, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
12 La Commissione sostiene che il Regno dei Paesi Bassi non ha correttamente trasposto l'art. 7, n. 3, della direttiva. A suo parere, l'art. 17, n. 1, dell'arbowet non implica una gerarchia tra le diverse opzioni da esso elencate alle lett. a)-d). Il datore di lavoro disporrebbe così di un'ampia libertà di scelta tra organizzazione interna e organizzazione esterna delle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi, mentre la direttiva non gli lascerebbe una scelta del genere, ma gerarchizzerebbe le due soluzioni in relazione ad un criterio obiettivo, e cioè la presenza o l'assenza nell'impresa e/o nella stabilimento di personale in possesso delle competenze appropriate per prendere a carico tali attività.
13 Il governo dei Paesi Bassi contesta l'interpretazione della direttiva sostenuta dalla Commissione. Esso presenta argomenti tratti dalla formulazione dell'art. 7, n. 3, della direttiva, dall'economia di tale articolo, nonché dall'obiettivo, dal carattere di armonizzazione minima e dall'effetto utile della direttiva. Occorre esaminare nell'ordine questi diversi argomenti.

Sulla formulazione dell'art. 7, n. 3, della direttiva
Argomenti delle parti

14 Innanzi tutto, il governo dei Paesi Bassi fa valere che la formulazione dell'art. 7, n. 3, della direttiva è troppo vaga per servire come criterio al fine di valutare la possibilità del ricorso a servizi esterni. Esso prevederebbe soltanto che, se l'impresa non dispone dei mezzi appropriati, il datore di lavoro deve fare ricorso ad esperti esterni. I termini di tale disposizione permetterebbero un'interpretazione ampia ed aperta.
15 Poi, per quanto riguarda la trasposizione di una direttiva, il governo dei Paesi Bassi ricorda che la forma e i mezzi dell'attuazione di quest'ultima sono lasciati alla scelta degli Stati membri e che l'obbligo di questi ultimi è quello di garantire l'effetto utile della direttiva, al che la normativa olandese provvede.
16 Il detto governo sottolinea che è comunque il datore di lavoro che valuta se le competenze nell'impresa sono insufficienti e, pertanto, se debba essere fatto ricorso a competenze esterne all'impresa stessa. Esso potrebbe creare direttamente le condizioni richieste per instaurare un servizio interno o non farlo.
17 Infine, il governo dei Paesi Bassi evidenzia le conseguenze negative che potrebbe avere per le imprese un'interpretazione dell'art. 7, n. 3, della direttiva come quella sostenuta dalla Commissione. Così, un imprenditore che disponga del personale adeguato non potrebbe mai ricorrere ad un servizio esterno, a meno che esso non licenzi tale personale. Allo stesso modo, ove assuma personale che possa farsi carico di tali compiti, mentre essi sono esercitati in tale preciso momento da un servizio esterno, esso dovrebbe modificare il contratto concluso con quest'ultimo o porvi fine.
18 La Commissione rileva che il n. 3 dell'art. 7 della direttiva fa seguito a due paragrafi che prevedono chiaramente la partecipazione dei lavoratori dell'impresa alle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi. Tale disposizione non lascerebbe la scelta al datore di lavoro. Sostenere un'interpretazione contraria priverebbe di ogni effetto utile l'inciso «[s]e le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti».
19 Essa sostiene che, se uno Stato membro non deve trasporre testualmente una direttiva nell'ordinamento interno, esso deve invece garantirne la piena applicazione in maniera sufficientemente chiara e precisa. Se la direttiva fosse correttamente trasposta, la gerarchia reale instaurata dal suo art. 7, n. 3, sarebbe applicabile anche ai Paesi Bassi. Analogamente, non spetterebbe solo al datore di lavoro determinare se le competenze nell'impresa sono o non sono sufficienti, ma le decisioni del datore di lavoro potrebbero formare oggetto di un controllo da parte delle autorità nazionali.
Giudizio della Corte
20 Con il suo n. 1, l'art. 7 della direttiva impone al datore di lavoro un obbligo principale, che è quello di designare uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi. Con il suo n. 3, esso prevede l'obbligo di fare ricorso a competenze esterne all'impresa. Tale obbligo è tuttavia solo subordinato rispetto a quello espresso al detto art. 7, n. 1, in quanto esso esiste solo «[s]e le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione».
21 Questo art. 7 comporta quindi una gerarchia degli obblighi che sono imposti ai datori di lavoro.
22 Questa interpretazione è confortata dalla lettera stessa dell'art. 11, n. 2, della direttiva, disposizione che fa riferimento, alla lett. b), alla designazione dei lavoratori di cui al detto art. 7, n. 1, della stessa direttiva e, alla lett. d), al ricorso, previsto all'art. 7, n. 3, a competenze esterne all'impresa aggiungendo, solo per quest'ultimo riferimento, la menzione «eventuale».
23 Al fine di garantire la piena applicazione della direttiva in maniera chiara e precisa, la sua trasposizione nell'ordinamento nazionale olandese doveva rispecchiare la gerarchia definita all'art. 7 della direttiva.
24 Non risulta fondato il timore di una valutazione puramente soggettiva, da parte del datore di lavoro, del verificarsi della condizione di cui al n. 3 della detta norma. Infatti, l'art. 7, n. 8, della direttiva impone agli Stati membri di definire le capacità e le attitudini necessarie in capo ai lavoratori e tali Stati possono definire altri criteri obiettivi destinati a guidare i datori di lavoro nella loro valutazione delle competenze esistenti nella loro impresa.
25 Quanto alle conseguenze negative descritte dal governo dei Paesi Bassi e indicate al punto 17 della presente sentenza, occorre rilevare che esse non possono essere così gravi come esso fa capire. Conformemente all'art. 7, n. 2, della direttiva, i lavoratori designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi. Per quanto riguarda i servizi esterni ai quali abbia fatto ricorso un datore di lavoro, essi sono indubbiamente protetti contro le risoluzioni in tronco di contratti. Comunque, occorre evidentemente ritenere che, nella loro qualità di servizi specializzati, essi siano a conoscenza della normativa comunitaria e possano prendere le misure necessarie per adeguarvisi.
26 Ne consegue che l'argomento del governo dei Paesi Bassi relativo alla lettera dell'art. 7, n. 3, della direttiva non è fondato.


Sull'economia dell'art. 7 della direttiva
Argomenti delle parti

27 Il governo dei Paesi Bassi sostiene che l'art. 7, n. 3, della direttiva non dev'essere letto isolatamente, ma dev'essere interpretato in relazione alle altre disposizioni dello stesso articolo.
28 Esso contesta l'interpretazione dell'art. 7, n. 4, della direttiva secondo la quale tale disposizione dimostrerebbe la preferenza del legislatore comunitario per i servizi interni dell'impresa. Esso ricorda altresì che il n. 6 di tale norma non fa menzione di un ordine o di una gerarchia qualsiasi.
29 La Commissione rileva che l'art. 7, n. 6, della direttiva non pregiudica assolutamente la gerarchia instaurata dai nn. 1-3 dello stesso articolo.
Giudizio della Corte
30 L'esame della struttura dell'art. 7 della direttiva e dell'ordine dei suoi diversi paragrafi non consente una conclusione diversa da quella tratta dall'esame della lettera del suo n. 3. In particolare, i nn. 4 e 6 del detto articolo non rimettono assolutamente in discussione la gerarchia definita ai nn. 1 e 3 di tale norma.
31 Ne consegue che l'argomento del governo dei Paesi Bassi tratto dall'economia dell'art. 7, n. 3, della direttiva non è fondato.


Sull'obiettivo della direttiva
Argomenti delle parti

32 Il governo dei Paesi Bassi nega che l'obiettivo della direttiva sia quello di ottenere la massima partecipazione dei lavoratori alle attività di protezione e prevenzione nei confronti dei rischi professionali. Un obiettivo del genere con risulterebbe dalla formulazione dell'art. 1 della direttiva né dai considerando di quest'ultima, e neppure dal commento della proposta di direttiva iniziale o dalla struttura della direttiva.
33 Secondo il governo dei Paesi Bassi, la direttiva è diretta a garantire che le condizioni di lavoro e i rischi professionali in seno all'impresa formino oggetto di un'attenzione sistematica e preventiva. Esso menziona al riguardo l'art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva. Il modo di organizzazione delle attività di protezione e di prevenzione non costituirebbe uno scopo in sé, ma solamente un mezzo per raggiungere questo scopo.
34 Il governo dei Paesi Bassi rileva ancora che, se l'obiettivo della direttiva fosse quello asserito dalla Commissione, il legislatore comunitario avrebbe frenato il ricorso agli esperti esterni, ad esempio imponendo un minimo di attività di protezione o di prevenzione da organizzare in seno all'impresa o rivelandosi più esigente sulle competenze e sulle attitudini di tali esperti, al fine di evitare che il datore di lavoro faccia troppo presto ricorso ai loro servizi.
35 In ogni caso, la legge olandese non trascurerebbe affatto la partecipazione dei lavoratori, resa obbligatoria in forza degli artt. 10 e 11 della direttiva.
36 La Commissione non contesta che l'obiettivo della direttiva sia quello di migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. Essa rileva tuttavia che diversi considerando di tale direttiva menzionano la volontà del legislatore comunitario di veder sorgere una «partecipazione equilibrata» dei lavoratori volta a conseguire tale obiettivo.
37 Sarebbe d'altro canto falso affermare che, se l'interpretazione della Commissione fosse esatta, il legislatore comunitario avrebbe imposto un minimo di attività di protezione e di prevenzione da organizzare in seno all'impresa. Secondo la Commissione, la direttiva parte dal principio secondo cui ciascuna delle imprese considerate è in grado di organizzare un minimo siffatto.


Giudizio della Corte
38 Come risulta dal titolo stesso della direttiva, quest'ultima mira all'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Contrariamente a quanto lascia intendere il governo dei Paesi Bassi, la direttiva non ha soltanto come obiettivo il miglioramento della protezione dei lavoratori contro gli infortuni sul lavoro e della prevenzione dei rischi professionali, ma essa mira anche ad attuare misure specifiche di organizzazione di tale protezione e di tale prevenzione. Essa precisa così taluni mezzi considerati dal legislatore comunitario in grado di conseguire lo scopo fissato.
39 L'undicesimo e il dodicesimo considerando della direttiva attestano che quest'ultima comprende tra i propri obiettivi un dialogo e una partecipazione equilibrata dei datori di lavoro e dei lavoratori ai fini dell'adozione delle misure necessarie alla protezione di questi ultimi contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
40 La scelta, operata all'art. 7 della direttiva, di privilegiare, qualora le competenze interne dell'impresa lo consentano, la partecipazione dei lavoratori alle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi anziché far ricorso a competenze esterne è una misura di organizzazione conforme a tale obiettivo di partecipazione dei lavoratori alla loro propria sicurezza.
41 Ne consegue che l'argomento del governo dei Paesi Bassi relativo all'obiettivo della direttiva non è fondato.

Sul carattere di misura di armonizzazione minima della direttiva
Argomenti delle parti

42 Il governo dei Paesi Bassi sostiene che la direttiva realizza solo un'armonizzazione minima. Esso ricorda a questo proposito che essa è stata adottata sul fondamento dell'art. 118 A del Trattato CEE, divenuto art. 138 CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE), che è una base di armonizzazione minima, e che il suo art. 1, n. 3, prevede che essa non pregiudica le disposizioni più favorevoli alla protezione dei lavoratori. A suo parere, gli Stati membri potevano quindi adottare disposizioni nazionali più rigorose ai fini della protezione dei lavoratori.
43 Il governo dei Paesi Bassi ritiene al riguardo che, su taluni punti, l'arbowet offra una protezione maggiore rispetto alla direttiva, in particolare istituendo un sistema di servizi di grande qualità sull'insieme del territorio, con compiti di prevenzione rafforzati rispetto agli obblighi della direttiva. Questo sarebbe il senso in cui occorrerebbe interpretare l'art. 7, n. 3, di quest'ultima. La protezione rafforzata che il Regno dei Paesi Bassi sarebbe autorizzato ad offrire in forza della direttiva comporta che il datore di lavoro deve poter scegliere liberamente il servizio che, nel suo caso, gli garantirà tale elevato livello di protezione. Ogni interpretazione della detta disposizione che dia legalmente la preferenza ad un'organizzazione interna delle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi potrebbe arrecare pregiudizio all'art. 1, n. 3, della direttiva.
44 La Commissione contesta la tesi secondo la quale la sicurezza dei lavoratori sarebbe meglio garantita dal ricorso a competenze esterne. Essa cita una relazione effettuata su sua richiesta da un ufficio studi, da cui risulterebbe che il ricorso ad esperti esterni con contribuirebbe necessariamente a migliorare la sicurezza del lavoro, e mette in rilievo l'esempio di una società che offre su Internet una valutazione dei rischi senza che venga effettuata una visita dell'impresa.
Giudizio della Corte
45 Come ricorda il governo dei Paesi Bassi, risulta dall'art. 1, n. 3, della direttiva che quest'ultima non pregiudica le disposizioni nazionali e comunitarie, esistenti o future, che sono più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori sul lavoro.
46 Tuttavia, come rileva l'avvocato generale al punto 24 delle sue conclusioni, nel caso di specie non si tratta di stabilire se la normativa olandese garantisca ai lavoratori una protezione superiore a quella offerta dalla direttiva, ma piuttosto di verificare se tale legge non sia in contrasto con le disposizioni di tale direttiva, ivi compresa la priorità istituita tra le due possibilità previste all'art. 7 di quest'ultima.
47 Ne consegue che l'argomento del governo dei Paesi Bassi relativo al carattere di misura di armonizzazione minima della direttiva non è fondato.


Sull'effetto utile della direttiva
Argomenti delle parti

48 Il governo dei Paesi Bassi ritiene di aver assicurato l'effetto utile della direttiva. A suo parere, la legge olandese offrirebbe elementi sufficienti per conseguire lo scopo della direttiva, il quale tende a garantire una politica di salute e di sicurezza preventiva e sistematica in seno all'impresa, fondata su attitudini e competenze sufficienti.
49 Esso fa valere, in primo luogo, che le persone incaricate delle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi devono soddisfare importanti esigenze di qualità. Sarebbero quindi la natura e le dimensioni dell'impresa a determinare se all'interno di questa esistano le risorse necessarie o se occorra fare ricorso a servizi esterni, che presentano spesso il vantaggio di poter dimostrare un'obiettività maggiore rispetto agli esperti interni.
50 Esso sottolinea, in secondo luogo, che la normativa olandese prevede diverse misure dirette ad assicurare la partecipazione dei lavoratori alla politica condotta in materia di condizioni di lavoro (informazione del consiglio di fabbrica, consultazioni, relazione annuale sulle misure di protezione adottate ecc.). Esso sottolinea in particolare che, in applicazione della legge sui consigli di fabbrica, le decisioni del datore di lavoro in materia di organizzazione delle dette attività di protezione e di prevenzione sono soggette al consenso dei rappresentanti dei lavoratori.
51 Il governo dei Paesi Bassi si dichiara convinto che un sistema flessibile, esigente sul piano della competenza e che riconosca diritti importanti ai rappresentanti dei lavoratori, sia il miglior garante del rispetto degli obiettivi della direttiva.
52 La Commissione considera che l'effetto utile della direttiva può essere garantito solo favorendo l'organizzazione in seno all'impresa delle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi. Innanzi tutto, i lavoratori dipendenti sarebbero più motivati degli esperti esterni al fine di garantire un buon livello di protezione per loro stessi e per i loro colleghi. Inoltre, essi sarebbero i più informati dei rischi a cui sono esposti. Infine, il fatto di essere conosciuti dagli altri lavoratori e di non poter subire alcun pregiudizio a causa delle loro attività consente loro di esprimersi a nome degli altri lavoratori e di fare domande al datore di lavoro in materia di sicurezza.

Giudizio della Corte

53 Da una parte, occorre ricordare che l'art. 7, nn. 1 e 3, della direttiva stabilisce chiaramente un ordine di priorità per quanto riguarda l'organizzazione delle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi in seno all'impresa. Solo quando le competenze nell'impresa sono insufficienti il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze esterne a quest'ultima.
54 D'altro canto, come è stato precisato ai punti 38 e 39 della presente sentenza, la direttiva ha l'obiettivo di favorire la partecipazione equilibrata dei datori di lavoro e dei lavoratori alle attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi. Proprio quindi privilegiando l'organizzazione di tali attività in seno all'impresa l'effetto utile della direttiva può essere garantito il più possibile.
55 Alla luce di queste considerazioni, lasciare al datore di lavoro la scelta tra l'organizzazione di tali attività in seno all'impresa o il ricorso a competenze esterne a quest'ultima non contribuisce ad assicurare l'effetto utile della direttiva, ma costituisce un inadempimento dell'obbligo di assicurare la piena applicazione di tale direttiva.
56 Ne consegue che l'argomento del governo dei Paesi Bassi tratto dall'effetto utile della direttiva non è fondato.
57 Di conseguenza, si deve constatare che, non avendo recepito, nella sua normativa nazionale, il carattere subordinato del ricorso alle competenze esterne ad un'impresa al fine di garantire le attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi nell'impresa stessa, il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del Trattato CE e dell'art. 7, n. 3, della direttiva.

Decisione relativa alle spese
Sulle spese

58 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno dei Paesi Bassi, rimasto soccombente, dev'essere condannato alle spese.


Dispositivo

Per questi motivi,
LA CORTE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Non avendo recepito, nella sua normativa nazionale, il carattere subordinato del ricorso alle competenze esterne ad un'impresa al fine di garantire le attività di protezione contro i rischi professionali e di prevenzione degli stessi nell'impresa medesima, il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del Trattato CE e dell'art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
2) Il Regno dei Paesi Bassi è condannato alle spese.


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