Cassazione civile, Sez. Lav., 02 gennaio 2002, n. 5 - Una condizione lavorativa stressante (nella specie per sottorganico) può costituire fonte di responsabilità per il datore di lavoro


 

 

Non è sufficiente il semplice concorso di colpa del lavoratore per interrompere il nesso causale, sicché l'imprenditore è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'esorbitanza, atipicità ed eccezionalità rispetto alle condizioni di lavoro; occorre una condotta dolosa del lavoratore, ovvero la presenza di un rischio elettivo generato da una attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro o esorbitante dai limiti. di esso. Pertanto anche una condizione lavorativa stressante (nella specie per sottorganico) può costituire fonte di responsabilità per il datore di lavoro.
Analogamente non si può escludere a priori che vi sia un nesso causale, per un lavoratore obbligato o autorizzato all'uso di autoveicolo nell'espletamento delle proprie mansioni in situazione di trasferta, tra le condizioni di stress e l'incidente stradale, senza prima consentire la prova richiesta (ed ovviamente la controprova ritualmente richiesta) di tutte le circostanze del caso.




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo MILEO -Presidente-
Dott. Bruno D'ANGELO -Consigliere-
Dott. Mario PUTATURO DONATI VISCIDO -Consigliere-
Dott. Natale CAPITANIO -Consigliere-
Dott. Aldo DE MATTEIS -Rel. Consigliere-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA


sul ricorso proposto da:
P. ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA P.LE CLODIO 32, presso lo studio dell'avvocato SGOTTO CIABATTINI LIDIA, che lo rappresenta e difende, giusta procura in atti;

-ricorrente-
contro BNA SPA - BANCA NAZIONALE DELL'AGRICOLTURA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA C.SO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell'avvocato RENATO SCOGNAMIGLIO, che lo rappresenta e lo difende giusta delega in atti;
-controricorrente-
nonché contro SAI SPA - SOCIETÀ ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.p.A., i in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ZANARDELLI 23, presso lo studio dell'avvocato ITALO TURRIO BALDASSARRI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 21494-98 del Tribunale di ROMA, depositata il 07-12-98 R.G.N. 36686-96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25-10-01 dal Consigliere Dott. Aldo DE MATTEIS;
udito l'Avvocato CIABATTINI;
udito l'Avvocato SCOGNAMIGLIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

 

Il Pretore di Roma ha respinto la domanda del dr. Roberto P. volta ad ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento di Lire un miliardo, a titolo di risarcimento dei danni subiti nell'incidente automobilistico causato dallo stress lavorativo.
Il Tribunale di Roma con sentenza 27 maggio - 7 dicembre 1998 n.  21494, ha respinto l' appello principale del P. e l'appello incidentale con cui il datore di lavoro chiedeva la restituzione della retribuzione pagata durante la malattia conseguente all'infortunio.
A fondamento della decisione il Tribunale ha posto il principio di diritto secondo cui una condotta umana (nella specie del datore di lavoro, per asserita violazione dell'art. 2087 cod. civ.) può essere ritenuta causa di un determinato evento solo quando questo appaia come conseguenza normale dell'antecedente, nel senso che tra questo e l'effetto consequenziale deve esistere un rapporto di sequenza costante, secondo un calcolo di regolarità statistica, si da potersi ritenere che il pregiudizio rientri nelle normali conseguenze dell'illecito, secondo il criterio della c.d. regolarità causale;
viceversa, deve escludersi il nesso eziologico tra il comportamento umano e l'evento ove le conseguenze verificatesi siano eccezionali alla stregua di un giudizio di probabilità ex ante, quale un incidente stradale rispetto alle condizioni lavorative stressanti.
Sulla base di tale principio, il Tribunale ha ritenuto irrilevanti le prove richieste dal P. in primo grado (e quindi corretta la decisione negatoria del Pretore), volte a dimostrare gli orari di lavoro stressanti e la richiesta al datore di lavoro di spostamento di sede, motivata anche con le particolari condizioni familiari (moglie operata di tumore).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il P., con due motivi.
Si sono costituiti con controricorso, resistendo, la intimata Banca Nazionale dell'Agricoltura s.p.a. e la sua assicuratrice SAI, chiamata in causa.

Diritto


Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2110, 2087, 2043, 2697 cod. civ. in relazione agli artt. 112, 113, 115, 116 e 437 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censura la sentenza impugnata nella parte in cui, per erronea interpretazione dell'art. 2087 cod. civ., non ha ammesso le prove ritualmente richieste in primo grado, volte a dimostrare che l'incidente trova causa nello stress derivante dagli orari di lavoro, dalle condizioni di trasferta, e dalle particolari condizioni familiari (moglie operata di tumore), note al datore di lavoro, e per le quali aveva richiesto uno spostamento di sede; nonché per contraddittorietà tra esigenze probatorie e negata ammissione delle stesse.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha respinto le richieste probatorie, volte a provare, secondo la prospettazione del ricorrente, la colpa del datore di lavoro nel disporre condizioni lavorative estremamente stressanti, unitamente a condizioni familiari note al medesimo datore di lavoro, tali da costituire causa dell'infortunio stradale occorso, in quanto ritenute irrilevanti rispetto alla nozione accolta di nesso causale ai sensi dell'art. 2087 c.c., inteso secondo il criterio della c.d. regolarità causale, quale collegamento tra causa ed effetto legati da necessaria regolarità statistica.
Il principio così enunciato nella sentenza impugnata è erroneo, e contrario all'insegnamento di questa Corte.
Nel sistema risarcitorio civilistico un evento dannoso è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della "conditio sine qua non"): ma nel contempo non è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali cosi determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l'evento causante, non appaiano del tutto inverosimili (cosiddetta teoria della causalità adeguata o della regolarità causale, la quale in realtà, oltre che una teoria causale, è anche una teoria dell'imputazione del danno). Più in particolare l'incidenza eziologia delle "cause antecedenti" va valutata, per un verso, nel quadro dei presupposti condizionanti (per cui deve trattarsi di "antecedente necessario" dell'evento dannoso, a questo legato da un rapporto di causazione normale e non straordinario) e, per altro verso, in coordinazione con il principio della "causalità efficiente", che contemperando la regola della "equivalenza causale", espunge appunto le cause antecedenti dalla serie causale (facendole scadere al rango di mere occasioni) in presenza di un fatto sopravvenuto "di per sè idoneo a determinare il determinarsi dell'evento anche senza. quegli antecedenti" (Cass. 10 maggio 2000 n. 5962; Cass. 24 maggio 1968 n. 1599; Cass. 25 luglio 1967 n. 1945).
Venendo alla interpretazione dell'art. 2087 cod. civ., tale norma non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva (Cass. 3 aprile 1999 n. 3234), in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Dato però il carattere contrattuale di tale responsabilità (Cass. 26 ottobre 1995 n. 11120), ai fini del suo accertamento incombe al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare esclusivamente l'esistenza di tale danno, la nocività delle condizioni di lavoro e il nesso causale tra questi due elementi.
Quando il lavoratore abbia provato tali circostanze, grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno ovvero che il danno lamentato dal dipendente non è ricollegabile all'inosservanza di tali obblighi (Cass. 18 febbraio 2000 n. 1886; Cass. 7 novembre 2000 n. 14469, Cass. 3 settembre 1997 n. 8422; Cass. 17 luglio 1995 n. 7768).
In applicazione di tali principi, questa Corte ha ritenuto che il nesso causale rilevante ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., diversamente da come erroneamente opinato dal Tribunale, non è riservato agli eventi che costituiscono conseguenza necessitata della condotta datoriale, secondo un giudizio prognostico ex ante, ma si estende a tutti gli eventi possibili, rispetto ai quali la condotta datoriale si ponga con un nesso di causalità adeguata (la rapina, per stare alla fattispecie esaminata dalla citata sent. 8422/1997, non è una conseguenza necessaria della mancata adozione di misure di sicurezza da parte di una banca, ma semplicemente possibile). Non è sufficiente il semplice concorso di colpa del lavoratore per interrompere il nesso causale, sicché l'imprenditore è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'esorbitanza, atipicità ed eccezionalità rispetto alle condizioni di lavoro (Cass. 17 febbraio 1999 n. 1331); occorre una condotta dolosa del lavoratore, ovvero la presenza di un rischio elettivo generato da una attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro o esorbitante dai limiti. di esso (Cass. 17 novembre 1993 n. 11351). Pertanto anche una condizione lavorativa stressante (nella specie per sottorganico) può costituire fonte di responsabilità per il datore di lavoro (Cass. 1 settembre 1997 n. 8267).
Analogamente non si può escludere a priori che vi sia un nesso causale, per un lavoratore obbligato o autorizzato all'uso di autoveicolo nell'espletamento delle proprie mansioni in situazione di trasferta, tra le condizioni di stress e l'incidente stradale, senza prima consentire la prova richiesta (ed ovviamente la controprova ritualmente richiesta) di tutte le circostanze del caso.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, e gli atti trasmessi alla Corte d'appello di L'Aquila, la quale deciderà la causa attenendosi alla nozione di nesso causale sopra indicata.
Il giudice del rinvio provvederà altresì alle spese del presente giudizio.


P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di L'Aquila.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 25 ottobre 2001