Categoria: Giurisprudenza civile di merito
Visite: 12356

Tribunale di Milano, Sez. Lav., 20 aprile 2012 - Dipendente comunale e discussione con un collega: infortunio sul lavoro


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE LAVORO

 

In composizione monocratica, nella persona del Magistrato:

 

Dott. Marco Lualdi Giudice

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa iscritta al numero 13450 del Ruolo Generale dell'anno 2011 promossa con ricorso depositato in data 21.9.2011 e definita all'esito dell'udienza di discussione in data 20.4.2012 da:

 

Pi.En.

 

domiciliata elettivamente in Milano Corso (...) presso lo studio dell'avv. Be. che lo rappresenta e difende con procura speciale a margine del ricorso;

 

RICORRENTE

 

CONTRO

 

Comune di Milano

 

in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato elettivamente in Milano alla via (...) presso gli uffici dell'Avvocatura Comunale con gli avv.ti Su. che lo rappresenta e difende con procura speciale a margine della comparsa di costituzione;

 

RESISTENTE

 

Oggetto: risarcimento danni da infortunio sul lavoro.

 

 

Fatto

Con ricorso depositato in data 21.9.2011 la sig.ra Pi. ha evocato in giudizio avanti il Tribunale di Milano il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, per vedere accolte le conclusioni sopra integralmente riportate.

 

In particolare la parte ricorrente, già dipendente del Comune a far tempo dal 1988 con qualifica di Istruttore Servizi Amministrativi ed inquadramento alla posizione economica C2, ha chiesto che il Comune convenuto venisse condannato al risarcimento di tutti i danni patrimoniali, morali, biologici ed esistenziali occorsi alla lavoratrice a seguito dell'infortunio verificatosi in data 14.5.2010 presso gli uffici del Comune durante lo svolgimento dell'attività lavorativa.

 

Si costituiva ritualmente in giudizio il Comune resistente opponendosi a tutte le domande formulate e chiedendone il rigetto in quanto infondate in fatto ed in diritto.

 

Esaurita la fase istruttoria il giudice definiva il procedimento all'esito dell'udienza di discussione in data 20.4.2012 con contestuale lettura del dispositivo.

 

 

Diritto

 

 

Il ricorso non è fondato e merita di essere respinto.

 

La ricostruzione dei fatti che hanno condotto all'infortunio in cui è pacificamente rimasta vittima la Pi. non sono oggetto di contestazione tra le parti e devono ritenersi conseguentemente provati.

 

Nella giornata del 14.5.2010 mentre la Pi. era intenta al lavoro, a seguito di una discussione verbale intervenuta con il proprio collega Lu. relativamente allo svolgimento di incombenze lavorative, lo stesso Lu. sfilava un paio di chiavi da una cassaforte che si trovava alle sue spalle gettandole verso la stessa Pi. e colpendola con violenza alla guancia.

 

La ricorrente lamenta il fatto che tale ultimo episodio sarebbe stato la naturale ed inevitabile conseguenza di una serie di comportamenti vessatori ed aggressivi che lo stesso collega Lu. avrebbe posto in essere nei suoi confronti sin dal suo trasferimento presso l'Ufficio Cassa a cui era addetta la ricorrente.

 

Occorre innanzitutto rilevare come oggetto del presente domanda non sia una condotta mobbizzante eventualmente posta in essere dal collega di lavoro Lu.; tale domanda avrebbe, tra l'altro, dovuto condurre ad una articolazione e capitolazione testimoniale ben più circostanziata e precisa da parte della ricorrente in quanto finalizzata espressamente a fornire la prova di tale condotta.

 

I danni oggi lamentati dalla Pi. derivano esclusivamente dall'episodio violento, il lancio della chiave che ha colpito al viso la ricorrente, e non dalla situazione conflittuale pacificamente esistente tra i due colleghi; nessun elemento è stato infatti dedotto in ordine alla insorgenza di danni, anche di natura psicofisica, precedentemente all'episodio del maggio 2010 venendo cosi' a mancare qualunque possibilità di ricondurre tali danni, sotto il profilo causale, a comportamenti precedenti l'episodio di cui è causa.

 

L'oggetto della presente controversia investe pertanto la questione se fosse obbligo da parte dell'azienda assumere eventuali iniziative atte a prevenire l'episodio che poi ha dato causa all'infortunio ed ancora se tale omissione possa eventualmente, sotto il profilo causale, aver reso possibile od anche solo facilitato l'episodio medesimo.

 

Il quadro normativo di riferimento invocato dall'attore dispone infatti che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ( art. 2087 cod. civ.).

 

Egli è altresì tenuto a vigilare affinché le regole che garantiscono la tutela dell'integrità dei lavoratori all'interno dell'azienda vengano in concreto osservate.

 

In linea generale in caso d'infortunio incombe pertanto sul lavoratore l'onere di provare l'esistenza del danno, il carattere nocivo dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale tra l'evento e l'espletamento della prestazione; grava invece sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del fatto o che questo non è, comunque, ricollegabile alla violazione degli obblighi esistenti a suo carico.

 

In buona sostanza l'eventuale responsabilità del Comune potrebbe essere riconosciuta esclusivamente nel caso in cui la reazione violenta del Lu. fosse in qualche modo non solo prevedibile ma anche possibile "corollario" di un comportamento precedente dello stesso Lu. tale da far presagire questo tipo di evoluzione e quindi da imporre allo stesso Comune l'adozione delle eventuali cautele.

 

Se è indubbio come tra i colleghi Lu. e la Pi. i rapporti lavorativi ed interpersonali non fossero particolarmente "amichevoli", circostanza questa peraltro ben frequente in ambienti di lavoro in cui le tensioni personali sono per così dire all'ordine del giorno, nessun elemento è emerso che potesse lasciar presupporre la reazione effettivamente posta in essere dal Lu.

 

Innanzitutto il Lu., nel corso del suo lungo rapporto di lavoro con il Comune di Milano, non risulta essere mai stato oggetto di sanzione per comportamenti violenti od aggressivi.

 

Quanto poi ha i comportamenti "particolari" stigmatizzati dalla difesa della parte ricorrente e che il Lu. sarebbe stato solito tenere durante l'orario di lavoro (dormire in ufficio con la testa sulla scrivania, tenere la radio accesa, lavare continuamente le mani.

 

tenere le immagini di donne nude sullo schermo del computer) appare di tutta evidenza come tali comportamenti, anche ove dimostrati, non avrebbero potuto certamente essere letti come elementi sintomatici di una potenziale reazione violenta ed aggressiva che il Lu. avrebbe potuto porre in essere.

 

Ancora, come espressamente riferito dalla stessa ricorrente, il Lu. era stato trasferito presso lo stesso ufficio della Pi. almeno otto anni prima rispetto all'evento di cui è causa.

 

Ebbene, a fronte di un lasso temporale così significativo la parte ricorrente è stata in grado di effettuare solo generici riferimenti in ordine a condotte persecutorie poste in essere dal Lu. (quali? in più occasioni? con che modalità?) o con riferimento ad episodi assolutamente irrilevanti (rifiuto di utilizzare il computer, reazioni di insofferenza nei suoi confronti, atteggiamenti lascivi) che certamente non potevano lasciar presumere una reazione violenta dello stesso Lu.

 

Il solo dato documentale emerso in sede di istruttoria, risalente peraltro all'anno 2005 (doc. 2 parte ricorrente) è relativo ad un verbale di incontro avente ad oggetto la situazione dell'Ufficio Cassa e Mense in cui si affrontava la situazione problematica di due colleghi tra cui lo stesso Lu.

 

All'esito di tale incontro, a cui presenziava personalmente la stessa Pi., veniva letteralmente verbalizzato "... In merito a episodi già accaduti precedentemente, i presenti propongono varie ipotesi per cercare di superare alcune difficoltà relative al comportamento di tali dipendenti... Si ritiene opportuno affrontare casi con il settore risorse umane... Nel frattempo il direttore ha chiesto agli uffici interessati di segnalare eventuali episodi anomali...".

 

Nel corso dei cinque anni successivi, fino al verificarsi dell'episodio del maggio 2010, ad eccezione delle generiche ed in determinate osservazioni della Pi. effettuate nel ricorso nessuna altra segnalazione formale risulta essere mai pervenuta agli uffici competenti con riferimento alle condotte del Lu.

 

La stessa ricorrente, rappresentante sindacale e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza non ha mai ritenuto opportuno segnalare, con i mezzi e le facoltà che le cariche ricoperte certamente gli consentivano, episodi sintomatici di una situazione di "rischio" imputabile al Lu.

 

Appare ovviamente di tutta evidenza che tale segnalazione avrebbe dovuto comunque avere ad oggetto, ai fini del presente giudizio, non certamente il fatto di svolgere con superficialità il proprio lavoro, il fatto di tenere comportamenti "lascivi" od ancora il fatto di tenere la radio accesa durante il lavoro ma esclusivamente di comportamenti che lasciassero trasparire una potenziale aggressività e violenza del Lu.

 

Solo in tal caso infatti potrebbe affermarsi che l'inerzia del Comune di Milano nell'adottare le necessarie tutele a fronte di tale potenziale "pericolo" costituisca quantomeno una concausa dell'evento lesivo.

 

Quanto poi al comportamento nello specifico tenuto dal Comune di Milano occorre rilevarsi come:

 

- nessuna specifica e formale segnalazione sia mai pervenuta da parte della Pi. o da altri colleghi con riferimento a condotte violente od aggressive manifestate dal Lu.

 

- il precedente alterco verbale tra la P. ed il Lu., verificatosi in data 10.5.2010 e cioè a distanza di pochi giorni dall'episodio di cui è causa, non solo era stato segnalato ai propri superiori dal Lu. e non dalla ricorrente ed aveva indotto il comune ad attivarsi immediatamente per valutare la situazione fissando una riunione per risolvere il dissidio tra i colleghi in data 17.5.2010;

 

- il Comune, al verificarsi dei fatti di cui è causa, attivava immediatamente un procedimento disciplinare nei confronti dello stesso Lu.

 

Nessuna responsabilità può pertanto ritenersi sussistere a carico del Comune in quanto non erano emersi elementi di oggettiva rilevanza da cui desumere la situazione di particolare aggressività "latente" del Lu. neppure nei giorni immediatamente precedenti all'infortunio, giorni in cui non si erano certamente manifestati comportamenti tali da indurre il Comune ad adottare misure immediate a tutela della "sicurezza" dei colleghi di lavoro del Lu., e nessun elemento poteva lasciar ragionevolmente presumere i successivi comportamenti del Lu. stesso.

 

A ciò e da ultimo deve aggiungersi come il comportamento del Lu. che ha dato causa al sinistro, pur se evidentemente sanzionabile anche sotto il profilo penale, non sia stato espressione di una condotta connotata da particolare aggressività e di una "potenzialità lesiva" del soggetto quanto piuttosto da una reazione indubbiamente immotivata e violenta quale il lancio delle chiavi all'indirizzo della collega ma che solo per una serie di circostanze, ed in particolare per il fatto di averla colpita al volto, hanno causato il danno fisico di cui oggi è causa.

 

In particolare non è emerso nel corso del giudizio alcun elemento che consenta di ricondurre ad una omissione di tutele e/o ad una violazione di norme precettive da parte dell'imprenditore la causa dell'infortunio pure pacificamente occorso a Pi., infortunio che pare viceversa imputabile ad un mero caso fortuito ed imprevedibile senza alcuna responsabilità della parte convenuta.

 

La natura del giudizio, il comportamento processuale tenuto dalle parti, la loro diversa posizione economica, le motivazioni sottese alla decisione giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

 

IL TRIBUNALE

 

in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando sulla domanda svolta da Pi. e nel contraddittorio delle parti,

 

Respinge il ricorso.

 

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di causa.

 

Ritenuta la complessità della controversia fissa il termine di giorni 20 per il deposito del sentenza.