Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 08 novembre 2012, n. 43454 - Realizzazione di un impianto di distribuzione del gas metano e incendio mortale: delega di funzioni




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Mar - rel. Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

2) PARTE CIVILE;

avverso la sentenza n. 284/2009 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 08/02/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BAGLIONI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore avv. (Omissis), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

FattoDiritto



1. Il Tribunale di Trieste ha affermato la penale responsabilità dell'imputato in epigrafe di (Omissis) in ordine ai reati di incendio colposo ed omicidio colposo; e li ha altresì condannati al risarcimento del danno nei confronti della parte civile.

2. Ricorre per cassazione il (Omissis) deducendo tre motivi.

2.1 Con il primo motivo si lamenta che erroneamente la Corte d'appello ha condonato la pena in luogo di disporre la sospensione condizionale che costituisce statuizione più favorevole.

2.2 Con il secondo motivo si censura la logicità della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità. Si argomenta che l'imputato, essendo tecnicamente impreparato, aveva conferito delega all'architetto (Omissis) quanto all'esecuzione dei lavori. E' indubbio che l'incendio fu determinato da diversi e gravi errori esecutivi. Tuttavia le pronunzie non spiegano quali addebiti possano essere mossi al ricorrente, alla luce della delega conferita.

2.3 Con il terzo motivo si considera che il ricorrente non era tecnicamente abilitato all'esecuzione dei lavori mentre l'architetto delegato lo era; ed assunse il suo ruolo in piena autonomia. Pertanto, la Corte d'appello ha adottato un criterio di imputazione al titolo di responsabilità oggettiva. Essa ha opinato un inesistente obbligo di controllo, con ciò vanificando gli effetti della delega. Nel caso di specie, peraltro, vi era qualcosa di più di una delega posto che il ricorrente aveva conferito all'incaricato ogni potere organizzativo e di controllo. Conclusivamente si assume che la Corte di merito ha tenuto un approccio ingiustificatamente punitivo, confermato dalla valutazione in ordine all'entità della pena, basata sull'assunta gravità del fatto pur mancanza di rimprovero personale.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1 Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, la vittima (Omissis) decedeva a seguito di lesioni riportate nell'incendio del suo appartamento. Lo stesso incendio era dovuto a diversi errori esecutivi commessi nel corso della realizzazione di un impianto di distribuzione del gas metano all'interno di un edificio. I lavori erano affidati alla ditta del (Omissis) ed eseguiti materialmente dall'operaio (Omissis). Tra l'altro, è emerso che nell'edificio era esistente altro allacciamento preesistente che avrebbe tra l'altro richiesto l'apposizione di un tappo su ciascun terminale. L'esistenza di tale impianto era ben visibile per via di una valvola posta nell'atrio. E' emerso che l'imputato e l'operaio erano privi di qualunque competenza; e che l'architetto (Omissis) aveva cessato di essere presente in cantiere nell'(Omissis), mentre i lavori erano proseguiti fino alla fine di (Omissis). Si configura dunque, secondo la Corte d'appello, palese e gravissima colpa dell'imputato. Costui non poteva ignorare l'assenza del delegato ed avrebbero comunque dovuto vigilare sull'adempimento da parte del delegato stesso dei suoi compiti. Oltre a ciò si conclama la madornale incapacità di cogliere le più elementari regole di sicurezza. Tale argomentato apprezzamento è con tutta evidenza immune da censure logiche e giuridiche. Esso si fonda da un lato sulla macroscopica violazione delle più elementari regole tecniche; e dall'altro sul rilievo che il delegato aveva abbandonato il cantiere ben prima che si verificasse l'incidente, sicchè sul delegante gravava l'obbligo di controllare che l'architetto gestisse effettivamente l'incarico conferitogli, tanto più in una situazione fattuale di modesta portata che avrebbe consentito agevolmente di rendersi conto della situazione critica in atto quanto all'osservanza delle regole dell'arte. L'enunciazione di tale obbligo di vigilanza del delegante costituisce principio di diritto condivisibilmente enunciato ripetutamente da questa Suprema corte. Tale decisivo argomento non è, per giunta, oggetto di alcuna motivata censura da parte del ricorrente.

3.2 Quanto alla sospensione condizionale in luogo del condono, è sufficiente considerare che la questione non era stata dedotta in appello, sicchè si tratta di questione di diritto che non può essere sollevata per la prima volta nel giudizio di legittimità.

Il gravame è quindi inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.

P.Q.M.



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.