Cassazione Penale, 27 novembre 2012, n. 46217 - Morte del conducente di un furgone eccessivamente carico e posizione di una società assicuratrice


 

 


Responsabilità di un datore di lavoro per omicidio colposo commesso in danno di un proprio dipendente con violazione delle norme sulla circolazione stradale e sulla prevenzione infortuni sul lavoro. L'imputazione consiste nell'aver permesso al dipendente di intraprendere il trasporto di carne a bordo di un furgone che portava un carico di kg 2640, eccedente di kg 1230 il peso consentito: in questo modo ha causato, in cooperazione con lo stesso lavoratore che procedeva, alla guida del veicolo, ad una velocità eccessiva, un incidente stradale che ha determinato la morte del conducente. Il sinistro è stato attribuito, in particolare, al distacco del battistrada del pneumatico posteriore destro del furgone, che ha provocato la perdita di controllo del mezzo che, sbandato verso destra, è andato a finire nel canale di scolo adiacente la carreggiata stradale. Il distacco del battistrada, secondo quanto emerso in sede di accertamenti tecnici, è stato causato dall'aumento della temperatura dovuto al sottogonfiaggio, al sovraccarico ed alla velocità del veicolo, indicata in circa 120 km orari.

L'imputato viene condannato in primo grado,  in solido con il responsabile civile "A. s.p.a.", in favore delle costituite parti civili.

Proposta impugnazione avverso detta sentenza dall'imputato, dal responsabile civile "A. s.p.a." e dalle parti civili, la Corte d'Appello di Lecce, confermando i profili di colpa rilevati dal primo giudice nella condotta del datore di lavoro, ha tuttavia rilevato, in relazione alla presenza nel processo del responsabile civile ed alle statuizioni civili adottate nei confronti dello stesso dal primo giudice, che nel caso di specie la "A.", società assicuratrice, non aveva assunto su di sé, con la polizza assicurativa contratta dall'imputato, la responsabilità civile verso terzi ai sensi della legge n. 990/1969, la sola che configura la sussistenza di un vero e proprio diretto obbligo risarcitorio dell'assicuratore verso il danneggiato e che ne consente la citazione a giudizio, da parte di quest'ultimo, per il ristoro dei danni. In realtà, l'imputato, ha sostenuto la corte territoriale, aveva stipulato con detta società assicuratrice solo una "polizza del conducente", che obbligava la stessa società a rivalere l'assicurato dei danni dedotti in contratto e nei limiti della provvisionale, ma che non le faceva assumere la qualità di responsabile civile -per legge- dei danni allo stesso imputabili, e dunque non attribuiva al danneggiato un'azione diretta per il risarcimento del danno né, in conseguenza, un potere di chiamata nel processo penale.

Di qui l'esclusione dal processo del responsabile civile e la revoca delle statuizioni civili adottate nei confronti dello stesso dal primo giudice.

Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione le parti civili - Rigetto.

La Corte di Cassazione osserva che corretta si presenta la decisione della corte territoriale di escludere dal giudizio la compagnia di assicurazione "A. s.p.a.", non avendone riconosciuto la posizione di "responsabile civile" in relazione all'incidente per cui è processo. In realtà, la posizione di "terzo", quale delineata dalla legge sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, non può riconoscersi al conducente di un veicolo responsabile del sinistro; ciò alla luce dello stesso dettato normativo, che esclude che detta posizione possa essergli attribuita. La copertura assicurativa obbligatoria, invero, è prevista solo per i terzi trasportati; qualità che certo non può essere riconosciuta alla vittima, che si trovava alla guida del furgone e la cui condotta di guida è stata riconosciuta come una delle cause del mortale incidente. Né la posizione di "terzo", nel senso inteso dalla richiamata normativa, possono reclamare i familiari del conducente, odierne parti civili, che nessun rapporto diretto hanno avuto con l'incidente, non essendone stati in alcun modo personalmente coinvolti, né con il veicolo incidentato.


 

 

Fatto



-1- Con sentenza del 18 dicembre 2008, il giudice monocratico del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, ha ritenuto P.R. colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale e di quella per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di S.P.. All'affermazione di responsabilità dell'imputato, riconosciuta nella misura del 30%, è seguita la condanna dello stesso, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, alla pena, condizionalmente sospesa, di sei mesi di reclusione, nonché al risarcimento dei danni, nella misura percentuale sopra indicata, in solido con il responsabile civile "A. s.p.a.", in favore delle costituite parti civili, S.M., S.V.I. e S.R., alle quali ha assegnato una provvisionale di 30.000,00 euro ciascuno.

Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, l'imputato, quale titolare della "Società C. Distribuzione Carni s.a.s.", per colpa generica e specifica, consistita quest'ultima nella violazione degli artt. 167 co. 1 e 9 del codice della strada e 4 del d.p.r. n. 547/55 - in particolare, per avere permesso al dipendente S.P. di intraprendere il trasporto di carne a bordo di un furgone che portava un carico di kg 2640, eccedente di kg 1230 il peso consentito - ha causato, in cooperazione con lo stesso S., che procedeva, alla guida del veicolo, ad una velocità eccessiva, un incidente stradale che ha determinato la morte del conducente. Il sinistro è stato attribuito, in particolare, al distacco del battistrada del pneumatico posteriore destro del furgone, che ha provocato la perdita di controllo del mezzo che, sbandato verso destra, è andato a finire nel canale di scolo adiacente la carreggiata stradale. Il distacco del battistrada, secondo quanto emerso in sede di accertamenti tecnici, è stato causato dall'aumento della temperatura dovuto al sottogonfiaggio, al sovraccarico ed alla velocità del veicolo, indicata in circa 120 km orari.

-2- Proposta impugnazione avverso detta sentenza dall'imputato, dal responsabile civile "A. s.p.a." e dalle parti civili, la Corte d'Appello di Lecce, con sentenza del 22 novembre 2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso dal processo il responsabile civile, con revoca di tutte le statuizioni civili previste nei confronti dello stesso dalla sentenza di primo grado, ha rideterminato nella misura del 50% la responsabilità civile dell'imputato, ha aumentato a 50.000,00 euro la somma assegnata a titolo di provvisionale alle parti civili S.M. e S.V.I., ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata.

Il giudice del gravame ha, anzitutto rilevato, in relazione alla presenza nel processo del responsabile civile ed alle statuizioni civili adottate nei confronti dello stesso dal primo giudice, che nel caso di specie la "A." non aveva assunto su di sé, con la polizza assicurativa contratta dal P., la responsabilità civile verso terzi ai sensi della legge n. 990/1969, la sola che configura la sussistenza di un vero e proprio diretto obbligo risarcitorio dell'assicuratore verso il danneggiato e che ne consente la citazione a giudizio, da parte di quest'ultimo, per il ristoro dei danni. In realtà, il P., ha sostenuto la corte territoriale, aveva stipulato con detta società assicuratrice solo una "polizza del conducente", che obbligava la stessa società a rivalere l'assicurato dei danni dedotti in contratto e nei limiti della provvisionale, ma che non le faceva assumere la qualità di responsabile civile -per legge- dei danni allo stesso imputabili, e dunque non attribuiva al danneggiato un'azione diretta per il risarcimento del danno né, in conseguenza, un potere di chiamata nel processo penale.

Di qui l'esclusione dal processo del responsabile civile e la revoca delle statuizioni civili adottate nei confronti dello stesso dal primo giudice.

Respinte, quindi, talune eccezioni processuali proposte dall'imputato, nel merito, ed in punto di responsabilità -sia pure diversamente suddivisa in percentuale tra la persona offesa e l'imputato- la corte territoriale ha confermato i profili di colpa rilevati dal primo giudice nella condotta del P. che, a giudizio della stessa corte, non avrebbe dovuto consentire al S. di porsi alla guida dell'automezzo, di proprietà della s.a.s., con un carico di gran lunga superiore a quello massimo previsto dal costruttore, in una situazione, peraltro, di sottogonfiaggio dei pneumatici, ma avrebbe dovuto accertarsi che il dipendente fosse nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro in condizioni di sicurezza.

Sotto il profilo causale, il giudice del gravame ha rilevato che l'incidente è stato determinato, in primis, dal sottogonfiaggio dei pneumatici, al quale si sono poi aggiunte due ulteriori concause individuate, come già ricordato, nel sovraccarico e nell'eccessiva velocità, entrambi ritenuti dallo stesso giudice eventi non eccezionali, sotto il profilo causale, e dunque non idonei ad interrompere il rapporto di causa tra la condotta dell'imputato e l'evento determinatosi.

-3- Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione le parti civili S.M., S.V.I. e S.R., che deducono:

a) Violazione ed errata applicazione degli artt. 87 cod. pen., 1 e 18 della legge n. 990/1969 in relazione agli artt. 2054 cod. civ. e 185 cod. pen., con riguardo all'esclusione dal processo del responsabile civile.

Si sostiene nel ricorso che la "A." è intervenuta nei processo non in virtù della polizza conducente, bensì per rispondere dei danni derivanti dalla circolazione del veicolo, in applicazione dell'art. 1 della legge n. 990/1969. Detta compagnia è stata quindi chiamata a rispondere dei danni derivanti a terzi dalla circolazione stradale, secondo il disposto dell'art. 2054 cod. civ. Nel caso di specie, le parti civili, terzi estranei alla circolazione stradale, sono quindi legittimate a richiedere all'assicuratore il risarcimento dei danni per il decesso del proprio congiunto;

b) Violazione ed errata applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen., anche in relazione all'art. 2043 cod. civ. e vizio di motivazione sul punto.

Sostengono le PC ricorrenti che il giudice del gravame ha ribadito la responsabilità del P. per il decesso del S., in quanto datore di lavoro dello stesso, e dunque obbligato a garantire la salute e la sicurezza del dipendente, nonché proprietario del veicolo che presentava un'insufficiente pressione dei pneumatici. Ha poi riconosciuto l'esistenza di un contributo causale della vittima, cui ha attribuito un'incidenza pari al 50%, senza tuttavia offrire alcuna giustificazione sulla comparazione dei differenti fattori causali dai quali è stata fatta discendere l'attribuzione di un grado di responsabilità concorrente da parte del defunto.

Concludono le P.C. ricorrenti, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, "l’A. s.p.a." contesta i contenuti e la fondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.

Diritto



Il ricorso è infondato.

-1- Quanto al primo dei motivi proposti, osserva la Corte che corretta si presenta la decisione della corte territoriale di escludere dal giudizio la compagnia di assicurazione "A. s.p.a.", non avendone riconosciuto la posizione di "responsabile civile" in relazione all'incidente per cui è processo.

Invero, secondo quanto emerge dalla lettura della sentenza impugnata, l'imputato, P.R., datore di lavoro di S.P. e proprietario del furgone da questi condotto al momento dell'incidente, ha stipulato con la "A." una "Polizza Infortuni Conducente e Trasportati" -cd. "polizza del conducente"- con riferimento al furgone "Ford Transit" coinvolto nell'incidente; polizza dalla quale derivava l'obbligo per la società assicuratrice di rivalere il contraente dei danni, dedotti in contratto, derivanti da morte o invalidità del conducente dell'automezzo.

Tale pacificamente essendo l'oggetto della polizza in questione, giustamente il giudice del gravame ne ha rilevato la natura non obbligatoria, attribuita dalla legge solo all'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi di cui alla legge n. 990 del 1969, e quindi l'impossibilità di attribuire alla compagnia assicuratrice la qualità di responsabile civile, per legge, dei danni riconducibili alla condotta dell'imputato ed ancora, in conseguenza, di chiamarla in giudizio nel procedimento penale.

Ciò, d'altra parte, alla luce di quanto affermato, con la sentenza n. 75 del 2001, la Corte Costituzionale che - nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che l'imputato possa citare il proprio assicuratore della responsabilità civile non obbligatoria -ha chiaramente sostenuto che, in detto caso, l'assicuratore non è passivamente legittimato rispetto alla richiesta risarcitoria avanzata dal terzo danneggiato e non può essere, quindi, considerato responsabile civile ai sensi dell'art. 185 del codice penale.

Non può, poi, condividersi la tesi delle P.C. ricorrenti, secondo cui dovrebbe riconoscersi la posizione di responsabile civile della "A." essendo stata la stessa chiamata in giudizio, non con riferimento alla "polizza del conducente", bensì alla polizza obbligatoria per la responsabilità civile verso terzi di cui alla citata legge n. 990 del 1969.

In realtà, la posizione di "terzo", quale delineata dalla legge sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, non può riconoscersi al conducente di un veicolo responsabile del sinistro; ciò alla luce dello stesso dettato normativo, che esclude che detta posizione possa essergli attribuita. La copertura assicurativa obbligatoria, invero, è prevista solo per i terzi trasportati; qualità che certo non può essere riconosciuta al S., che si trovava alla guida del furgone e la cui condotta di guida è stata riconosciuta come una delle cause del mortale incidente. Né la posizione di "terzo", nel senso inteso dalla richiamata normativa, possono reclamare i familiari del conducente, odierne parti civili, che nessun rapporto diretto hanno avuto con l'incidente, non essendone stati in alcun modo personalmente coinvolti, né con il veicolo incidentato.

-2- Inammissibile è il secondo motivo di ricorso, concernente la quantificazione, nella misura del 50%, del concorso di colpa.

In proposito, invero, il giudice del gravame ha esposto in termini di piena coerenza logica le ragioni della decisione adottata, a fronte delle quali le P.C. ricorrenti tendono a prospettare argomenti che sostanzialmente tendono ad introdurre nel giudizio di legittimità considerazioni e circostanze di mero fatto, estranee alla decisione impugnata e comunque non deducibili nel giudizio di legittimità.

In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.