Cassazione Penale, Sez. 2, 21 luglio 2010, n. 28699 - D.Lgs. 231/2001: Ente ospedaliero costituito in forma di spa mista e applicabilità della disciplina

 


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente -
Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere -
Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - rel. Consigliere -
Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 


sul ricorso proposto da:
PM presso il Tribunale di Belluno;
nel procedimento a carico di:
Istituto C.P. S.p.A., G. S.p.A., V.A.,  M.M., B.C., C.F. e B.A.;
avverso l'ordinanza del 26.2.10 del Tribunale di Belluno, sezione riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in Camera di consiglio la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Antonio Mura, che ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
udito il difensore dell'Istituto C.P. S.p.A. e della G. S.p.A. - Avv. PANIZ MAURIZIO -, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
ha pronunciato la seguente sentenza.

Fatto


Nell'ambito del procedimento a carico di V.A., M.M., B.C., C.F. e B.A., indagati per il reato di truffa e, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, a carico dell'Istituto C.P. S.p.A. (struttura ospedaliera specializzata) e della G. S.p.A. (partecipante alla prima), con decreto 28.1.10 il GIP del Tribunale di Belluno disponeva il sequestro preventivo di Euro 2.760.006,11 sul bilancio delle predette società.

Camera di consiglio.
Con ordinanza 26.2.10 il Tribunale di Belluno, sezione riesame, annullava la misura cautelare sul presupposto dell'inapplicabilità del cit. D.Lgs. n. 231 del 2001 all'Istituto C.P. S.p.A. in quanto ente pubblico.

Ricorre il PM presso il Tribunale di Belluno contro la summenzionata ordinanza, di cui chiede l'annullamento per aver il Tribunale del riesame trascurato che l'Istituto C.P., pur riconosciuto con D.M. 31 gennaio 1995, come ospedale specializzato interregionale, operava comunque in forma di s.p.a. "mista", in quanto partecipata al 49% da capitale privato (della G. S.p.A.) e per la restante percentuale a capitale pubblico; ciò non poneva l'Istituto C.P. al di fuori dell'ambito di operatività del cit. D.Lgs., prevalendo la natura privatistica delle società miste alla stregua di quanto statuito dalle S.U. civili di questa S.C. con sentenza n. 4989/95.

In contrario - proseguiva il PM ricorrente - non potevano valere gli argomenti spesi dall'impugnato provvedimento sulla natura di interesse pubblico dell'attività sanitaria dell'Istituto C.P. S.p.A. (atteso che essa era esercitata anche in forma puramente privata) e sui controlli svolti dalla Ulss n. (OMISSIS) di Belluno, in realtà mancanti. Nè il perseguimento di uno scopo di lucro era incompatibile con la gestione di servizi pubblici o comunque di interesse pubblicistico, tanto che la stessa Giunta Regionale del Veneto, con Delib. n. 3966 del 2007, aveva invitato le società partecipate dalla Regione ad adottare modelli organizzativi D.Lgs. n. 231 del 1901, ex art. 6.

Infine - a riprova dell'applicabilità di tale normativa anche ad enti muniti di soggettività privata, ma che svolgevano pubblici servizi - doveva considerarsi che la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche era prevista in connessione anche con reati come la concussione, in cui la necessaria qualifica soggettiva del soggetto agente postulava la natura pubblicistica dell'attività espletata.
Nelle more l'Istituto C.P. e la G. hanno depositato memoria con cui hanno chiesto il rigetto dell'impugnazione.

1 - Il ricorso è fondato.
Sono esonerati dall'applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2001 - avente ad oggetto la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica - soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli "altri enti pubblici non economici" (cfr. art. 1 u.c.).
Dunque, il tenore testuale della norma è inequivocabile nel senso che la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente, all'esonero dalla disciplina in discorso, dovendo altresì concorrere la condizione che l'ente medesimo non svolga attività economica.
Nel caso di specie difetta - quanto meno - la prima condizione, vale a dire l'assenza di attività economica, contraddetta dalla veste stessa di società per azioni dell'Istituto C.P.: ogni società, proprio in quanto tale, è costituita pur sempre per l'esercizio di un'attività economica al fine di dividerne gli utili (v. art. 2247 c.c.), a prescindere da quella che sarà - poi - la destinazione degli utili medesimi, se realizzati.
Ciò assorbe ogni altra considerazione sull'effettiva natura delle società "miste", su cui, per altro, le Sezioni Unite civili di questa S.C. si sono pronunciate (cfr. sentenze 26.8.98 n. 8454 e 6.5.95 n. 4989) ravvisando natura privatistica nelle società costituite L. n. 142 del 1990, ex art. 22, per la gestione di servizi pubblici attraverso società partecipate da capitale pubblico.
Nel chiedere il rigetto del ricorso la difesa dell'Istituto C.P. ha insistito, sia nella memoria depositata che nel corso della discussione, sull'inapplicabilità della disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001, in quanto l'istituto medesimo sarebbe qualificabile non solo come ente pubblico, ma come ente chiamato a svolgere funzioni di rilievo costituzionale.
L'assunto, osserva questa Suprema Corte, è manifestamente infondato perchè la ratio dell'esenzione è quella di preservare enti rispetto ai quali le misure cautelari e le sanzioni applicabili ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, sortirebbero l'effetto di sospendere funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali, il che non accade rispetto a mere attività di impresa.
In realtà non può confondersi il valore - pur indubbiamente di spessore costituzionale - della tutela della salute con il rilievo costituzionale dell'ente o della relativa funzione, riservato esclusivamente a soggetti (almeno) menzionati nella Carta costituzionale (e su ciò dottrina costituzionalistica e giurisprudenza sono pacifiche); nè si può qualificare come di rilievo costituzionale la funzione di una s.p.a., che è pur sempre quella di realizzare un utile economico.
D'altro canto, supporre che basti - per l'esonero dal D.Lgs. n. 231 del 2001 - la mera rilevanza costituzionale di uno dei valori più o meno coinvolti nella funzione dell'ente è opzione interpretativa che condurrebbe all'aberrante conclusione di escludere dalla portata applicativa della disciplina un numero pressochè illimitato di enti operanti non solo nel settore sanitario, ma in quello dell'informazione, della sicurezza antinfortunistica e dell'igiene del lavoro, della tutela ambientale e del patrimonio storico e artistico, dell'istruzione, della ricerca scientifica, del risparmio e via enumerando valori (e non "funzioni") di rango costituzionale.


In conclusione, il ricorso merita accoglimento. Deve, dunque, annullarsi l'impugnato provvedimento con rinvio al Tribunale di Belluno per nuovo esame. In quella sede verranno esaminati i profili, rimasti assorbiti nella decisione annullata, relativi alla legittimità del sequestro effettuato nei confronti della G. S.p.A. (di cui si parla nella relativa memoria).

 

P.Q.M.

 

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Belluno per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2010