Responsabilità del datore di lavoro per omessa imposizione della formazione teorica al suo "dipendente esperto" - Responsabilità del rappresentante legale dell'azienda committente per mancata nomina del coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori -  Sussistono

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARINI Lionello - Presidente -
Dott. DE GRAZIA Benito Romano - Consigliere -
Dott. CAMPANATO Graziana - Consigliere -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) S.A., N. IL (OMISSIS);
2) A.G.M., N. IL (OMISSIS);
3) PARTE CIVILE;
avverso SENTENZA del 31/10/2005 CORTE APPELLO di BRESCIA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CAMPANATO GRAZIANA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CIAMPOLI L. che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
Udito, per la parte civile, l'Avv. (Ndr: testo originale non comprensibile) Vanni che ha chiesto il rigetto e l'inammissibilità dei ricorsi e la condanna alla refusione alla parte civile delle spese ed onorari.
Udito il difensore Avv. (omissis) per il ricorrente S.A., che ha chiesto  l'annullamento della sentenza.


F a t t o   e   D i r i t t o

 

Con sentenza in data 28 gennaio 2004 il Tribunale di Brescia, sede distaccata di Salò affermava la responsabilità penale di SE. A., S.A., S.C., SE.AL., A.G., A.R., A.C., AN.RU., C.M., A.G.M. del reato di omicidio colposo in danno del lavoratore C. L.S. che il giorno 1 aprile 1999, presso il cantiere della ditta Colmet S.r.l., stava svolgendo il proprio lavoro di autista- gruista, alle dipendenze della ditta Serena.
Proposto appello, la Corte di Brescia confermava la dichiarazione di responsabilità penale a carico di S.A., A. R. ED A.G.M., con riduzione della pena a mesi sette di reclusione ed assolveva tutti gli altri imputati per non avere commesso il fatto.
Avverso tale decisione, pronunciata il 31.10.05, hanno proposto ricorso per cassazione il S. e l' A..
S. deduce erronea applicazione degli artt. 40, 41 e 589 c.p. e artt. 192 e 546 c.p.p. contestando che la causa dell'evento lesivo sia riconducibile alla mancata frequentazione da parte del C.L.S. di un corso teorico dal momento che si trattava di un autogruista molto esperto, inquadrato nel terzo livello super, con oltre quindici anni di esperienza come gruista, al quale veniva affidato l'addestramento dei neo assunti.
Queste qualità gli era state riconosciute da tutti i protagonisti del processo ed anche dalla corte d'appello, che con motivazione illogica, secondo il ricorrente, da una parte aveva evidenziato la indubbia esperienza pratica della vittima e dall'altro aveva affermato che l'evento era stato causato dalla sua mancanza di nozioni tecniche che il datore di lavoro aveva omesso di fargli acquisire.
Con il terzo motivo lamenta l'erronea applicazione dell'artt. 62 bis e 133 c.p. in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla aggravante contestata ed il difetto di motivazione sullo stesso punto perchè il giudice d'appello non aveva considerato il corretto comportamento processuale di esso imputato ed aveva richiamato l'errore umano compiuto dal C.L.S., precisando in modo contraddittorio che esso, tuttavia, non era attribuibile a colpa specifica della vittima.
A. deduce erronea applicazione di legge essendogli stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, per non avere, in qualità di legale rappresentante della ditta committente, fornito le informazioni necessarie al fine di valutare i rischi derivanti dall'esecuzione delle opere appaltate perchè al contrario il cantiere era stato visitato alcuni giorni prima del sinistro dalla ditta San Michele S.p.a., appaltatrice di lavori, e perchè il cantiere non presentava rischi particolari.
Afferma inoltre che lo scarico dei plinti dal carro gru riguardava attività di competenza dell'appaltatrice, alla quale sola competeva la valutazione dei rischi e la predisposizione di idonee opere preventive.
Deduce inoltre carenza di nesso teleologico tra un'eventuale omissione contestata e l'evento, tutto addebitabile alla ditta San Michele ed alla ditta Serena, la prima per non avere valutato detti rischi, la seconda per non avere effettuato una specifica formazione del C.L.S. in relazione agli stessi, posto che l'incidente mortale era stato determinato dal ribaltamento dell'auto gru per errore del gruista.
Sul punto il ricorrente deduce anche mancanza e manifesta illogicità della motivazione non avendo la corte d'appello esposto il percorso argomentativo in base al quale fondava il nesso causale, nè argomentato in relazione al giudizio controfattuale, omettendo di considerare che esso ricorrente non aveva avuto rapporti diretti contrattuali con le ditte incaricate del trasporto e del posizionamento dei plinti ed erroneamente era stato ritenuto che il cantiere fosse inagibile, mentre poche ore prima del sinistro il C.L.S. vi era entrato ed aveva scaricato dei manufatti.
Con un ulteriore motivo di gravame l' A. contesta anche l'applicazione dell'art. 3, comma 3, lett. E, D e comma 4, nonchè dell'art. 4, comma 1, lett. A in relazione al D.L. n. 494 del 1996, art. 12 con la quale gli era stata addebitata la mancata nomina di un coordinatore, in quanto detta norma cede il passo all'art. 7 stesso decreto per la sua specificità.
Negava, inoltre, che in concreto potesse essere prevista dalla committente ditta Colmet di cui era il rappresentante legale la necessità di un coordinatore, posto che tutto l'intervento relativo alla costruzione del capannone era stato appaltato all'impresa San Michele e che tale nomina avrebbe avuto l'effetto di impedire l'evento, che fu causato, invece, dagli errore della vittima, la quale non si attenne alle disposizioni impartitegli da A. R. e dal geom. V. ed, incurante del fatto che il mezzo aveva già denotato un sollevamento durante le operazioni, continuò ad operare in condizioni limite.
Censura il mancato riferimento all'incidenza di concause ed in via subordinata denuncia l'eccessività della pena, l'erroneo giudizio in ordine al bilanciamento delle circostanze del reato e della differenziazione della pena in rapporto al diverso grado di colpa dei coimputati.
Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Risulta dalla sentenza impugnata che la ditta Colmet S.r.l. di cui l' A. era il legale rappresentante commissionava alla San Michele S.p.a. la realizzazione di un capannone e che l'appaltatrice era tenuta ad effettuare il trasporto in cantiere di plinti prefabbricati, il loro successivo posizionamento ed il montaggio della struttura.
La San Michele a sua volta subappaltò il trasporto e lo scarico degli elementi prefabbricati alla ditta Autotrasporti Serena S.n.c., delegando alla ditta di Fenaroli Mauro S.n.c. il compito di collocare i plinti nelle apposite sedi.
Il cantiere era agibile solo per la parte adiacente l'ingresso a causa della presenza di numerose buche, nelle quali erano stati realizzati i basamenti su cui dovevano essere collocati i plinti.
Durante la mattinata del giorno dell'incidente l'autista aveva posizionato nella parte libera del cantiere alcuni plinti, di cui era riuscito a collocarne tre sui basamenti.
Quando nel pomeriggio giunse altro automezzo della ditta Serena recante altri dieci plinti il C.L.S. doveva prelevarli con la gru del suo veicolo e depositarli come aveva fatto per gli altri già posizionati, ma dovette prelevare i prefabbricati non già dal cantiere, ma da una banchina sterrata larga sei metri che lo costeggiava, accanto un muretto sormontato da una recinzione ove venne posizionato sia il mezzo contenete i plinti, sia l'autogrù.
A causa delle ridotte dimensioni della banchina il C.L.S. poteva aprire solo parzialmente gli stabilizzatori del suo mezzo.
Durante l'operazione di prelievo dei plinti più distanti presenti sul camion, che rese necessaria l'estrazione del braccio per 14 metri, pari a 28,5 quintali, si verificava una rotazione dello stabilizzatore nel suo perno ed un trascinamento, con il ribaltamento del mezzo che andava a schiacciare il C.L.S..
La corte d'appello individua le cause del predetto rovesciamento nello sbilanciamento dovuto al superamento dei limiti di portata in considerazione della sola parziale estrazione degli stabilizzatori.
Nel cantiere non esisteva un piano di sicurezza e coordinamento delle varie attività svolte da più ditte che lavoravano contestualmente, nè era conosciuto il peso dei plinti che non risultava dalla bolla di consegna, per cui gli operatori lavoravano senza i dati tecnici necessari per conservare condizioni di sicurezza.
Pertanto correttamente il giudice d'appello ha dedotto che lo svolgimento di scaricamento dei plinti e del loro posizionamento sui basamenti non avveniva in condizioni di sicurezza e che ad aggravare lo stato delle cose vi era la mancanza di preparazione tecnica del povero gruista, il quale certamente era molto esperto nel suo mestiere e poteva essere stato addetto all'istruzione dei neo assunti, ma non risultava avere quella formazione teorica che gli avrebbe consentito di operare con più sicurezza, secondo calcoli precisi sulla portata e sulle condizioni di equilibrio del mezzo.
Perciò la vittima, costretta dallo spazio insufficiente, non estese completamente gli stabilizzatori dalla parte del carico ed estese invece completamente gli altri che non svolgevano alcuna funzione.
Correttamente la corte attribuisce al datore di lavoro la responsabilità di avere concorso a cagionare l'evento omettendo di imporre al suo dipendente la formazione teorica che gli avrebbe consentito di valutare meglio l'inadeguatezza delle condizioni in cui operava che lo obbligavano da una parte ad una rilevante estensione del braccio con cui sollevava il plinto e a sacrificare invece quella degli stabilizzatori, determinando uno sbilanciamento del mezzo, senza tenere conto che operava alla cieca quanto al peso dei prefabbricati che gli era sconosciuto.
Senza tale dato il gruista non poteva adoperare le tabelle relative alla portata massima in relazione all'estensione del braccio di cui disponeva.
Pertanto vanno ritenuti infondati anche i motivi di doglianza dell' A. che, pur conoscendo la contemporanea presenza di più imprese in cantiere, con un numero consistente di uomini addetti ai lavori, non si preoccupò di nominare un coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori, vista la loro complessità, delicatezza e pericolosità.
L' A. trascurò il problema della sicurezza, lasciando che le singole ditte si organizzassero in proprio, senza tenere conto della necessità di valutare in maniera complessiva il lavoro da svolgere.
La corte esamina anche il dato controfattuale e giunge ad affermare che se il lavoro fosse stato progettato con attenzione e fosse stato coordinato, anzichè lasciato alle determinazione dei singoli operatori, i mezzi sarebbero stati posizionati in modo diverso ed in particolare lo scarico sarebbe avvenuto nelle immediate vicinanze del carro gru e le conoscenze tecniche del progettista e coordinatore avrebbero consentito di non operare in condizioni tanto pericolose e con maggiore professionalità, evitando l'incidente.
Non si ravvisano salti logici o contraddizioni nel ragionamento della corte territoriale che applica correttamente le norme antinfortunistiche e svolge una verifica controfattuale sul nesso di causa che corrobora la valenza delle altre argomentazioni e conferma il giudizio espresso dal primo giudice che a sua volta aveva affermato la sussistenza di più cause che insieme avevano condizionato le modalità operative del C.L.S. e determinato l'evento.
Quanto alla misura della pena ed al giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante contestata, la corte ha diminuito quella stabilita dal primo giudice, tenendo conto dell'errore umano della vittima ed è pervenuto a fissarla in misura prossima al minimo.
Trattandosi di una valutazione di merito, la motivazione è sufficiente ed il riferimento alla carenza di colpa specifica della vittima non è illogica, perchè la corte ha voluto sottolineare il fatto che le carenze teoriche del gruista erano riconducibili alla mancata formazione teorica da parte del datore di lavoro.
Esperienza pratica e carenza di conoscenze teoriche non sono un binomio incompatibile, per cui anche sotto tale profilo le censure dei ricorrenti vanno disattese.
Ne consegue il rigetto di entrambi i ricorsi e la condanna dei ricorrenti, oltre al pagamento delle spese processuali, alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che si è costituita in questo grado del giudizio; spese che vanno liquidate come precisato in dispositivo.



P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel presente grado di giudizio; spese che liquida in complessivi Euro 2.750,00, di cui Euro 2.200,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2007