Cassazione Civile, Sez. Lav., 23 gennaio 2013, n. 1580 - Seconda patologia a distanza di ventuno anni dalla cessazione dell'attività lavorativa e mancanza di nesso causale con l'attività lavorativa stessa


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere

Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA


sul ricorso 23450-2008 proposto da:

(Omissis), (Omissis), quali eredi di (Omissis), elettivamente domiciliati in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio degli avvocati (Omissis), (Omissis), che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 25/09/2007 R.G.N. 1571/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/2012 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

 


Con sentenza del 22 febbraio 2007 pubblicata il 25 settembre 2007 la Corte d'Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 25 giugno 2001, ha condannato l'INAIL a corrispondere a (Omissis) e (Omissis) in qualità di eredi di (Omissis), la rendita da invalidità permanente nella misura del 25%. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia sulla base della consulenza tecnica d'ufficio espletata nel giudizio di appello e che, pur riconoscendo il nesso causale fra la patologia riscontrata a carico dell'assicurato e l'attività lavorativa di ferroviere da lui svolta con esposizione all'asbesto contenuto negli ambienti di lavoro frequentati, ha ritenuto che l'aggravamento riscontrato con l'insorgere di una seconda patologia a distanza di ventuno anni dalla cessazione dell'attività lavorativa non possa essere posta in nesso causale con l'attività lavorativa stessa.

I suddetti eredi dell'assicurato (Omissis), deceduto nelle more del giudizio di appello, hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.

Resiste l'INAIL con controricorso. I ricorrenti hanno presentato memoria.

Diritto


Con l'unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 74, articoli 112, 115, 437, 442 e 445 cod. proc. civ., articolo 149 disp. att. cod. proc. civ., articolo 2697 cod. civ., articoli 40 e 41 cod. pen., motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. In particolare si deduce che la corte territoriale si sarebbe riportata acriticamente alle risultanze della disposta CTU senza tenere in alcun conto i dettagliati rilievi critici mossi alla stessa consulenza tecnica.

Questa corte ha costantemente affermato che nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciatole in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (da ultimo Cass. 3 febbraio 2012 n. 1652). Nel caso in esame i ricorrenti lamentano che la corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle osservazioni mosse alla consulenza recepita nella decisione impugnata, senza tuttavia lamentare la palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica o omissioni di accertamenti strumentali, per cui il ricorso si risolve in un dissenso diagnostico irrilevante in sede di legittimità. Anche il supplemento di perizia che, a detta dei ricorrenti, non sarebbe stato esaminato dalla corte territoriale, è irrilevante in questa sede anche considerando che la stessa non indica comunque una percentuale di invalidità superiore nè un sicuro nesso causale della seconda patologia sorta dopo la conclusione del rapporto di lavoro, con l'attività lavorativa svolta.

Considerando l'epoca dell'introduzione del giudizio di primo grado, anteriore alla modifica legislativa del regime delle spese nei giudizi previdenziali, non si provvede alla condanna dei ricorrenti soccombenti al pagamento delle spese di giudizio. Infatti il nuovo testo dell'articolo 152 disp. att. cod. proc. civ., contenuto nel Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42, punto 11, che nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali limita ai cittadini aventi un reddito inferiore a un importo prestabilito il beneficio del divieto di condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali, non si applica ai procedimenti - incardinati prima dell'entrata in vigore del relativo provvedimento legislativo.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso;

Nulla sulle spese.