Cassazione Civile, Sez. Lav., 23 gennaio 2013, n. 1573 - Amianto e rivalutazione dei contributi versati


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Presidente

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA



sul ricorso 1768-2010 proposto da:

(Omissis) (Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (Omissis), (Omissis), (Omissis);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 990/2009 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 14/01/2009 R.G.N. 179/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l'Avvocato (Omissis);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



La Corte di Appello di Genova, per quello che interessa in questa sede, riformando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda di (Omissis), proposta nei confronti dell'INPS, avente ad oggetto la declaratoria del suo diritto alla rivalutazione dei contributi versati con coefficiente 1,5 per essere stato esposto ad amianto per un periodo superiore a dieci anni.

La Corte del merito premetteva che la sentenza di primo grado era stata impugnata dall'INPS con richiesta di rinnovo della CTU per non essere stata accertata in modo rigoroso la personale esposizione del ricorrente al rischio d'inalazione di fibre d'amianto, avendo il CTU di primo grado fatto riferimento alla consulenza dagli stessi redatta in altro procedimento con riguardo al medesimo ambiente di lavoro. Tanto precisato la Corte territoriale fondava il proprio decisum sulla condivisibilità delle conclusioni cui era giunto il CTU, nominato nel secondo grado del giudizio, il quale aveva escluso, sulla base di dati correttamente acquisiti e con applicazione della formula utilizzata da CONTARP, una esposizione del (Omissis) ad amianto tale da superare il livello di soglia previsto dalla legge quale presupposto per il riconoscimento del beneficio richiesto.

Avverso questa sentenza il (Omissis) propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi.

Resiste con controricorso l'INPS, illustrato da memoria.

Diritto



Con il primo motivo il (Omissis) deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di rinnovo della CTU già esperita in primo grado. Pone di conseguenza il seguente quesito: "se, in assenza di censure sollevate dal convenute ovvero d'ufficio dal Giudice, sia o meno ripetibile in appello una prova già esaurita in primo grado e se sorga o meno in capo al Giudice l'obbligo di motivare congruamente le ragioni in forza delle quali i principi giuridici che regolano tali casi abbiano potuto essere disattesi con conseguente utilizzo della prova ripetuta ai fini della formazione dei suo prudente apprezzamento".

La censura è infondata.

Il ricorrente, invero, non tiene conto che la Corte del merito dà conto, sia pure nella parte dedicata allo svolgimento del processo, che l'INPS ha impugnato la sentenza di primo grado chiedendo il rinnovo del la CTU per non essere stata, in primo grado, accertata in modo rigoroso la personale esposizione del ricorrente al rischio d'inalazione di fibre d'amianto avendo il CTU fatto riferimento alla consulenza dagli stessi redatta in altro procedimento con riguardo al medesimo ambiente di lavoro.

Consegue che proprio in base ai devolutimi, determinato dall'appello dell'INPS, la Corte del merito, condividendo, sia pure implicitamente, le critiche mosse all'accertamento tecnico operato in primo grado, coerentemente dispone il rinnovo della perizia.

Non coglie, quindi, nel segno la censura di vizio di motivazione mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata.

Con la seconda censura il (Omissis) denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla contestata inattendibilità della CTU ed alla sua devianza dai canoni fondamentali della letteratura scientifica e dai protocolli praticati in materia dell'esposizione all'amianto.

Formula al riguardo il seguente quesito: "se pure in presenza di esplicite e formali contestazioni in orda ne alla corretta formazione di una prova - quale deve essere considerata la CTU nei casi in cui si risolva anche in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili con il concorso di determinate cognizioni tecniche - sorga o meno l'obbligo per il Giudice di motivare congruamente le ragioni in forza delle quali li a raggiunto a determinazione di rigettare detto osservazioni e di ritenere pertanto la prova contestata idonea a formare il proprio convincimento".

La censura è infondata.

Mette conto, innanzitutto, richiamare la ricorrente affermazione di questa Corte, condivisa dal Collegio, secondo cui le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio disposta dal giudice non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse di diverse valutazioni perchè tali contestazioni si rivelano dirette, non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello, bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali; ciò non rappresenta un elemento riconducibile al procedimento logico seguito dal giudice, bensì costituisce semplicemente una richiesta di riesame del merito della controversia, inammissibile in sede di legittimità (Cfr. Casa. 7341/04 e 15796/04).

Parallelamente, deve essere richiamato il principio, consolidato nei la giurisprudenza di questa Corto regolatrice, per cui in sede di giudizio di legittimità non possono essere prospettati temi nuovi di dibattito non tempestivamente affrontati nelle precedenti fasi, principio che trova applicazione anche in riferimento alle contestazioni mosse alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio - e per esse alla sentenza che le abbia recepite nella motivazione - che intanto sono ammissibili, in sede di ricorso per cassazione, in quanto ne risulti la tempestiva proposizione davanti al giudice di merito e che la tempestività di tale proposizione risulti, a sua volta, dalla sentenza impugnata, o, in mancanza, da adeguata segnalazione contenuta nel ricorso, con specifica indicazione dell'atto del procedimento di merito in cui le contestazioni predette erano state formulate, onde consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità dell'asserzione prima di esaminare: nel merito la questione sottopostale (per tutte V. Cass. n. 7696/2006).

Tanto precisato va osservato che il ricorrente per quanto attiene le critiche mosse, con il motivo in esame, all'operato del CTU, non specifica di averle tempestivamente sottoposte al vaglio del giudice del merito, sicchè lo stesse vanno ritenute inammissibili.

Relativamente al dedotto pregiudizio espresso dal CTU per la sua palesata "preoccupazione in ordine alle conseguenze di ordine politico-economico derivanti da un eccessivo numero di riconoscimento di benefici previdenziali da parte dei lavoratori che asserivano di essere stati esposti all'amianto", non può che ribadirsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la fiancata proposizione dell'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio, nei termine di cui all'articolo 192 c.p.c., preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, non rilevando che il consulente tecnico d'ufficio non abbia osservato l'eventuale obbligo di astensione (Cass. n. 12004/2009).

Anche con riguardo al motivo in esame, quindi, deve concludersi per la sua infondatezza stante la novità delle critiche mosse all'operato del CTU e l'irrilevanza, in difetto d'istanza di ricusazione, del dedotto richiamato pregiudizio espresso dal CTU.

Il ricorso in conclusione va rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità ai sensi del previgente articolo 152 disp. att. c.p.c. non trovando applicazione ratione temporis la nuova disciplina delle spese nei procedimenti in materia di previdenza e assistenza, introdotta dal Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42, comma 11, convertito con modificazioni nella Legge 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.