Cassazione Civile, Sez. Lav., 31 gennaio 2013, n. 2285 - Coltivatore diretto e rischio di sordità in lavorazioni particolarmente rumorose



 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. MANCINO Rossana - Consigliere

Dott. TRICOMI Irene - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 31442-2007 proposto da:

(Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis) che lo rappresentano e difendono, giusta procura notarile in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 63/2007 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 26/04/2007 r.g.n. 243/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/2012 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



1. La Corte d'Appello di Cagliari con la sentenza n. 63 del 26 aprile 2007, accoglieva l'impugnazione proposta dall'INAIL nei confronti di (Omissis) nei confronti della sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari l'11 febbraio 2005.

2. Lo (Omissis), premesso di aver lavorato dal 1977 esposto al rischio di sordità da rumori in lavorazioni particolarmente rumorose come coltivatore diretto, contraendo un'ipoacusia di natura professionale, poichè l'INAIL aveva rigettato la domanda proposta in via amministrativa il 20 dicembre 2001, aveva adito il Tribunale per l'accertamento del proprio diritto ad un indennizzo in capitale ovvero in rendita commisurato al danno biologico che fosse stato accertato in corso di causa e la condanna dell'istituto assicuratore al pagamento delle relative somme con rivalutazione monetaria, interessi legali e spese.

3. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda dichiarando il diritto dello (Omissis) ad una rendita commisurata ad un danno biologico per ipoacusia del 19% dalla domanda.

4. La Corte d'Appello, su impugnazione dell'INAIL, riteneva fondata l'eccezione di prescrizione formulata dalla stessa, in quanto da parte del ricorrente vi era la consapevolezza dell'esistenza della malattia e dell'origine professionale della stessa.

Ed infatti dalle risultanze di causa, emergeva che quando nel dicembre 2001 lo (Omissis) aveva presentato la domanda era interamente trascorso il termine triennale di prescrizione di cui dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 112, atteso, in particolare che lo (Omissis) che lamentava acufeni da ipoacusia a sinistra da circa dieci anni (cfr. referto di visita otorino 23 luglio 1987), in data 10 ottobre 1987 si sottoponeva ad un esame audiometrico che accertò la lesione cocleare bilaterale pantonale da trauma acustico cronico professionale associato a recruitment. In un successivo esame del 28 gennaio 1989, veniva confermata l'ipoacusia pantonale bilaterale di tipo percettivo.

5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre lo (Omissis) prospettando un motivo di ricorso assistito dal prescritto quesito di diritto.

6. L'INAIL resiste con controricorso, depositando memoria in prossimità dell'udienza ex articolo 378 c.p.c..

Diritto



1. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta violazione dell'articolo 2935 c.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 111 e 112, richiamati dal Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 13, comma 11, dal Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 13, comma 2, e degli articoli 3 e 38 Cost., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3.

Il quesito di diritto è stato così specificato: se può farsi decorrere la prescrizione del diritto ad un indennizzo per malattia professionale prima della presentazione della domanda amministrativa di indennizzo, sulla sola considerazione che la malattia professionale era preesistente alla domanda di indennizzo.

Afferma, in particolare, il ricorrente, in ragione delle disposizioni richiamate, che il termine di prescrizione per la proposizione dell'azione giudiziaria inizia a decorrere dalla presentazione all'Istituto della denuncia con il certificato medico e non dal momento in cui la malattia professionale si manifesta.

La sentenza della Corte d'Appello nell'uniformarsi alla giurisprudenza di legittimità, come formatasi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988, non avrebbe valutato correttamente il contenuto di tale decisione del Giudice delle Leggi, che lungi dal voler danneggiare il lavoratore, ha inteso i benefici della presunzione di professionalità dell'accertata malattia, non solo quando la domanda sia stata presentata nei termini previsti dalle tabelle delle malattie professionali, ma anche quando la malattia si sia manifestata entro detti termini.

Nella fattispecie in esame, quindi, il termine di prescrizione non sarebbe decorso in quanto l'azione giudiziaria veniva proposta nel termine di tre anni dalla proposizione della domanda amministrativa.

2. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

Questa Corte intende dare continuità, condividendolo, al principio già affermato (Cass., n. 27323 del 2005, 14717 del 2006) secondo cui a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988 (dichiarativa dell'illegittimità costituzionale Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 135, comma 2, nella parte in cui poneva una presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui veniva presentata all'istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico), nel regime normativo attuale la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale "dies a quo" per la decorrenza del termine prescrizionale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 112, può ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano fatto noto, ai sensi degli articoli 2727 e 2729 cod. civ., come la domanda amministrativa, nonchè la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la malattia sia riconoscibile per l'assicurato.

La data di presentazione della domanda amministrativa rileva ai fini della decorrenza della prestazione, atteso che la rendita per infortunio sul lavoro o malattia professionale non può decorrere da data anteriore a quella della domanda amministrativa, in conformità al principio secondo cui il titolare del diritto ad una prestazione previdenziale deve manifestare la propria volontà di farlo valere e la manifestazione di tale volontà costituisce il momento di decorrenza del diritto stesso (cfr., Cass., n. 17909 del 2011).

Non è ravvisabile, quindi, nella sentenza della Corte d'Appello, che ha fatto applicazione del principio sopra ricordato nel verificare la decorrenza del termine di prescrizione, alcun contrasto con le disposizioni normative invocate dal ricorrente, nè la lesione dei parametri costituzionali richiamati.

3. Il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro tremila per compenso professionale, euro quaranta per esborsi, oltre accessori.