Consiglio di Stato, Sez. 4, 08 gennaio 2013, n. 30 - Appuntato scelto della Guardia di Finanza e mansioni incompatibili con le condizioni di salute




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 5654 del 2009, proposto da:

B.A., rappresentato e difeso dall'Avv. Francesca Mastroianni, dall'Avv. Barbara Taurino e dall'Avv. Sandro Matino, con domicilio eletto in Roma presso Studio Legale BDL, via Bocca di Leone, 78;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Lecce, Sez. III, n. 3656 dd. 17 dicembre 2008, resa tra le parti e concernente risarcimento danno per svolgimento mansioni improprie

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l'appellante Bomba Antonio l'Avv. Sandro Matino e per l'appellato Ministero dell'Economia e delle Finanze l'Avvocato dello Stato Maurizio Greco;

 

FattoDiritto



1.1.L'appellante, appuntato scelto della Guardia di Finanza A.B., presta servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce e con ricorso proposto sub R.G. 781 del 2008 innanzi al T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, ha chiesto la condanna del Ministero dell'Economia e delle Finanze al risarcimento in suo favore del danno biologico e del danno morale a lui cagionati dall'asserito suo impiego in mansioni lavorative diverse da quelle obbligatoriamente disposte per la sua persona, in quanto già riconosciuto non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato.

A tale riguardo il B. ha riferito e documentato di essere stato sottoposto nel 1987, allorquando prestava servizio presso la compagnia della Guardia di Finanza di Merano, ad intervento chirurgico di colectomia totale per colite ulcerosa, a cui facevano seguito negli anni successivi altri due interventi consequenziali, di essere stato giudicato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato in modo incondizionato e idoneo parzialmente allo svolgimento di servizi che non comportino stress fisici ed alimentazione irregolare, giusta verbale n. 444 dd. 1 febbraio 1990 della Commissione Medica Ospedaliera costituita presso l'Ospedale Militare di Verona e di essere stato quindi sempre adibito, dal 1990 al 2002, in mansioni d'ufficio, sia presso la Legione della Guardia di Finanza di Roma dal 1990 al 1996, sia presso il Comando Provinciale di Lecce dal 1996 al 2002.

Il medesimo B. ha quindi riferito di essere stato impiegato presso il Nucleo di Polizia Tributaria con sede in Lecce, a far tempo dal 2003 e fino al 2006, in numerosi servizi esterni, incompatibili con le condizioni di salute e con il ridotto grado di idoneità certificato a suo tempo dalla predetta Commissione Medica Ospedaliera, e ha prodotto a comprova di ciò agli atti del giudizio di primo grado copia di tutti gli ordini di servizio relativi a tali impieghi, tutti ricadenti nell'arco temporale 2003-2006.

Il B. ha pure precisato che la patologia da cui è affetto è connessa con l'apparato digerente, per cui le sue condizioni di salute sarebbero state pregiudicate proprio dai disordini alimentari legati allo svolgimento di attività esterne.

Il B., nel presupposto dell'avvenuta violazione colposa da parte dell'Amministrazione di appartenenza dell'art. 2087 cod. civ. per non aver garantito al dipendente le condizioni per lo svolgimento ottimale delle mansioni che questi è idoneo ad espletare (ed avendo, anzi, utilizzato il dipendente medesimo in mansioni incompatibili con il suo stato di salute), ha pertanto chiesto all'adito T.A.R. di condannare il Ministero dell'Economia e delle Finanze al risarcimento in suo favore dei danni biologici e morali, quantificati, rispettivamente, in Euro 212.546,00.- e in Euro 63.764,00.-

1.2. In tale primo grado di giudizio si è costituito il Ministero intimato, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.3. Con sentenza n. n. 3656 dd. 17 dicembre 2008 la Sezione III dell'adito T.A.R. ha respinto il ricorso del B., reputando in tal senso decisiva la documentazione depositata in giudizio dall'Amministrazione intimata, ed in particolare la relazione a firma del Comandante Regionale per la Puglia della Guardia di Finanza datata 9 giugno 2008 e gli atti ad essa allegati.

Il giudice di primo grado ha rilevato quindi che da tale documentazione, non smentita dal B. per quanto attiene alla veridicità dei dati riferiti dallo stesso Comandante regionale, emerge che l'attuale appellante, nell'arco temporale 2003-2006 (ossia nel periodo in cui i superiori gerarchici lo avrebbero impiegato in servizi incompatibili con le sue condizioni di salute e che è pari complessivamente a circa 1450 giorni) ha prestato servizio per un totale di 250 giorni, nel mentre nel 2007 lo stesso B. ha prestato 62 giorni di servizio.

Il giudice di primo grado ha quindi da subito evidenziato che l'allegazione di tali dati non è finalizzata a mettere in cattiva luce il B., se non altro perché l'eventuale sua condotta non ottimale rispetto alle esigenze del servizio da prestare non inciderebbe comunque sul suo diritto al risarcimento dei danni, laddove si dovesse ritenere che l'Amministrazione abbia violato l'art. 2087 cod. civ. e la propria disciplina organizzativa sull'impiego dei militari idonei in modo parziale al servizio, ma per dimostrare l'assenza del nesso di causalità tra la condotta dell'Amministrazione medesima e il danno lamentato dal medesimo B..

Tale assenza risulterebbe comprovata, sempre secondo lo stesso giudice, dalla documentazione prodotta sempre dall'Amministrazione convenuta e dalla quale risulta che nel corso del 2006 era stato lo stesso B. a chiedere al comandante di corpo di essere esonerato dall'obbligo di usufruire della mensa obbligatoria di servizio, e ciò in cambio della possibilità di concludere l'orario lavorativo un'ora prima del previsto.

Il giudice di primo grado ha inoltre affermato che a tali indiscutibili elementi fattuali va aggiunta un'ulteriore considerazione, legata alla natura dei servizi espletati dal B. nel periodo di tempo in contestazione, posto che dall'esame degli ordini di servizio da lui prodotti è emerso che l'attuale appellante ha svolto 12 servizi di vigilanza antibagarinaggio presso lo stadio di Lecce, 13 verifiche fiscali presso imprese ubicate nella provincia di Lecce, 26 servizi presso gli uffici della Guardia di Finanza o presso la Procura della Repubblica, a disposizione del Pubblico Ministero di turno, 15 notifiche di atti giudiziari fuori sede ma sempre nel territorio provinciale, 1 servizio esterno di supporto al G.I.C.O. (Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata che costituisce articolazione del Nucleo di Polizia Tributaria nelle città dove hanno sede le D.D.A. - Direzioni Distrettuali Antimafia), 11 servizi di indagine di polizia giudiziaria fuori sede, 9 attività di partecipazione a corsi di aggiornamento professionale e 2 generiche attività d'ufficio.

Secondo lo stesso giudice di primo grado, eccettuando questi due ultimi servizi, per i quali neppure sarebbe ipotizzabile un'incompatibilità con il grado di idoneità di cui è in possesso il B. posto che si tratterebbe di attività del tutto "riposanti" dal punto di vista fisico, per il resto andrebbe anzitutto precisato che la dizione di "servizio di esclusivamente addetto agli uffici", contenuta nel provvedimento del Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 116062 dd. 13 maggio 1991 e applicato nei confronti del medesimo B. in dipendenza della conforme prescrizione contenuta nel predetto verbale n. 444 dd. 1 febbraio 1990 della Commissione Medica Ospedaliera costituita presso l'Ospedale Militare di Verona, non sarebbe necessariamente equivalente a quella di "attività da svolgersi in ufficio", posto che essa invece descriverebbe tutte le attività istituzionali che non si possono definire "operative" .

Tali attività "operative" per certo non svolgibili dal B. sono esemplificativamente elencate a pagina 7 della relazione a firma del Comandante regionale della Guardia di Finanza del 9 giugno 2008, afferiscono o a compiti di controllo dell'ordine pubblico (a cui anche i militari della Guardia di Finanza cooperano unitamente alle altre Forze di Polizia) oppure alla repressione di reati afferenti la materia valutaria e tributaria (ivi inclusi, ad esempio, il contrabbando e la contraffazione di marchi) e/o traffici illeciti in genere o alla vigilanza delle caserme del Corpo o delle dogane, e si caratterizzano per il notevole dispendio di energie psico-fisiche che producono nel personale, il quale, in frequenti casi, rischia anche la propria incolumità: e va da sé che nell'espletamento di tali servizi - denota sempre il giudice di primo grado - i militari del Corpo sono anche costretti molto spesso a rinunciare alla consumazione di pasti regolari, come ad esempio negli appostamenti notturni oppure nei servizi di ordine pubblico presso gli stadi calcistici.

Il giudice di primo grado ha quindi evidenziato che nulla di tutto questo potrebbe essere sostenuto in relazione alle attività di cui agli ordini di servizio esibiti dal ricorrente, i quali, peraltro, assumerebbero in tal senso una particolare valenza probatoria proprio in quanto a tergo di ogni documento è proprio il singolo operatore che, a fine servizio, descrive in che cosa è consistita l'attività da lui svolta in tale frangente.

Il T.A.R. ha affermato in proposito che, a parte l'unica attività svolta a supporto del G.I.C.O. (della quale peraltro non è stata specificata la natura, ma che in astratto potrebbe rientrare fra quelle cc.dd. "operative"), in tutti gli altri casi le attività esterne svolte dal B. non hanno mai assunto le caratteristiche di servizi usuranti, trattandosi per lo più di attività esattamente identiche a quelle che il B. medesimo avrebbe svolto in ufficio: e ciò in particolare varrebbe per i 26 servizi da lui svolti presso gli uffici della Guardia di Finanza o presso la Procura della Repubblica, a disposizione del P.M., i quali sono consistiti per lo più nell'esame e nella fotocopiatura di fascicoli relativi a indagini penali condotte dal Sostituto procuratore di turno, nell'audizione di persone coinvolte nelle indagini e nella redazione dei relativi verbali.

Né - sempre secondo lo stesso giudice - integrerebbero il carattere di attività operative le notifiche di atti giudiziari, ancorchè svolte all'esterno, e la stessa conclusione varrebbe anche per le verifiche fiscali compiute presso alcune aziende locali, posto che in tali caso, l'unico fattore di stress potrebbe essere stato rappresentato dal fatto di dover percorrere alcuni chilometri in auto, e non risulterebbe che le condizioni di salute del B. siano incompatibili con l'uso dell'autovettura, presumibilmente da lui impiegata ogni giorno per recarsi in ufficio.

Secondo il T.A.R., neppure i servizi svolti dal B. presso lo stadio di Lecce, sia pure in orari serali e notturni, sarebbero da considerare "operativi", in quanto consistenti nel controllo sull'attività dei cc.dd. "bagarini", ossia dei rivenditori a prezzo maggiorato dei biglietti d'ingresso : e ciò anche a non voler considerare che, secondo l'Amministrazione, tali servizi erano svolti su base volontaria, ossia da dipendenti appassionati di calcio, i quali, una volta espletato il servizio, avevano la possibilità di assistere agli incontri calcistici, senza sottacere che non consta che nel corso di tali servizi si siano verificate situazioni che hanno richiesto, ad esempio, l'uso della forza e men che meno delle armi.

Da ultimo, il giudice di primo grado ha affermato che ciò che esclude in radice il nesso di causalità fra lo svolgimento delle predette attività e gli asseriti danni alla salute subiti dal ricorrente è il rapporto del tutto sproporzionato agevolmente rilevabile tra il numero di tali servizi e l'arco temporale all'interno del quale essi sono stati espletati; considerando infatti che il B. ha svolto un totale di 89 servizi (la quasi totalità dei quali, come detto, non è comunque classificabile fra le attività di carattere operativo) in un arco temporale di circa 1450 giorni (e quindi un servizio ogni 15 giorni), ne conseguirebbe che non è stato fornito neanche un principio di prova sulla sussistenza del nesso di causalità.

Il T.A.R. ha integralmente compensato tra le parti le spese e gli onorari del primo grado di giudizio.

2.1. Con l'appello in epigrafe il B. chiede ora la riforma di tale sentenza.

Il B. deduce innanzitutto l'avvenuta violazione dell'art. 2 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 738 in materia del personale delle Forze di Polizia invalido per causa di servizio e censura in particolare l'assunto del giudice di primo grado secondo il quale la dizione di "servizio di esclusivamente addetto agli uffici" contenuta nel provvedimento del Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 116062 dd. 13 maggio 1991 e applicato nei suoi confronti in dipendenza della conforme prescrizione contenuta nel predetto verbale n. 444 dd. 1 febbraio 1990 della Commissione Medica Ospedaliera costituita presso l'Ospedale Militare di Verona non equivarrebbe a quella propria di "attività da svolgersi in ufficio".

Il B. richiama inoltre le deduzioni del proprio consulente medico, già prodotte in primo grado e secondo le quali le proprie predette e documentate attività estranee ai lavori di ufficio gli avrebbero arrecato un pregiudizio rilevante sotto il profilo biologico e sotto il profilo morale, per cui insiste per l'accoglimento delle proprie domande di risarcimento di tali danni proposte in primo grado.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze, concludendo per il rigetto dell'appello.

2.3. Alla pubblica udienza del 6 marzo 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3.1. Tutto ciò premesso, l'appello va respinto per quanto qui appresso specificato.

3.2. L'art. 2 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 783, disciplinante l'utilizzazione del personale delle forze di polizia invalido per causa di servizio, dispone che l'invalidità non comportante l'inidoneità assoluta del personale delle forze di polizia ai servizi d'istituto è accertata dalle commissioni di cui agli articoli 165 e seguenti del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, le quali "devono altresì fornire indicazioni sull'utilizzazione del personale stesso, tenendo conto del grado di invalidità determinato dalle ferite, lesioni o altre infermità riportate in conseguenza degli eventi indicati nel precedente art. 1", ossia derivanti da "ferite, lesioni o altre infermità riportate in conseguenza di eventi connessi all'espletamento dei compiti d'istituto", e fermo restando che l'utilizzo avviene, "d'ufficio o a domanda, in servizi d'istituto compatibili con la ridotta capacità lavorativa e in compiti di livello possibilmente equivalenti a quelli previsti per la qualifica ricoperta" (cfr. art. 1 cit.).

Nel caso in esame la Commissione Medica Ospedaliera ha invero disposto nel senso che il B. sia impiegato nel "servizio di esclusivamente addetto agli uffici".

Questo giudice d'appello concorda con l'assunto del T.A.R. secondo il quale tale espressione di per sé non equivale a quella di "attività da svolgersi in ufficio" e che pertanto essa consente di escludere sicuramente dal novero delle attività che possono essere svolte dal B. le attività cc.dd. "operative", le quali - come a ragione precisato dallo stesso giudice di primo grado, si sostanziano - in via esemplificativa - in compiti di controllo dell'ordine pubblico a' sensi dell'art. 16 della L. 1 aprile 1981, n. 121 e dell'art. 6 del D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68, ovvero nella repressione di reati afferenti la materia valutaria e tributaria (ivi inclusi il contrabbando e la contraffazione di marchi), dei traffici illeciti in genere e nella vigilanza di installazioni delle caserme del Corpo o delle dogane, e che si caratterizzano comunque per il notevole dispendio di energie psico-fisiche che producono nel personale, il quale, in frequenti casi, rischia anche la propria incolumità.

Le attività che possono essere svolte dal B., anche al di fuori del proprio ufficio, devono peraltro essere ontologicamente contraddistinte dalla stessa, prevalente sedentarietà che caratterizza le attività dell'ufficio, non potendo quindi ragionevolmente implicare per il loro svolgimento affaticamenti della persona, tali - per l'appunto - da modificare le caratteristiche proprie dell'attività medesima, rendendola di fatto non sedentaria.

Premesso ciò, il Collegio reputa di condividere l'argomento fondamentale addotto dal giudice di primo grado per escludere la sussistenza, nel caso di specie, del nesso di causalità tra lo svolgimento dei servizi ordinati al B. e gli asseriti danni alla salute subiti da lui subiti.

Infatti, a ragione il giudice di primo grado ha evidenziato il rapporto del tutto sproporzionato e che è agevolmente rilevabile tra il numero dei servizi pretesamente eccedenti le mansioni disposte per il B. e l'arco temporale all'interno del quale essi sono stati espletati.

Il B. ha infatti riferito di aver svolto un totale di 89 servizi non conformi alle proprie mansioni in un arco temporale di circa 1450 giorni, ossia un servizio asseritamente "illegittimo" ogni 15 giorni: e già da ciò ben emerge, quindi, il rapporto del tutto sproporzionato tra il numero di tali servizi e l'arco temporale all'interno del quale essi sono stati espletati.

Se si considera, poi, la circostanza che il B. nell'arco temporale 2003-2006 (ossia nel periodo in cui i superiori gerarchici lo avrebbero impiegato in servizi incompatibili con le sue condizioni di salute e che è pari complessivamente a circa 1450 giorni) ha prestato servizio per un totale di 250 giorni, nel mentre nel 2007 egli è stato presente nel proprio ufficio di assegnazione per 62 giorni, e l'ulteriore circostanza per cui nel corso del 2006 lo stesso B. ha chiesto e ottenuto di essere esonerato dall'obbligo di usufruire della mensa obbligatoria di servizio in modo di concludere l'orario lavorativo un'ora prima del previsto, non è ragionevolmente sostenibile la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta dell'Amministrazione e il danno lamentato dal medesimo B..

Tale rilievo risulta assorbente anche a fronte della circostanza che alcune attività svolte dal B. nel periodo per l'innanzi considerato non sembrano sicuramente riconducibili alla prevalente sedentarietà che impone l'anzidetta non equivalenza tra "servizio di esclusivamente addetto agli uffici" e "attività da svolgersi in ufficio".

Il T.A.R. ha invero individuato come presumibilmente "operativa" l'unica attività svolta dal B. a supporto del G.I.C.O.; ma se si può anche concordare con le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado sulla natura "non operativa" e, quindi, sostanzialmente sedentaria dei servizi svolti dal B. per le verifiche fiscali, nonché presso gli uffici del Corpo e la Procura della Repubblica e per l'aggiornamento professionale, le attività di notificazione di atti giudiziari fuori sede, nonché le attività di indagini di polizia giudiziaria fuori sede e il servizio antibagarinaggio presso lo stadio (la cui effettuazione non consta sia stata direttamente sollecitata dall'interessato al fine di poter poi assistere gratuitamente all'evento sportivo, come viceversa parrebbe ipotizzare lo stesso giudice di primo grado) non possono essere tout court assimilate a quelle effettuate sedendo dietro una scrivania, e ciò in quanto esse ragionevolmente implicano l'effettuazione per la maggior parte delle relative prestazioni in piedi, e senza quindi la posizione prevalentemente seduta della persona, viceversa intuitivamente essenziale per l'attività espletata da colui che è addetto ad un ufficio.

Nondimeno, per quanto rilevato dianzi in via assorbente, tali tre tipologie di attività risultano del tutto ininfluenti per il periodo complessivamente considerato agli effetti della configurazione dell'anzidetto nesso di causalità; ma, permanendo il B. nelle attuali condizioni di salute, è auspicabile non siano più a lui affidate.

3.3. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.