Cassazione Penale, Sez. 2, 19 luglio 2012, n. 29397 - Omissione dei modelli organizzativi idonei ad impedire agli amministratori il reato di indebita percezione dei finanziamenti pubblici agevolati


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente -
Dott. IANNELLI Enzo - Consigliere -
Dott. GENTILE Domenico - Consigliere -
Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere -
Dott. PRESTIPINO Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
1) G. SERVICE SRL;
avverso l'ordinanza n. 34/2011 TRIB. LIBERTA' di ENNA, del  21/12/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPLNO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Antonio Gialanella, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Gabriele Cantore, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

FattoDiritto

Ha proposto ricorso per cassazione il difensore della G. service s.r.l., avverso l'ordinanza del tribunale di Enna del 21.1.2001,con cui venne rigettata l'istanza di riesame formulata dalla stessa società contro il decreto di sequestro preventivo di beni societari emesso nei sui confronti dal gip del tribunale di Nicosia il 16.11.2011 fino alla concorrenza di Euro 2.272.690,00, in quanto ritenuta responsabile dell'illecito di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 24, commi 1 e 2, per non essersi dotata di modelli organizzativi idonei ad impedire agli amministratori di porre in essere condotte di reato nell'ambito della gestione societaria, consentendo così ad alcuni di essi di consumare il reato di cui all'art. 640 bis c.p., in relazione alla indebita percezione di finanziamenti pubblici agevolati. Premesso che la truffa si sarebbe consumata intorno al maggio 2005, che successivamente gli indagati avevano ceduto gran parte delle loro quote societarie a S.F., soggetto estraneo ai fatti di reato, e che l'amministrazione della società era stata assunta da D.M.C., anche lui non coinvolto nell'indagine penale, la ricorrente deduce il vizio di violazione del D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 19 e 53, sotto un triplice profilo:
anzitutto sarebbe del tutto immotivata l'affermazione del tribunale secondo cui non vi sarebbe prova dell'estraneità ai fatti dei soggetti subentrati agli indagati nel controllo della società,perchè, al contrario le vicende societarie successive alla truffa erano state oggetto di specifiche indagini che non avevano rilevato alcunchè a carico del S. e del D.M., e d'altra parte denoterebbero un primo mutamento degli indirizzi amministrativi nel senso della trasparenza della gestione societaria, per la stessa sostanziale estromissione degli indagati; in secondo luogo, il sequestro avrebbe dovuto colpire soltanto beni per un valore corrispondente alle quote degli indagati e all'altra società coinvolta nelle indagini, che sarebbe la reale beneficiarla della truffa; infine, sarebbero arbitrane le motivazioni del rigetto della richiesta di riduzione del sequestro, che aveva colpito beni di valore complessivamente del tutto sproporzionato per eccesso rispetto al profitto conseguente alla truffa.
Il ricorso è infondato.
Come bene rilevano i giudici del riesame, fa responsabilità patrimoniale della società in relazione al profitto dei reati consumati dai suoi amministratori è del tutto autonoma (vedi, esplicitamente, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 8), ed è insensibile alle vicende societarie successive alla consumazione dei reati. L'adeguamento dei modelli organizzativi societari all'esigenza di prevenzione di ulteriori illeciti, è prevista infatti dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 50, con riferimento alle sanzioni interdittive eventualmente disposte ai sensi del precedente art. 45, quando le correlative esigenze cautelari risultino mancanti anche per fatti sopravvenuti (non tipizzati dalla norma), ovvero in presenza delle ipotesi previste dall'art. 17.
Quanto all'"eccesso" del sequestro preventivo rispetto all'obbligazione garantita, il Tribunale rileva correttamente che fa misura di cautela reale fu disposta fino alla concorrenza dell'importo dei contributi indebitamente percepiti, e d'altra parte le deduzioni del ricorrente fanno riferimento al valore degli immobili risultante da iscrizioni contabili societarie di cui resta del tutto incerta la stessa acquisizione processuale e che non trovano alcun riferimento nel provvedimento impugnato, a prescindere dalla intrinseca controvertibilità dei valori contabilizzati rispetto alla vantazione di mercato degli immobili a causa dell'eterogeneità dei rispettivi criteri di stima.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2012