Categoria: Giurisprudenza amministrativa (CdS, TAR)
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T.A.R. Abruzzo - L'Aquila, Sez. 1, 12 luglio 2012, n. 467 - Valutazione del rischio amianto nel luogo di lavoro e ruolo del RLS


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 223 del 2012, proposto da:

A.G.M., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Giovanni Maitino, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est;

contro

Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise "G.Caporale" di Teramo, rappresentato e difeso dall'avv. Lucio Verticelli, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est;

nei confronti di

M.T. Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione;

per l'annullamento

diniego di accesso agli atti

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise "G.Caporale" di Teramo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2012 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Fatto

 

Il ricorrente è lavoratore dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise "G. Caporale" di Teramo, ed impugna il diniego formalizzato in data 6.3.12 dalla predetta amministrazione, in relazione alla richiesta di accesso su tutta la documentazione inerente il procedimento di verifica della valutazione del rischio amianto nel luogo di lavoro (denominato "Gattia"). Detta richiesta scaturiva in particolare "dallo stato di degrado della copertura in amianto delle strutture di Gattia che la pioggia sciogliendo la matrice cementizia, può determinarne il fluire delle fibre di amianto presente nei manufatti". Il diniego risulta motivato ob relationem dalla nota in data 29.2.12 del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, con cui quest'ultimo rammenta che ai sensi dell'art. 50 comma 1 lettera e) e comma 4 del D.Lgs. n. 81 del 2008 e ss.mm.ii., solo il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nell'espletamento della sua specifica funzione, sarebbe abilitato a "...ricevere le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi".

A sostegno del gravame, il ricorrente deduce che la nota normativa sulla trasparenza e sull'accesso ai documenti amministrativi troverebbe piena applicazione, anche in presenza di leggi speciali che prevedono peculiari e più limitate forme di pubblicità, come nel caso della tutela giuslavoristica che sembra riservare al solo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) la diretta cognizione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori.

Di avviso diverso è invece la costituita amministrazione, secondo cui solo l'organo elettivo dei lavoratori -in virtù di disposizioni speciali ad hoc, non derogabili da leggi generali- avrebbe possibilità di accedere al documento di valutazione rischi, tra l'altro con modalità peculiari delineate dal Ministero del lavoro con una nota del 19.12.2008 (vale a dire, senza consegna materiale del documento stesso, ma solo mediante consegna su supporto informatico, utilizzabile su apposito terminale video consultabile solo dal rappresentante dei lavoratori).

Alla camera di consiglio del 13.6.12 la causa è stata riservata a sentenza.

 

Diritto

 

Il ricorso è fondato.

Come correttamente argomentato dal ricorrente, la normativa sull'accesso ai documenti amministrativi riveste una portata generalizzata che non tollera inibizioni applicative in virtù di disposizioni speciali, le quali -al contrario- potranno esprimere il loro vigore compatibilmente con il rispetto delle garanzie assicurate dagli artt. 22 e segg. L. n. 241 del 1990. In particolare, il comma 2 della predetta legge è chiaro nell'elevare l'accesso agli atti pubblici (in virtù delle sue rilevanti finalità di pubblico interesse) a "principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza", relegando la non accessibilità a fattispecie eccezionali e tipizzate all'interno delle esimenti ex art. 24 commi 1, 2, 3, e 4 (fra le quali non rientra la materia in odierna vertenza).

Vale anche rilevare che in seguito alla nuova accezione di trasparenza introdotta dall'art. 11 del D.Lgs. n. 150 del 2009, quest'ultima costituisce livello essenziale delle prestazioni pubblicistiche ai sensi dell'art. 117 secondo comma lettera m) della costituzione, ed è ormai da intendere come "accessibilità totale" di ogni informazione concernente l'organizzazione amministrativa (ivi comprese dunque le notizie sulla salubrità e l'adeguatezza dei luoghi di lavoro, anche in vista dell'ottimale rendimento del lavoratore, in diretta relazione al buon andamento dell'amministrazione).

Senza oltre considerare che non sussiste affatto quel rapporto di specialità invocato dalla PA resistente che condurrebbe all'applicazione della legislazione giuslavoristica in luogo della legge "generale" sul procedimento amministrativo.

In realtà la normativa invocata dall'amministrazione intimata riguarda ogni rapporto di lavoro subordinato, laddove nella vertenza in esame trattasi di rapporti di lavoro alle dipendenze di un'amministrazione pubblica (nell'accezione estensiva prevista dall'art. 23 L. n. 241 del 1990) che in quanto tale rimane specificamente tenuta all'accesso, anche per atti di diritto di privato se di riverbero con il pubblico interesse.

Né ovviamente possono valorizzarsi in questa sede problematiche di incostituzionalità basate su eventuali disparità di trattamento del legislatore fra dipendenti di enti privati e quelli di enti pubblici (a danno dei primi, per i quali non rileverebbero gli artt. 22 e segg. L. n. 241 del 1990 per l'accesso agli atti datoriali), visto che, nella specie, i soggetti che potrebbero ritenersi penalizzati sono estranei al giudizio.

Tra l'altro è opportuno puntualizzare che la funzione del rappresentante dei lavoratori va ben oltre la cognizione (più o meno riservata) delle misure organizzatorie in concreto deliberate per il rispetto dell'art. 2087 c.c. nel luogo di lavoro, poiché -ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994- tale organo rappresentativo deve essere sempre previamente informato e consultato sulla valutazione dei rischi, con autonomi poteri propositivi mirati, più in generale, a sovrintendere e controllare in tempo reale ogni processo decisionale del datore inerente alla sicurezza del posto di lavoro. Vuole dirsi pertanto che la L. n. 241 del 1990 incide sulla diretta cognizione degli atti datoriali già formati, ma non deroga al ruolo istituzionale del RLS quale organo di rappresentanza dei lavoratori, chiamato comunque alla esclusiva e qualificata interlocuzione con il datore di lavoro, anche sulla scelta delle modalità mirate a garantire la sicurezza.

Tra l'altro, per ciò che concerne il dato relativo alla eventuale contaminazione e/o concentrazione nell'aria della polvere di amianto, ritiene il collegio che (a prescindere dalle considerazioni che saranno successivamente esternate sull'informazione ambientale) una lettura costituzionalmente orientata delle normative poste a base del diniego impugnato non avrebbe affatto imposto, per i lavoratori alle dipendenze di enti privati, un accesso canalizzato in capo al solo RLS; un conto è infatti il documento di valutazione dei rischi (DVR) complessivamente inteso, altro conto sono eventuali dati e notizie in esso contenuti che danno obiettiva contezza di insalubrità ambientali o di rischi di contaminazione; questi ultimi possono e devono essere, ove del casi, estrapolati dal documento e resi noti ai lavoratori (anche alle dipendenze di enti privati) che ne facciano richiesta, e ciò per assicurare loro il diritto di conoscere il grado di sicurezza su cui possono contare nell'adempiere alla quotidiana prestazione di lavoro (in primis, in termini di salute a lunga o media scadenza); così anche le norme del D.Lgs. 6 febbraio 2007 di attuazione della direttiva 2002/14/CE (citate dall'amministrazione per evidenziare i potenti obblighi di riservatezza cui sarebbero tenuti i Rappresentanti dei Lavoratori) non possono intendersi ostative alle doverose divulgazioni di cui sopra. In particolare l'articolo 5 prevede che tali rappresentanti "non sono autorizzati a rivelare né ai lavoratori né ai terzi informazioni che siano state loro espressamente fornite in via riservata e qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti, nel legittimo interesse dell'impresa"; ora rimane evidente che fra le informazioni che l'imprenditore potrebbe "segretare" non è il alcun modo riconducibile l'eventuale dato sulla salubrità o sui rischi di salubrità dell'ambiente di lavoro, in linea con basilari principi del nostro ordinamento costituzionale afferenti, non solo alla tutela della salute, ma alla tutela più in generale della stessa dignità del lavoratore.

Per completezza (e comunque a sostegno di quanto appena detto) va inoltre rilevato che la richiesta ad exhibendum azionata dal ricorrente si colloca per di più all'interno dell'informazione ambientale disciplinata dal D.Lgs. n. 195 del 2005 (destinata ex art. 3 comma 1, ad essere resa "a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse").

Tale domanda riguarda infatti dati ambientali detenuti dall'amministrazione inseriti nel documento di verifica del rischio-amianto, specificamente connessi al "...campionamento rappresentativo della concentrazione nell'aria della polvere proveniente dai materiali contenenti amianto, tenuto conto dello stato di degrado della copertura in amianto delle strutture di Gattia", visto che la pioggia,

sciogliendo la matrice cementizia, può determinare il fluire delle fibre di amianto presente nei manufatti.

La predetta richiesta appare prima facie pertinente rispetto ai contenuti dell'informazione ambientale stabiliti all'articolo 2 lettera a) del predetto D.Lgs. n. 195 del 2005, e ciò con specifico riguardo a:

sub 1): "lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio (...)"

sub 6): "lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana";

sub 2) : "fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti (..) ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati al numero 1);

sub 3): le misure, anche amministrative, quali (...) piani, i programmi (...) e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi".

Né in senso contrario all'accesso potrebbe invocarsi il rapporto contrattuale che lega il ricorrente all'amministrazione (magari richiamando le conseguenti regole giuslavoristiche di settore che diversamente disciplinano il controllo sul rispetto datoriale dell'art. 2087 c.c.).

La legittimazione ad ottenere i dati ambientali richiesti risulta infatti semmai rinforzata e non certo svilita dal fatto che nella vicenda in questione il richiedente non è un quisque de populo, ma un lavoratore che presta servizio all'interno delle strutture a rischio contaminazione, visto tra l'altro che la stessa PA intimata nulla ha controdedotto in ordine alla possibile esistenza di tali rischi.

In conclusione, il ricorso trova accoglimento e per l'effetto -una volta annullato l'illegittimo diniego-si condanna l'amministrazione intimata a consentire l'accesso alla richiesta documentazione, relativa al rischio-amianto nel luogo di lavoro del ricorrente.

Sussistono ragioni per compensare le spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) accoglie il ricorso in epigrafe, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.