Responsabilità di un datore di lavoro committente per le lesioni riportate da un lavoratore privo delle necessarie protezioni e misure di sicurezza - Omessa vigilanza e collaborazione del datore di lavoro committente con l'impresa appaltatrice - "La responsabilità dell'appaltatore, destinatario specifico della normativa antinfortunistica, non può infatti non estendersi al committente allorchè questi, come risulta accaduto nella specie dalla ricostruzione del fatto operato nella sentenza impugnata, non sia intervenuto preventivamente per ovviare alla situazione di oggettivo ed evidente pericolo in cui venivano a trovarsi i lavoratori dell'impresa appaltatrice, connessa alla mancata adozione immediatamente percepibile delle misure di prevenzione prescritte" - Sussiste.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARINI Lionello - Presidente -
Dott. BERNABAI Sergio - Consigliere -
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere -
Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
M.L. nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 3.11. 2006 della Corte di Appello di Napoli;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. BERNARDI Sergio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.



FattoDiritto

Il Tribunale di Avellino ha condannato M.L. per il delitto di cui all'art. 590 c.p.p., comma 3, per le lesioni riportate da V.F., caduto da un muro alto circa 4 metri mentre lavorava senza casco e cintura di sicurezza,e senza che fosse stata installata alcuna struttura di protezione.
La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Napoli, con la sentenza oggetto del ricorso.
Il ricorrente denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione lamentando che la corte impugnata ha accertato nei suoi confronti la inosservanza delle prescrizioni del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 3 e 7, per non avere quale titolare della ditta committente vigilato e collaborato all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto.
Opere individuate, con riferimento al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16, nella l'installazione di impalcature o ponteggi atti ad eliminare i pericoli di caduta dal piano di lavoro posto a circa 4 metri di altezza dal suolo.
Così giudicando la corte territoriale non avrebbe considerato che il del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3, lett. B, impone la "eliminazione dei rischi" in alternativa, ove ciò non sia possibile, alla "loro riduzione al minimo".
Impone cioè un dovere di cautela non assoluto, ma da considerare secondo le circostanze del caso.
E nella specie la condotta esigibile avrebbe dovuto ritenersi osservata, poichè era risultato che lo stato dei luoghi non avrebbe consentito l'installazione di impalcature, e che l'uso di cinture di sicurezza sarebbe stato di ostacolo al un celere svolgimento dei lavori.
Il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2, lett. A, impone del resto al datore di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione, ma precisa al comma 3, che "tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici".
Il ricorrente quale committente non avrebbe potuto, pertanto, ritenersi responsabile per quanto accaduto nell'ambito di un rischio proprio dell'impresa esecutrice dei lavori.
Il ricorso è infondato.
Va innanzitutto osservato che il reato non è prescritto, attese le plurime cause di sospensione del termine che risultano intervenute.
La prima censura muove da una ricostruzione del fatto diversa da quella che il giudice di merito ha ritenuto e correttamente motivato, menzionando la deposizione del teste P.F. (indotto a discarico dallo stesso imputato) che ha riferito come "a suo giudizio, sebbene difficoltoso, fosse comunque possibile creare dei ponteggi di protezione, quantomeno dalla parte esterna" al muro sul quale il V. stava operando.
E certamente non è scriminante la circostanza che l'uso di cinture di sicurezza avrebbe ritardato lo svolgimento dei lavori.
La seconda doglianza è frutto di erronea lettura della norma richiamata, che limita nel senso indicato dal ricorrente la responsabilità del committente per la violazione delle prescrizioni del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, art. 2, lett. B, (concernenti il dovere di coordinare gli interventi di protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori di diverse imprese eventualmente coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva).
La espressa limitazione normativa della responsabilità del committente non riguarda invece la violazione dell'obbligo di cooperare alla attuazione delle misure di prevenzione indicate alla lett. A, della disposizione, relativo alle misure di prevenzione incidenti sulla attività lavorativa oggetto unico o principale dell'appalto.
La responsabilità dell'appaltatore, destinatario specifico della normativa antinfortunistica, non può infatti non estendersi al committente allorchè questi come risulta accaduto nella specie dalla ricostruzione del fatto operato nella sentenza impugnata non sia intervenuto preventivamente per ovviare alla situazione di oggettivo ed evidente pericolo in cui venivano a trovarsi i lavoratori dell'impresa appaltatrice, connessa alla mancata adozione immediatamente percepibile delle misure di prevenzione prescritte.
Il ricorso va dunque respinto, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.




P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2008