Nel caso di specie l'imputato fu assolto dei reati  di cui al D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 6, commi 1 e 5, art. 7 comma 1, art. 27, commi 1 e 2, (omessa presentazione della notifica dell'autocertificazione di cui al D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 6, comma 2, omessa presentazione alle autorità competenti della scheda idonea ad informare cittadini e lavoratori sui rischi di incidenti nello stabilimento e omessa redazione del documento che definisce la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti con l'allegato programma adottato per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza).
La Sez 3 respinge il ricorso del P.M. premettendo che nelle more di giudizio di appello è sopravvenuto l'art. 18 del D.Lgs. 238/2005.
La conclusione è che la novella normativa ha inciso proprio sulla struttura essenziale del reato e quindi trova applicazione la disciplina più favorevole all'imputato.
" Questa Corte (Cass., Sez. 3, 1 febbraio 2005 - 10 marzo 2005, n. 9482) ha affermato in proposito che si ha successione delle leggi penali nel tempo, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2 c.p., quando mutano le norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato (cfr. anche Cass., sez. 5, 26 settembre 2002 - 11 dicembre 2002, n. 41499)."

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere -
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere -
Dott. MARMO Margherita - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.S., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 1.6.2007 del Tribunale di Milano;
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dr. Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. Di Popolo Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito per l'imputato l'avv. Romualdi Giuseppe che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La Corte osserva:


Fatto

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Milano con atto del 26.6.2007 ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa l'1.6.2007 dalla Corte d'appello di Milano, Sezione Terza Penale, con la quale P.S., nato a (OMISSIS), imputato dei reati di cui al D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 6, commi 1 e 5, art. 7 comma 1, art. 27, commi 1 e 2, accertati in (OMISSIS), veniva assolto dal reato a lui ascritto perchè il fatto non costituisce reato; ciò in riforma della sentenza di primo grado n. 330/2004 del 19.4.2005 del Tribunale di Sondrio con la quale l'imputato veniva condannato alla pena di giorni 8 di arresto sostituiti con Euro 304,00 di ammenda per i reati cit. (omessa presentazione della notifica dell'autocertificazione di cui al D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 6, comma 2, omessa presentazione alle autorità competenti della scheda idonea ad informare cittadini e lavoratori sui rischi di incidenti nello stabilimento e omessa redazione del documento che definisce la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti con l'allegato programma adottato per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza).
Con il gravame il P.G. denuncia l'inosservanza o, comunque, l'erronea applicazione dell'art. 2 c.p.
Nella sentenza gravata la Corte d'appello ha ritenuto di aderire al filone giurisprudenziale secondo cui nel novero delle norme integratrici della legge penale cui è applicabile il principio della retroattività della legge più favorevole debbono ricomprendersi tutte quelle che intervengano nell'area di rilevanza penale di un fatto umano e, su questo presupposto, la Corte ha dato rilievo alla modifica normativa introdotta dal D.Lgs. n. 238 del 2005, con la quale è stata elevata a 2.500 tonn. la soglia del quantitativo di prodotti petroliferi stoccabili, al di sotto della quale non sono applicabili il D.Lgs. n. 334 del 1999, artt. 6 e 7.
Siffatta interpretazione - sostiene il P.G. ricorrente - si pone in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la disciplina relativa alla successione delle leggi penali non si applica alle variazioni che non incidono sulla struttura essenziale del reato e che si limitino a precisare la portata del precetto, senza apportare una effettiva immutatio legis.
Il P.G. ricorrente ha quindi concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza gravata sul punto oggetto di censura.
Il P.G. d'udienza ha invece concluso per il rigetto del ricorso.



Diritto

1. Il ricorso è infondato.
2. Deve premettersi che nelle more del giudizio di appello è sopravvenuto il D.Lgs. 21 settembre 2005, n. 238, art. 18 (recante norme di attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose) che, novellando il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 334 (di attuazione della direttiva 96/82/CE cit.), ha sostituito l'allegato 1 al citato D.Lgs. n. 334 del 1999.
In particolare la nuova tabella delle sostanze pericolose prevede pur sempre i prodotti petroliferi, ma, ai fini dell'applicazione dei citati artt. 6 e 7 relativi al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, fissa la soglia limite di 2500 tonnellate, così elevando quella in precedenza stabilità in 500 tonnellate.
La tabella si salda con il precedente D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 2, comma 1, che stabilisce che le disposizioni del medesimo decreto si applicano agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I.
Le condotte penalmente rilevanti, sanzionate dall'art. 27, sono quelle fissate dal citato D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 6, comma 2, e art. 7, comma 1, e sanzionate come reato contravvenzionale dal successivo art. 27.
In particolare l'art. 6 prevede che il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2, comma 1, è obbligato a trasmettere al Ministero dell'ambiente, alla regione, alla provincia, al comune, al prefetto e al Comitato tecnico regionale o interregionale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, una notifica entro determinati termini contenere una serie di informazioni, tra cui le notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la categoria di sostanze pericolose, la loro quantità e la loro forma fisica. Inoltre il gestore, contestualmente alla notifica suddetta, è tenuto ad inviare al Ministero dell'ambiente, alla regione, al sindaco e al prefetto competenti per territorio le informazioni di cui all'allegato 5.
Il successivo art. 7, comma 1, poi prescrive che il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2, comma 1, deve redigere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un documento che definisce la propria politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, allegando allo stesso il programma adottato per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza.
Quindi la fattispecie di reato risulta, nei suoi elementi soggetti ed oggettivi, dal combinato disposto degli artt. 2, 6, 7 e 27 e dell'allegata cit. tabella; la quale ultima vale a definire direttamente l'ambito oggettivo della condotta penalmente; non si tratta invece di norma extrapenale integratrice del precetto penale.
Pertanto la normativa succeduta nel tempo, che ha novellato la tabella, ha inciso direttamente sulla fattispecie penale disegnando un ambito più ristretto della stessa.
Questa Corte (Cass., Sez. 3, 1 febbraio 2005 - 10 marzo 2005, n. 9482) ha affermato in proposito che si ha successione delle leggi penali nel tempo, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2 c.p., quando mutano le norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato (cfr. anche Cass., sez. 5, 26 settembre 2002 - 11 dicembre 2002, n. 41499).
E' quindi corretta l'impugnata sentenza che ha fatto applicazione della sopravvenuta più favorevole disciplina, senza necessità di invocare un orientamento maggiormente garantista (Cass. Sez. 3, 29 gennaio 1998 - 7 aprile 1998, n. 4176) secondo cui per norma incriminatrice si intende la norma che definisce la struttura essenziale e circostanziale del reato, comprese le fonti extrapenali che contribuiscono ad integrare la fattispecie penale, talchè qualsiasi modifica delle fonti integratrici comporta un mutamento della norma incriminatrice, mutamento che è disciplinato dai principi stabiliti dall'art. 2 c.p..
Orientamento questo però contrastato da altra giurisprudenza (Cass., Sez. 4, 22 febbraio 2006 - 18 maggio 2006, n. 17230) secondo cui in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale, deve ritenersi inapplicabile il principio previsto dall'arti. 2 c.p., comma 3, qualora si tratti di modifiche della disciplina integratrice della fattispecie penale che non incidano sulla struttura essenziale del reato, ma comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto delineando la portata del comando.
Ma - si ripete- non occorre prendere partito tra tali due orientamenti giurisprudenziali atteso che nella specie la cit.
novella normativa del 2005 ha inciso proprio sulla struttura essenziale del reato.
3. Pertanto il ricorso va rigettato.



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2008