Ordinanza della Corte (Quinta Sezione)
11 gennaio 2007

(Causa C-437/05)
Jan Vorel/ Nemocnice Ceský Krumlov

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Okresní soud v Ceském Krumlove (Repubblica ceca)

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Nel procedimento C‑437/05,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dell’Okresní soud v Českém Krumlově (Repubblica ceca) con decisione 28 novembre 2005, pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2005, nella causa

Jan Vorel

contro

Nemocnice Český Krumlov,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dal sig. R. Schintgen (relatore), presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. R. Grass

considerata l’intenzione della Corte di statuire con ordinanza motivata in conformità all’art. 104, n. 3, primo comma, del suo regolamento di procedura,

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, 2000/34/CE (GU L 195, pag. 41; in prosieguo: la «direttiva 93/104»), nonché della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9) che ha abrogato e sostituito la direttiva 93/104 a decorrere dal 2 agosto 2004.

2 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede opposti il sig. Vorel e il suo datore di lavoro, il Nemocnice Český Krumlov (ospedale di Český Krumlov, in prosieguo: il «NČK»), riguardo alla definizione della nozione di «orario di lavoro» ai sensi delle direttive 93/104 e 2003/88 in relazione ai servizi di guardia garantiti da un medico in un ospedale nonché riguardo al compenso dovuto per questi ultimi.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 La direttiva 93/104 è stata adottata sulla base dell’art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. da 136 CE a 143 CE) mentre la direttiva 2003/88 menziona quale fondamento normativo l’art. 137 CE.

4 Secondo il suo art. 1, intitolato «Oggetto e campo di applicazione», la direttiva 93/104 stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro e si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, ad eccezione della gente di mare.

5 L’art. 2 della direttiva 93/104, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1) «orario di lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2) «periodo di riposo»: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;

(...)».

6 Tale direttiva prevede, agli artt. 3-6, le misure che gli Stati membri devono adottare affinché ogni lavoratore benefici, in particolare, di periodi minimi di riposo giornaliero e di riposo settimanale, nonché di una pausa, ed essa disciplina anche la durata massima dell’orario settimanale di lavoro.

7 Ai sensi dell’art. 18, n. 1, lett. a), della direttiva 93/104, nella sua versione iniziale gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 23 novembre 1996 o provvedere affinché, al più tardi entro tale data, le parti sociali applicassero consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri dovevano prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva.

8 Come risulta dal primo ‘considerando’, la direttiva 2003/88 mira, per motivi di chiarezza, a codificare le disposizioni della direttiva 93/104.

9 A norma del suo art. 28, la direttiva 2003/88 è entrata in vigore il 2 agosto 2004.

10 In base alla tabella che compare nell’allegato II della stessa direttiva, gli artt. 1-6 della direttiva 93/104 corrispondono agli artt. 1-6 della direttiva 2003/88, disposizioni che, peraltro, sono redatte in termini sostanzialmente identici.

La normativa nazionale

11 Nella Repubblica ceca l’art. 83 della legge n. 65/1965, sul codice del lavoro, nel testo in vigore fino al 1º maggio 2004, definisce l’orario di lavoro come «il periodo nel corso del quale il dipendente è tenuto ad effettuare un’attività lavorativa per il datore di lavoro», il periodo di riposo come «il periodo che non rientra nell’orario di lavoro» e il servizio di guardia come «il periodo nel corso del quale il dipendente è pronto ad effettuare una prestazione di lavoro in applicazione del contratto di lavoro, che, in caso d’urgenza, deve essere eseguita oltre l’orario di lavoro».

12 L’art. 95 della stessa legge, intitolato «servizi di guardia», è formulato nei termini seguenti:

«1) L’eventualità di una prestazione di lavoro urgente effettuata al di là dell’orario di lavoro del dipendente è la condizione del servizio di guardia. Il servizio di guardia può essere effettuato nel luogo di lavoro o in un altro luogo convenuto con il datore di lavoro.

2) Il datore di lavoro può convenire con il dipendente un servizio di guardia per un massimo di 400 ore annuali. Il datore di lavoro può convenire con il dipendente un servizio di guardia effettuato anche in un altro luogo. Nell’ambito di un servizio di guardia che è oggetto di un accordo, il datore di lavoro può ordinare al dipendente di effettuare un servizio di guardia. In un contratto collettivo stipulato all’interno di un’impresa, l’ambito d’applicazione del servizio di guardia può essere limitato al luogo di lavoro, e prevedere eventualmente un servizio di guardia in un altro luogo convenuto con il dipendente.

3) In caso di prestazioni di lavoro nel corso di un servizio di guardia, il dipendente ha diritto ad una retribuzione; una prestazione di lavoro effettuata nell’ambito di un servizio di guardia effettuato al di là dell’orario settimanale di lavoro equivale ad ore di lavoro straordinario ed è inclusa nei limiti per le ore di lavoro straordinario.

4) Il servizio di guardia che non dà luogo ad una prestazione di lavoro non è incluso nell’orario di lavoro; per tale periodo il dipendente ha diritto ad un compenso secondo le disposizioni particolari [leggi n. 1/1992, sulla retribuzione e il compenso dei servizi di guardia e il salario medio, come modificata; e n. 143/1992, sulla remunerazione e sul compenso dei servizi di guardia effettuati presso organismi e organi pubblici e presso altri organismi e organi, come modificata].»

13 L’art. 15 della legge n. 1/1992, intitolato «Compenso dei servizi di guardia», così prevede:

«Qualora il compenso per i servizi di guardia [art. 95 del codice del lavoro] non sia fissato in un contratto collettivo o in un contratto di lavoro, il compenso cui ha diritto il dipendente per un’ora di guardia ammonta ad almeno il 20% della retribuzione oraria media in caso di guardia nel luogo di lavoro o il 10% della retribuzione oraria media in caso di guardia al di fuori del luogo di lavoro».

14 L’art. 19 della legge 143/1992, intitolato «Compenso dei servizi di guardia», prevede quanto segue:

«1) Per ciascuna ora di guardia [art. 95 del codice di lavoro] effettuata nel luogo di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro, il datore di lavoro versa al dipendente un compenso equivalente al 50% e, in caso di giorno festivo, al 100% della quota proporzionale della retribuzione, del supplemento individuale e del supplemento speciale per un’ora lavorativa senza lavoro straordinario nel corso del mese durante il quale è stato effettuato il servizio di guardia.

2) Per ciascuna ora di guardia effettuata al di fuori del luogo di lavoro e al di fuori dell’orario di lavoro, il datore di lavoro versa al dipendente un compenso equivalente al 15% e, in caso di giorno festivo, al 25% della quota proporzionale della retribuzione, del supplemento individuale e del supplemento speciale per un’ora lavorativa senza lavoro straordinario nel corso del mese durante il quale è stato effettuato il servizio di guardia.

3) In caso di prestazione di lavoro nel corso del servizio di guardia, il dipendente ha diritto alla retribuzione. In tal caso non c’è compenso per il servizio di guardia».

La causa principale e la questione pregiudiziale

15 Risulta dall’ordinanza di rinvio che il sig. Vorel lavora con un contratto a tempo indeterminato in qualità di medico presso il NČK.

16 Nel corso del periodo 1º maggio-31 ottobre 2004, il NČK gli ha chiesto di effettuare servizi di guardia nel luogo di lavoro in base ai quali gli ha versato un compenso corrispondente a quello specificamente previsto dalla normativa nazionale in materia di servizi di guardia.

17 Il sig. Vorel contesta le modalità di calcolo di tale compenso dinanzi all’Okresní soud v Českém Krumlově (tribunale distrettuale di Český Krumlov) e chiede a quest’ultimo di condannare il NČK a versargli un supplemento di retribuzione per un importo di CZK 29 151, maggiorato degli interessi, somma corrispondente alla differenza tra il compenso che gli è stato versato per i servizi di guardia ospedaliera effettuati nel corso di tale periodo e la retribuzione che avrebbe dovuto essergli versata qualora tali servizi fossero stati riconosciuti come normale prestazione di lavoro.

18 La domanda del sig. Vorel si fonda sulla sentenza della Corte 9 settembre 2003, causa C‑151/02, Jaeger (Racc. pag. I‑8389), secondo la quale il servizio di guardia effettuato da un medico in un regime di presenza fisica in ospedale costituisce integralmente orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104, anche quando l’interessato è autorizzato a riposarsi nel luogo di lavoro durante i periodi in cui non sono richiesti i suoi servizi. Il sig. Vorel deduce da tale sentenza che la durata complessiva della prestazione che ha fornito per i servizi di guardia ospedaliera deve essere qualificata quale «orario di lavoro» ai sensi delle direttive 93/104 e 2003/88, il che comporterebbe che, secondo queste ultime, tale prestazione debba essere retribuita dal NČK esattamente come se avesse effettuato una prestazione di lavoro, anche se una parte di tale periodo è trascorsa in attesa di un’attività lavorativa effettiva.

19 Per contro, il NČK sostiene anzitutto di essersi conformato, nel calcolare il compenso dovuto al sig. Vorel, alla normativa nazionale in vigore ai sensi della quale si considera che un servizio di guardia nel corso del quale non è fornita alcuna prestazione lavorativa non costituisce orario di lavoro effettivo, ma dà tuttavia diritto ad una certa compensazione economica. Esso sostiene poi che la citata sentenza Jaeger si limita a prescrivere che i servizi di guardia nel corso dei quali il medico non fornisce alcuna attività effettiva non sono qualificati quali periodi di riposo ai sensi della direttiva 93/104. Infine, a suo parere, sono attualmente in corso discussioni per una modifica della direttiva 2003/88 per quanto riguarda in particolare la nozione di orario di lavoro nel diritto comunitario.

20 Ritenendo, quindi, che la soluzione della controversia di cui è investito dipenda dall’interpretazione del diritto comunitario, l’Okresní soud v Českém Krumlově ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Se, sotto il profilo della conformità con la direttiva 93/104/CE nonché con la sentenza (...) Jaeger, nel valutare questioni relative al diritto del lavoro, debba essere considerato come prestazione lavorativa il periodo di tempo in cui un medico è in attesa di attività lavorativa durante un servizio di guardia nel suo luogo di lavoro in ospedale»

Sulla questione pregiudiziale

21 Conformemente all’art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, qualora la soluzione di una questione pregiudiziale possa essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata contenente riferimento alla giurisprudenza pertinente. La Corte ritiene che tale ipotesi ricorra nella causa principale.

22 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se le direttive 93/104 e 2003/88 debbano essere interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro in base alla quale i servizi di guardia che un medico svolge secondo un regime di presenza fisica nel luogo stesso di lavoro, ma nel corso dei quali non svolge alcuna attività effettiva, da un lato, non sono considerati come «orario di lavoro» ai sensi delle menzionate direttive e, d’altro lato, danno luogo ad un compenso calcolato ad un tasso inferiore a quello applicabile alle prestazioni effettive di lavoro.

23 Va, in proposito, ricordato che risulta da giurisprudenza costante che la direttiva 93/104 intende fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l’orario di lavoro. Tale armonizzazione a livello comunitario in materia di organizzazione dell’orario di lavoro è tesa a garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere a questi ultimi periodi minimi di riposo – in particolare giornaliero e settimanale – e periodi di pausa adeguati, prevedendo un tetto di 48 ore per la durata media della settimana lavorativa, limite massimo con riguardo al quale viene espressamente precisato che esso include le ore straordinarie. Le varie prescrizioni enunciate in tale direttiva in materia di durata massima dell’orario di lavoro e di periodi minimi di riposo costituiscono quindi disposizioni della normativa sociale comunitaria che rivestono importanza particolare e di cui ogni lavoratore deve poter beneficiare (vedi sentenza 1º dicembre 2005, causa C‑14/04, Dellas e a., Racc. pag. I‑10253, punti 40, 41 e 49, nonché giurisprudenza citata).

24 Per quanto attiene, più in particolare, alla nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 93/104, la Corte ha più volte affermato che tale direttiva definisce la nozione di orario di lavoro comprendendovi qualsiasi periodo in cui il dipendente sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della propria attività o delle proprie funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, e che tale nozione va intesa in opposizione al periodo di riposo, in quanto ciascuna delle due nozioni esclude l’altra (sentenza Dellas e a., cit., punto 42 e giurisprudenza citata).

25 In tale contesto, la Corte ha precisato che, da un lato, la direttiva 93/104 non prevede categorie intermedie tra i periodi di lavoro e quelli di riposo, e che, dall’altro, tra gli elementi caratteristici della nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva stessa, non figura l’intensità del lavoro svolto dal dipendente o il rendimento di quest’ultimo (sentenza Dellas e a., cit., punto 43).

26 La Corte ha parimenti affermato a tal riguardo che le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo», ai sensi della direttiva 93/104, costituiscono nozioni di diritto comunitario che occorre definire secondo criteri oggettivi, facendo riferimento al sistema e alla finalità della detta direttiva, intesa a stabilire prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti. Infatti, soltanto una siffatta interpretazione autonoma può assicurare la piena efficacia di tale direttiva, nonché l’applicazione uniforme delle dette nozioni in tutti gli Stati membri (sentenza Dellas e a., cit., punti 44 e 45, nonché giurisprudenza citata).

27 La Corte ne ha dedotto che i servizi di guardia svolti dal lavoratore secondo il regime della presenza fisica nella sede del datore di lavoro devono essere interamente intesi come «orario di lavoro» a norma della direttiva 93/104, indipendentemente dalle prestazioni lavorative realmente effettuate dall’interessato durante tali servizi di guardia (sentenza Dellas e a., cit., punto 46 e giurisprudenza citata).

28 Il fatto che i servizi di guardia implichino taluni periodi di inattività resta quindi del tutto irrilevante in tale contesto. Infatti, il fattore determinante per considerare che gli elementi caratteristici della nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 93/104, ricorrano nei servizi di guardia svolti da un lavoratore nel luogo stesso di lavoro è costituito dal fatto che il lavoratore è costretto ad essere fisicamente presente nel luogo stabilito dal datore di lavoro e a tenersi a disposizione del medesimo per poter immediatamente fornire le opportune prestazioni in caso di necessità. Tale obbligo deve essere pertanto considerato ricompreso nell’esercizio delle funzioni del detto lavoratore (sentenza Dellas e a., cit., punti 47 e 48, nonché giurisprudenza citata).

29 Considerato che gli artt. 1-6 della direttiva 2003/88 sono formulati in termini sostanzialmente identici a quelli degli artt. 1-6 della direttiva 93/104, l’interpretazione di quest’ultima, ricordata ai punti 24-28 della presente ordinanza, è pienamente applicabile alla direttiva 2003/88.

30 La circostanza che in seno al Consiglio dell’Unione europea si stia attualmente lavorando per un’eventuale modifica della direttiva 2003/88 è assolutamente irrilevante in proposito, tanto più che le prestazioni di lavoro di cui trattasi nella causa principale sono state effettuate nel corso dell’anno 2004.

31 Si deve pertanto concludere che, nell’ambito di un servizio di guardia che un medico effettua nel luogo stesso di lavoro, i periodi durante i quali egli permane in attesa di svolgere un’attività lavorativa effettiva devono essere interamente qualificati come orario di lavoro e, eventualmente, come ore di lavoro straordinario, ai sensi delle direttive 93/104 e 2003/88, per garantire il rispetto di tutte le prescrizioni minime in materia di orario di lavoro e di riposo dei lavoratori che sono previste da tali direttive e destinate a proteggere in modo efficace la sicurezza e la salute dei suddetti lavoratori.

32 Per quanto riguarda l’incidenza che un regime come quello di cui trattasi nella causa principale può avere a livello dei compensi percepiti dai lavoratori interessati, risulta dalla giurisprudenza della Corte che, eccezion fatta per un’ipotesi particolare come quella di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 in materia di congedo annuale retribuito (v. sentenze 26 giugno 2001, causa C‑173/99, BECTU, Racc. pag. I‑4881; 16 marzo 2006, cause riunite C‑131/04 e C‑257/04, Robinson-Steele e a., Racc. pag. I‑2531, e 6 aprile 2006, causa C‑124/05, Federatie Nederlandse Vakbeweging, Racc. pag. I‑3423), tale direttiva si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, cosicché, in linea di principio, essa non si applica alle retribuzioni dei lavoratori (sentenza Dellas e a., cit., punti 38).

33 Va in proposito aggiunto che, nella citata sentenza Jaeger, cui fa riferimento il giudice del rinvio nella questione sottoposta alla Corte, quest’ultima ha precisato, nel punto 26, che la causa principale, che ha dato luogo a tale sentenza, riguardava esclusivamente gli aspetti di diritto del lavoro connessi ai periodi di guardia, con esclusione dei criteri di remunerazione di questi ultimi.

34 Inoltre, l’interpretazione ricordata al punto 32 della presente ordinanza è, per identità dei motivi, applicabile alla direttiva 2003/88.

35 Le direttive 93/104 e 2003/88 non ostano pertanto all’applicazione da parte di uno Stato membro di una normativa che, ai fini del compenso per il lavoratore e con riguardo ad un servizio di guardia effettuato da quest’ultimo nel luogo di lavoro, prende in considerazione in modo diverso i periodi nel corso dei quali sono concretamente effettuate prestazioni di lavoro e quelli durante i quali non è svolta alcuna attività lavorativa effettiva, purché siffatto regime garantisca integralmente l’effetto utile dei diritti conferiti ai lavoratori dalle direttive menzionate per la protezione effettiva della salute e della sicurezza di questi ultimi.

36 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve risolvere la questione posta dichiarando che le direttive 93/104 e 2003/88 devono essere interpretate nel senso che:

– ostano alla normativa di uno Stato membro in base alla quale i servizi di guardia che un medico effettua secondo un regime di presenza fisica nel luogo stesso di lavoro, ma nel corso dei quali non svolge alcuna attività effettiva, non sono considerati costituire nella loro totalità «orario di lavoro» ai sensi delle menzionate direttive;

– non ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro di una normativa che, ai fini del compenso per il lavoratore e con riguardo ad un servizio di guardia effettuato da quest’ultimo nel luogo di lavoro, prende in considerazione in modo diverso i periodi nel corso dei quali sono realmente effettuate prestazioni di lavoro e quelli durante i quali non è svolta alcuna attività lavorativa effettiva, purché siffatto regime garantisca integralmente l’effetto utile dei diritti conferiti ai lavoratori dalle stesse direttive per la protezione effettiva della salute e della sicurezza di questi ultimi.

Sulle spese

37 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

PQM
la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, 2000/34/CE; e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretate nel senso che:

– ostano alla normativa di uno Stato membro in base alla quale i servizi di guardia che un medico svolge secondo un regime di presenza fisica nel luogo stesso di lavoro, ma nel corso dei quali non svolge alcuna attività effettiva, non sono considerati costituire nella loro totalità «orario di lavoro» ai sensi delle menzionate direttive;

– non ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro di una normativa che, ai fini del compenso per il lavoratore e con riguardo al servizio di guardia effettuato da quest’ultimo nel luogo di lavoro, prende in considerazione in modo diverso i periodi nel corso dei quali sono realmente effettuate prestazioni di lavoro e quelli durante i quali non è svolta alcuna attività lavorativa effettiva, purché siffatto regime garantisca integralmente l’effetto utile dei diritti conferiti ai lavoratori dalle stesse direttive per la protezione effettiva della salute e della sicurezza di questi ultimi