Prevenzione infortuni sul lavoro;
Obbligo di collaborazione prevenzionale tra committente ed appaltatore, indipendentemente dalla forma giuridica del contratto concluso;


 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
TERZA SEZIONE PENALE                        

Composta dagli Ill.mi Signori                                       
Dott. RAIMONDI                 Raffaele                   Presidente
Dott. Pierluigi                ONORATO (est.)            Consigliere
Dott. Vicenzo                  TARDINO                   Consigliere
Dott. Luigi                    PICCIALLI                 Consigliere
Dott. Vittorio                 VANGELISTA                Consigliere

ha pronunciato la seguente                                          

SENTENZA                              
sul ricorso proposto da                                             
1) P. P., nato ad Ancona il 27.6.1965,                              
2) S. M., nato a Fano il 31.8.1947,
avverso la sentenza resa il 12.6.2002 dal  tribunale  monocratico  di
Ancona, sez. dist. di Senigallia.                                   

Vista la sentenza denunciata e il ricorso,                          

Udita la  relazione  svolta  in  udienza  dal  consigliere  Pierluigi
Onorato,                                                            

Udito il pubblico ministero, in  persona  del  sostituto  procuratore
generale Gioacchino Izzo, che ha  concluso  chiedendo  l'annullamento
senza  rinvio  della  sentenza  per  essere  il  reato  estinto   per
prescrizione,                                                       

Osserva:
Fatto
1 - Con sentenza del 12.6.2002 il tribunale monocratico di Ancona, sezione distaccata di Senigallia, ha dichiarato:
- P. P. colpevole del reato di cui all'art. 7,comma 2, lett. a) , in relazione all'art. 89, comma 2 lett. a)  D.Lgs. 19.9.1994 n. 626, perché, quale datore di lavoro per le FFSS., che aveva affidato alla Vecchia Cooperativa Braccianti di Fano il lavoro di serraggio dei chiavardini di una rotaia, omise di cooperare con la ditta appaltatrice all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro relativi all'attività appaltata;
- M. S. colpevole del reato di cui all'art. 7,comma 2, lett. a), in relazione all'art. 89, comma 2 lett. a)  D.Lgs. 19.9.1994 n. 626, perché, quale datore di lavoro per la V. C. B., che aveva assunto in appalto dalle FFSS. il serraggio dei chiavardini di una rotaia, omise di cooperare con la ditta appaltante all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro relativi all'attività presa in appalto;
in Senigallia il 30.9.1998.
Per l'effetto il giudice, riconosciute le attenuanti generiche, ha condannato i predetti all'ammenda di 600 euro ciascuno, con i doppi benefici di legge.
Nella stessa sentenza il giudice ha dichiarato M. B., quale capotronco FF.SS., colpevole dell'omicidio colposo dell'operaio A. C., che durante il suddetto lavoro, nel vano tentativo di rimuovere dalla rotaia una macchina incavigliatrice, veniva investito da un treno, decedendo sul colpo. Al riguardo, il giudice ha osservato che la colpa del B., consistente nella decisione (presa in concorso con imputato in processo connesso, S., caposquadra FF.SS.) di operare con due incavigliatrici nonostante il numero di cinque addetti della squadra fosse insufficiente, perché costringeva lo stesso S. a fungere contemporaneamente da operatore e da "avvistatore", era stata causa esclusiva e comunque determinante dell'incidente mortale.
2 - Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione sia il P. sia il S..
Il primo deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale, posto che illo tempore era stato predisposto un adeguato "Piano di sicurezza" generale; né il teste M. aveva in effetti riferito - come sostenuto nella sentenza - che era stata omessa la valutazione congiunta del rischio.
Il S., dal canto suo, deduce a) violazione di legge penale e difetto di motivazione, giacchè il contratto intercorso tra le FF.SS. e la V. C. B. non era un appalto, ma una fornitura di manodopera, sicché veniva meno il presupposto della contravvenzione; b) in subordine mancanza di motivazione e omessa valutazione di un elemento decisivo, giacché il giudice non ha preso in considerazione il documento "Valutazione dei rischi", allegato al contratto d'appalto, che dimostra la piena cooperazione e collaborazione delle due ditte per assicurare le misure prevenzionali.
Con memoria aggiuntiva depositata in cancelleria, il difensore del S. ha chiesto dichiararsi l'estinzione del reato per prescrizione.
Diritto
3 - Il ricorso del P. deduce una circostanza di fatto non risultante dal testo della sentenza impugnata, e come tale preclusa alla cognizione del giudice di legittimità.
L'impugnazione è pertanto inammissibile.
4 - Quanto al ricorso del S., il primo motivo è manifestamente infondato.
La norma dell'art. 7 D.Lgs. 19.9.1994 n. 626, in caso di lavori affidati a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, impone una collaborazione prevenzionale tra il committente e l'appaltatore o lavoratore autonomo che hanno assunto il compito di eseguire i lavori.
Ratio evidente della norma, introdotta con la riforma generale attuativa di varie direttive comunitarie intese a migliorare la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, è quella di rafforzare la tutela prevenzionale dei lavoratori subordinati, scongiurando ogni possibilità di scarico reciproco delle responsabilità fra i datori di lavoro obbligati.
Si comprende quindi perché questo obbligo di collaborazione prescinda chiaramente dalla forma giuridica del contratto concluso dal committente e vale sia nel caso di appalto ordinario di opere o servizi, di cui all'art. 1655 cod. civ., sia nel caso (vietato) di appalto di manodopera ossia di somministrazione di mere prestazioni lavorative, atteso che in entrambi i casi - e anzi ancor più nel secondo - ricorre l'esigenza di tutela che ha ispirato la norma.
Incorre quindi in evidente errore giuridico il S. quando sostiene che l'obbligo non si applicava alla fornitura di manodopera stipulata tra la V. C. B. e le FF.SS., senza considerare che in linea di fatto il suo assunto è smentito dal coimputato P., e anche dal contenuto dello stesso ricorso dei S..
Il secondo motivo, infine, deduce circostanza di fatto non risultante dal testo della sentenza impugnata, come tale preclusa alla cognizione di questa corte.
In conclusione anche il ricorso del S. è inammissibile.
5 - L'inammissibilità di entrambi i ricorsi preclude la possibilità di rilevare la prescrizione del reato maturata solo in data 30.3.2003 e quindi dopo la sentenza impugnata. Infatti - come hanno chiarito le sezioni unite di questa corte - l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (Sez. Un. n. 32 del 21.12.2000, D. L., rv. 217266).
6 - Consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna alle spese processuali, nonché alla sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non ricorrendo una ipotesi di inammissibilità incolpevole ai sensi della sentenza n. 186/2000 della Corte cost..
P.Q.M.
la corte di cassazione, terza sezione penale, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido alle spese processuali e singolarmente al versamento di 500,00 a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 11.11.2003.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 28 GEN. 2004.