Categoria: Cassazione penale
Visite: 13188

Cassazione Penale, Sez. 4, 22 novembre 2013, n. 46782 - Capo della Protezione civile e infortunio mortale di un volontario: posizione di garanzia e responsabilità


 

 

 

Presidente Brusco – Relatore Serrao

Fatto



1. In data 12 dicembre 2012 il GUP presso il Tribunale di Gorizia ha emesso, ai sensi dell'art. 425 c.p.p., sentenza di non luogo a procedere nei confronti di M.M. in ordine al delitto di cui all'art. 589, comma secondo, c.p., avvenuto in ... con evento morte il (omissis) ai danni di V.C. . In sintesi il fatto: V.C. , volontario della Protezione Civile del Comune di Gorizia, nell'effettuare unitamente ai suoi colleghi un intervento di manutenzione straordinaria della facciata principale dell'edificio di via (omissis) , di proprietà del Comune di Gorizia e del quale una parte è adibita a sede della Protezione Civile comunale, veniva portato sul tetto dell'edificio a mezzo di cesta autosollevante unitamente a due colleghi e, dopo aver smontato uno striscione-insegna recante la dicitura "Protezione Civile", depositato sul tetto, ed aver pulito con l'idropulitrice una parte del muro, anziché scendere come i due colleghi con lo stesso mezzo con cui era salito, si allontanava in direzione opposta lungo il tetto, camminando sopra la copertura del capannone su lastre in pannelli ondulati di cemento-amianto ivi presenti e precipitando dal tetto a seguito del cedimento di taluni dei pannelli di copertura e del sottostante pannello del controsoffitto sino a terra all'interno del magazzino, per un'altezza di circa 8 m. In seguito alla caduta V.C. decedeva sul colpo a causa delle gravissime lesioni cranio-encefaliche ed endotoraciche riportate nella caduta.
2.All'esito del decesso, il PM procedeva nei confronti di M.M. nella sua qualità di Comandante della Polizia Municipale di Gorizia e capo della Protezione Civile del Comune di Gorizia, dunque in qualità di datore di lavoro, per aver cagionato, in concorso con P.G. , coordinatore dei volontari della Protezione Civile di Gorizia, la morte di V.C. per colpa specifica, consistita nella inosservanza delle norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e in particolare per la violazione degli articoli: 71, commi 1 e 2 lett. c) d.lgs. 81/08, non avendo posto a disposizione dei volontari della Protezione Civile, che si accingevano ad effettuare i lavori di manutenzione della facciata, attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza prescritti dalla legge; 71 comma 7 d.lgs. 81/08, per aver consentito l'utilizzo di una gru oleodinamica priva di comando elettromagnetico in maniera errata ad operatori non incaricati, non informati e non adeguatamente addestrati; 71 comma 8 d.lgs. 81/08, per non aver provveduto a che le attrezzature di cui sopra fossero sottoposte ad interventi di controllo periodici; 36 e 37 d.lgs. 81/08, per non aver fornito a V.C. adeguata informazione sui rischi specifici dell'attività che andava a svolgere né adeguata formazione con particolare riferimento ai rischi specifici dell'attività che gli si richiedeva di svolgere né adeguato addestramento; d.lgs. 81/08, per non aver predisposto per il fabbricato in questione, di proprietà del Comune di Goriziani documento di valutazione dei rischi, all'interno del quale sarebbe stato necessario evidenziare il rischio di caduta dall'alto costituito dalla copertura non calpestabile e non pedonabile, specificando altresì le procedure di sicurezza, i dispositivi di protezione e la formazione necessari per lo svolgimento dell'attività lavorativa, non rientrante nell'ambito di competenza della Protezione Civile; 115 comma 1 e 3 d.lgs. 81/08, per non aver predisposto né presidio né vigilanza da parte di preposti, designati e formati ai sensi dell'art. 37 d.lgs. 81/08; per non aver informato il personale adibito a lavori in quota, che avrebbero dovuto utilizzare idonei dispositivi anticaduta in presenza di un parapetto di altezza inferiore ad un metro e a fronte della necessità di muoversi sul tetto per posizionare provvisoriamente l'insegna che il P. aveva sganciato dal muro ove era infissa; 18 comma 1 lett. c), d), e) d.lgs. 81/08, per aver omesso di tenere conto della capacità e delle condizioni dei volontari della Protezione Civile ed in particolare del V. in rapporto in particolare alla sicurezza e per aver omesso di fornire i lavoratori dei necessari ed idonei dispositivi di protezione individuale, prendendo altresì appropriate misure affinché solamente lavoratori adeguatamente formati avessero accesso alle zone che li esponevano al rischio grave e specifico sopra descritto; 2087 c.c., non avendo, in qualità di datore di lavoro, adottato le misure necessarie alla tutela dell'integrità fisica del lavoratore.
3.Il GUP ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di M.M. "per non aver commesso il fatto", ritenendo che il quadro probatorio non consentisse di addivenire al rinvio a giudizio dell'imputato; la motivazione, posta a base della decisione, fa riferimento all'assenza di prova in merito all'incidenza della condotta di M.M. sull'intervento "previamente concordato nel corso di una riunione svoltasi tra i volontari ed il coordinatore degli stessi...", intervento iniziato il (omissis) , ed in merito al fatto che lo stesso ne fosse stato in concreto informato, nonché in ordine al difetto di nesso di causalità tra la caduta di V.C. e la violazione di alcune delle norme antinfortunistiche contestate, nonché in ordine all'assenza di accertamenti in merito a quanto concretamente avvenuto, tale da rendere problematico stabilire se vi fosse un nesso causale tra le cautele omesse e l'evento e/o se un'iniziativa della vittima esorbitante dall'intervento programmato fosse stata causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento.
3.1. In particolare, dopo aver evidenziato che nel capo d'imputazione il PM aveva precisato che "in una riunione tra i volontari e il coordinatore" si era concordato un intervento di manutenzione straordinaria della facciata principale, della sede della Protezione Civile; che il giorno stabilito i volontari Ma.Lu. , V.C. e il loro coordinatore P.G. erano stati issati sul corridoio calpestabile del tetto e, smontate le insegne, pulita con l'idropulitrice una parte del muro, con la stessa gru con cui erano stati portati sul tetto scendevano P. e Ma. , mentre V. si allontanava in direzione opposta, forse per scender attraverso una scala di sicurezza collocata sull'altro lato dell'edificio, il GUP ha analiticamente riportato il contenuto della consulenza tecnica disposta dal PM, in cui si descrive la sede della Protezione Civile ed il percorso longitudinale compiuto dalla vittima, lo stato di conservazione e manutenzione del fabbricato, la violazione di norme antinfortunistiche concernenti la gru utilizzata per portare i volontari sul tetto, la determinazione n.36 del 30.12.2008, che aveva attribuito con decorrenza 1.1.2009 a M. incarichi dirigenziali con competenze e responsabilità dirette di tutte le funzioni e le attività attribuite alla Polizia Municipale e alla Protezione Civile, rilevando l'assenza sia nella consulenza sia nella contestazione del Pubblico Ministero dell'esatta individuazione dell'intervento programmato, necessaria per stabilire se la vittima si fosse attenuta al programmato o avesse assunto iniziative imprevedibili e per stabilire quale fosse il nesso causale che eventualmente legava l'evento concreto alle norme cautelari violate. Premesso che l'intervento eseguito dai volontari era, come incontroverso, un intervento di manutenzione straordinaria e non un intervento proprio e specifico di Protezione Civile, né un'esercitazione istituzionale, il giudice aveva ordinato ex art. 421 bis c.p.p. che venissero compiuti ulteriori accertamenti volti a stabilire se in concreto M. avesse inciso in qualche modo o misura sulla decisione dell'intervento e nella sentenza ha evidenziato come l'ulteriore documentazione depositata dal PM non avesse consentito di chiarire se M. avesse inciso in qualche misura sull'intervento "previamente concordato nel corso di una riunione svoltasi tra i volontari e il coordinatore degli stessi" o se ne sia stato in concreto informato, ritenendo non contestabili a M. i diversi profili di colpa specifica indicati nel capo d'imputazione, presupponenti la preventiva conoscenza dell'intervento. La sentenza impugnata, premesso che il giudice deve accertare se le invocate cautele avrebbero o meno scongiurato l'evento, ha escluso che la caduta di V.C. fosse in qualche modo collegabile al funzionamento, alla manutenzione o allo stato della gru con la quale era stato issato sul tetto ed ha ritenuto che l'assenza di un accertamento in merito a quanto concretamente avvenuto non avrebbe consentito di stabilire il nesso causale tra le cautele omesse e l'evento.
4. Il Procuratore della Repubblica di Gorizia ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell'art. 606, comma 1 lett.c) c.p.p. in quanto nell'intestazione della sentenza viene riportato il nominativo di M.M. mentre all'interno, nel corpo della sentenza ed in relazione alla decisione, si fa preciso riferimento all'altro imputato, P.G. , che ha scelto il rito abbreviato; erronea applicazione della legge penale ovvero contraddittorietà ed illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. b) ed e) c.p.p. in quanto: a) contrasta con la norma penale l'affermazione per cui, non trattandosi di compiti istituzionali della Protezione Civile, non potesse essere assunta dal M. una posizione di garanzia; b) la circostanza che i volontari della Protezione Civile si fossero improvvisati operai edili, con il benestare e comunque condividendo le loro attività certamente con il P. e con il M. , non consente di sostenere che non sia possibile individuare una responsabilità in capo ad alcuno; c) nel corso dell'udienza preliminare è emerso da dichiarazioni dei testi m.s. , G.M. , B.S. e C.M. come i volontari della Protezione Civile svolgessero quasi per abitudine attività di manutenzione di edifici, giustificando le contestazioni antinfortunistiche di cui al capo di imputazione, talune delle quali non in nesso di causa con l'evento che ha coinvolto il V. ; d) in seguito all'istruttoria dinanzi al Giudice per l'Udienza Preliminare, è emerso che V.C. era salito sul tetto del capannone in quanto i volontari della Protezione Civile - in maniera del tutto impropria - venivano utilizzati dal responsabile della Protezione Civile comunale, venendo coordinati dal P. , alla stregua di comuni operai; e) all'udienza del 15.05.2012 è emerso dalle dichiarazioni dei testi Ma. e Ce. che ai volontari era stato detto di andare a vedere "anche il tetto che spande"; f) le deposizioni dei testi sentiti in udienza hanno evidenziato che, a prescindere dall'esito delle ulteriori indagini disposte dal giudice, c'era l'abitudine di utilizzare i volontari in maniera incongrua; g) ancorché non in nesso causale con il decesso, le violazioni di cui alle norme antinfortunistiche sub 1), 2), 3) devono necessariamente essere addebitate al datore di lavoro; h) il GUP ha fondato la sua sentenza di proscioglimento anche sulle affermazioni svolte dall'Ass 2 Isontina in sede di ricorso amministrativo.
5. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Vincenzo Geraci, ha concluso per il rigetto del ricorso.
6. M.M. , a mezzo del difensore Avv. Federico Carnelutti, ha depositato memoria difensiva esponendo che tutto l'iter motivazionale è interamente orientato nei confronti della sola posizione del M. ; che è, invece, il Pubblico Ministero che confonde le posizioni sostanziali e processuali dei due imputati proponendo una mera rilettura nel merito degli elementi indiziari, preclusa in questa sede, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Diritto



7. Alcuni dei motivi addotti (violazione ex art.606 comma 1 lett.c cod.proc.pen., sub a), b) ed h) sono infondati, in quanto concernono censure che non trovano corrispondenza nell'impianto motivazionale del provvedimento impugnato.
7.1. Il provvedimento impugnato ha, invero, espresso la motivazione, con esclusivo riferimento alla posizione dell'imputato M.M. dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal Pubblico Ministero ricorrente, senza incorrere in errore di persona, in merito all'inidoneità degli elementi istruttori acquisiti nel corso delle indagini preliminari a suffragare l'ipotesi accusatoria dell'assunzione da parte dell'indagato della posizione di garanzia in relazione ad attività estranee ai compiti che la L.24.2.1992, n.225 ascrive al settore della Protezione Civile. Il giudice ha, quindi, basato il proprio convincimento sulla carente dimostrazione di un elemento oggettivo costitutivo della fattispecie contestata ed ha, poi, secondo quanto si evince dall'indicazione dell'esito delle ulteriori indagini ordinate ai sensi dell'art.421 bis cod.proc.pen., ritenuto non colmabile tale carenza in sede dibattimentale.
8. Le deduzioni in fatto contenute nel ricorso attengono, poi, ad una configurazione della vicenda, con riferimento ad elementi essenziali quali le modalità di assunzione dell'obbligo di garanzia in relazione all'esatta individuazione del tipo di intervento programmato, diversa da quella contestata nel capo d'imputazione ed evidenziano come il provvedimento impugnato si sia correttamente attenuto al principio di correlazione tra accusa e capo d'imputazione (Sez. 2, n. 6346 del 13/12/2011, Scarzi).
9. Con riguardo alle censure in diritto, nel provvedimento impugnato il giudice ha fatto buon governo dei principi per cui, in tema di reato omissivo improprio, il rapporto di causalità tra condotta ed evento presuppone l'affermazione di un obbligo di garanzia in capo al soggetto di cui si assume la responsabilità (Sez. 4, n. 17069 del 16/02/2012, Samudri, Rv. 253067); nel rispetto del principio di tassatività, oltre agli obblighi di garanzia previsti dalla legge, vengono individuati obblighi di garanzia derivati, ossia trasferiti dall'originario garante ad altro soggetto; l'obbligo di garanzia, in virtù della delimitazione prevista dall'art. 40, comma secondo, c.p. alle sole fonti di doveri giuridici, deve essere previsto dalla legge, dal contratto o può derivare dalla volontaria assunzione dell'obbligo (negotiorum gestio art. 2028 c.c); in tema di infortuni sul lavoro, la previsione di cui all'art. 299 D.Lgs. n. 81 del 2008 (rubricata esercizio di fatto di poteri direttivi) - per la quale le posizioni di garanzia gravano altresì su colui che, pur sprovvisto di regolare investitura,-eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati - ha natura meramente ricognitiva del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite e consolidato, per il quale l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (Sez. 4, n. 10704 del 07/02/2012, Corsi, Rv. 252676). Il GUP ha ritenuto che, nel caso concreto, le acquisizioni istruttorie non fossero idonee a fondare un giudizio prognostico favorevole circa la prova della posizione di garanzia dell'indagato, sul presupposto che tale posizione non fosse configurabile in relazione ad un intervento di manutenzione edile estraneo ai compiti istituzionali della Protezione Civile, e che, dunque, fosse necessaria, per sostenere l'accusa in giudizio, l'acquisizione di elementi probatori atti a dimostrare che l'indagato avesse volontariamente assunto tale obbligo di garanzia.
9.1. La censura dedotta dal Pubblico Ministero ricorrente con riferimento all'esame dei testimoni, le cui dichiarazioni sono in parte riportate nel ricorso, risulta tuttavia fondata. Il giudice di legittimità ha, ai sensi del novellato art. 606 cod.proc.pen., il compito di accertare (Sez. 5, n.18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168;Sez.6, n. 35964 del 28/09/2006, Foschini ed altro, Rv. 234622; Sez. 2, n.7380 del 11/01/2007, Messina, Rv. 235716; Sez. 5, n.39048 del 25/09/2007, Casavola ed altri, Rv. 238215; Sez. 2, n.18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789), la decisività del materiale probatorio richiamato (che deve essere tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione); l'esistenza di una radicale incompatibilità con l'iter motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto (non essendo il giudice di legittimità obbligato a prendere visione degli atti processuali anche se specificamente indicati, ove non risulti detto requisito); la sussistenza di una prova omessa o inventata, o il c.d. “travisamento della prova, ma solo qualora la difformità della realta storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio).
9.2. Tali considerazioni devono, nel caso concreto, essere correlate alla peculiare regola di giudizio che governa l'udienza preliminare, la quale richiede esclusivamente la verifica della possibilità di sostenere l'accusa in giudizio e, dunque, la possibilità che i dati di conoscenza già acquisiti possano essere integrati nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l'orientamento secondo il quale il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere, ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. d) o lett. e), non può avere per oggetto gli elementi acquisiti dal Pubblico Ministero ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d'insieme degli elementi acquisiti (Sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, Orsini, Rv. 247860; Sez. 5, n. 15364 del 18/03/2010, Caradonna, Rv. 246874; Sez. 4, n. 2652/09 del 27/11/2008, Sorbello, Rv. 242500; Sez. 5, n. 14253 del 13/02/2008, Piras, Rv. 239493). Il Giudice di legittimità, dunque, ha il compito di verificare se il Giudice dell'udienza preliminare abbia fatto un corretto esercizio del suo potere di prognosi riguardo agli eventuali sviluppi del processo, e, cioè, alla possibilità per il giudizio dibattimentale di offrire elementi di prova ulteriori ovvero di consentire l'acquisizione metodologicamente più affidabile, perché nel contraddittorio delle parti, di elementi in precedenza assunti unilateralmente: dati tali da pervenire a risultati conoscitivi che permettano di chiarire la vicenda oggetto del giudizio ed al Pubblico Ministero di sostenere l'accusa ai fini della eventuale pronuncia di condanna (Sez. 6, n. 20207 del 26/04/2012, Broccio, Rv. 252719). La valutazione circa il corretto esercizio per predetto potere di prognosi non è, invece, possibile qualora nel complessivo esame degli elementi acquisiti risulti del tutto omesso ogni riferimento ad alcune emergenze istruttorie, specificamente indicate nel ricorso.
9.3. Ebbene, nel fascicolo dell'udienza preliminare è presente un CD sul quale si legge "P. ud.26/7/2012 audiz.testi" e dal verbale di udienza si evince che in data 26/6/2012, disposta la separazione del procedimento a carico di M. da quello a carico di P. , il G.U.P. ha ordinato ulteriori accertamenti ex art. 421 bis cod.proc.pen. per M. , procedendo per l'imputato P. con esame dei testi Ma.Ma. , m.s. , S.N. , L.A. , G.M. , B.S. , C.M. . Nel medesimo verbale si fa riferimento ad un esame testimoniale svoltosi in data 15/5/2012, ossia in data antecedente la separazione dei procedimenti. La radicale assenza di riferimenti, nella motivazione, a tali acquisizioni istruttorie, seppure in parte riferibili al procedimento svolto nei confronti del coimputato P. ma delle quali non è, allora, giustificata la presenza nel fascicolo relativo all'imputato M. , non consente a questa Corte di constatare se il G.U.P. abbia correttamente verificato la possibilità di sostenere l'accusa in giudizio e, dunque, la possibilità che i dati di conoscenza già acquisiti potessero essere integrati nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Il provvedimento impugnato, in altre parole, tace su elementi istruttori che potevano incidere sulla prognosi in cui si sostanzia la pronuncia di cui all'art. 425 cod.proc.pen., scardinando l'intero impianto motivazionale.
10. Alla luce di rilievi fin qui svolti, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio, in accoglimento dell'impugnazione fondata sulla lett. e) del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen., nella parte concernente le carenze motivazionali sopra indicate. Gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Gorizia, in funzione di Giudice per l'Udienza Preliminare, per un nuovo esame del punto indicato.

P.Q.M.



Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Gorizia per nuovo esame.