SENTENZA DELLA CORTE (QUINTA SEZIONE) DEL 14 LUGLIO 1994. - CAROLE LOUISE WEBB CONTRO EMO AIR CARGO (UK) LTD. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HOUSE OF LORDS - REGNO UNITO. - PARITA DI TRATTAMENTO FRA UOMINI E DONNE - DIRETTIVA 76/207/CEE - SOSTITUZIONE DI UNA LAVORATRICE DIPENDENTE IN CONGEDO DI MATERNITA - SOSTITUTA GESTANTE - LICENZIAMENTO. - CAUSA C-32/93.
(conclusioni dell'avvocato generale)

 

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-03567
edizione speciale svedese pagina I-00035
edizione speciale finlandese pagina I-00035

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Accesso al lavoro e condizioni di lavoro ° Parità di trattamento ° Licenziamento di una lavoratrice dipendente assunta a tempo indeterminato, ma al fine di sostituire nell' immediato un' altra dipendente in congedo di maternità, che non sia in grado di assicurare tale sostituzione a causa del proprio stato di gravidanza ° Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 76/207/CEE, artt. 2, n. 1, e 5, n. 1)



Massima


Il combinato disposto dell' art. 2, n. 1, e dell' art. 5, n. 1, della direttiva 76/207/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, osta al licenziamento di una lavoratrice assunta a tempo indeterminato al fine di sostituire, in un primo tempo, un' altra dipendente durante il congedo di maternità di quest' ultima e che non sia in grado di assicurare tale sostituzione trovandosi anch' essa incinta poco dopo la sua assunzione.

Infatti, in primo luogo, il licenziamento di una lavoratrice a motivo della sua gravidanza rappresenta una discriminazione diretta fondata sul sesso e la situazione di una donna che si trovi nell' incapacità di svolgere le mansioni per le quali è stata assunta, a seguito di una gravidanza rivelatasi subito dopo la conclusione del contratto di lavoro, non è paragonabile a quella di un uomo che si trovi nella medesima situazione di incapacità, per ragioni di salute o di altra natura, in quanto lo stato di gravidanza non è in alcun modo assimilabile ad uno stato patologico, a fortiori a un' indisponibilità non derivante da ragioni di salute. In secondo luogo, il licenziamento di una donna incinta, assunta a tempo indeterminato, non può trovare fondamento in motivi attinenti all' incapacità dell' interessata a soddisfare una delle condizioni essenziali del suo contratto di lavoro, anche se la disponibilità del dipendente è necessariamente per il datore di lavoro una condizione essenziale alla buona esecuzione del contratto di lavoro, dato che la tutela garantita dal diritto comunitario alla donna gestante non può, a meno di privare le disposizioni della direttiva di ogni pratica efficacia, dipendere dalla circostanza che la presenza dell' interessata, nel periodo corrispondente al suo congedo di maternità, è indispensabile al buon funzionamento dell' impresa in cui essa lavora.



Parti


Nel procedimento C-32/93,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dalla House of Lords nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Carole Louise Webb

e

EMO Air Cargo (UK) Ltd,

domanda vertente sull' interpretazione della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, R. Joliet, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse (relatore) e M. Zuleeg, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la signora Carole Louise Webb, dalle signore Laura Cox e Deborah King, barristers, mandatarie della signora Susan James, solicitor presso lo Hillingdon Legal Recourse Center;

° per il governo del Regno Unito, dal signor John Collins, del Treasury Solicitor' s Department, in qualità di agente, assistito dall' avv. Derrick Wyatt, QC, del foro di Inghilterra e del Galles;

° per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Nicholas Khan, membro del servizio giuridico, in qualità di agente;

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della signora Webb, del governo del Regno Unito e della Commissione all' udienza del 21 aprile 1994,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all' udienza del 1 giugno 1994,

ha pronunciato la seguente

Sentenza



Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 26 novembre 1992, pervenuta alla Corte il 4 febbraio 1993, la House of Lords ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull' interpretazione della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40).

2 Tale questione è stata sollevata nell' ambito di una controversia fra la signora Webb e la EMO Air Cargo (UK) Ltd (in prosieguo: la "EMO").

3 Risulta dall' ordinanza di rinvio che nel 1987 presso la EMO erano occupati 16 lavoratori. Nel giugno 1987, una delle quattro persone addette alle operazioni di importazione, la signora Stewart, veniva a trovarsi in stato interessante. La EMO decideva di non attendere l' inizio del congedo di maternità dell' interessata per assumere una sostituta, di modo che la signora Stewart potesse formare quest' ultima nei sei mesi precedenti il proprio congedo. La signora Webb veniva assunta allo scopo, in un primo tempo, di assicurare la sostituzione della signora Stewart dopo un periodo di formazione. Tuttavia, era previsto che la signora Webb continuasse a lavorare presso la EMO anche dopo il rientro della signora Stewart. Emerge dagli atti che all' atto della stipulazione del contratto di lavoro la signora Webb non sapeva di essere incinta.

4 La signora Webb iniziava a lavorare presso la EMO il 1 luglio 1987. Due settimane più tardi, la signora Webb aveva il sospetto di essere incinta. Il suo datore di lavoro ne veniva informato indirettamente e quindi la convocava, comunicandole l' intenzione di licenziarla. La gravidanza della signora Webb risultava confermata una settimana più tardi. Il 30 luglio, la signora Webb riceveva una lettera di licenziamento in cui, in particolare, si precisava: "Ella ricorderà che in occasione del Suo colloquio d' assunzione, circa quattro settimane fa, Le fu comunicato che il posto per il quale aveva fatto domanda e che Le è stato assegnato era divenuto disponibile a causa dell' intervenuto stato di gravidanza di una delle nostre dipendenti. Poiché Ella mi ha solo ora riferito di trovarsi nel medesimo stato, non mi resta altra scelta che quella di porre termine al Suo rapporto di lavoro con la nostra società".

5 La signora Webb proponeva quindi ricorso presso l' Industrial Tribunal, adducendo una discriminazione diretta fondata sul sesso e, in via subordinata, una discriminazione indiretta.

6 La normativa nazionale pertinente nella fattispecie è il Sex Discrimination Act del 1975. Risulta, infatti, dagli atti che la signora Webb non può invocare né l' art. 54 dell' Employment Protection (Consolidation) Act del 1978, che vieta i licenziamenti senza giusta causa, né l' art. 60 del medesimo Act, secondo cui il licenziamento a seguito di gravidanza costituisce licenziamento senza giusta causa. Infatti, ai sensi dell' art. 64 del medesimo testo di legge, i lavoratori dipendenti assunti da meno di due anni non possono avvalersi di tale tutela.

7 L' art. 1, n. 1, del Sex Discrimination Act prevede:

"Attua una discriminazione nei confronti di una donna in tutti i casi rilevanti ai fini delle disposizioni previste dalla presente legge chiunque

a) riservi alla donna, a causa del suo sesso, un trattamento meno favorevole di quello riservato, o che verrebbe riservato, a un uomo (...)".

8 Ai sensi dell' art. 2:

"1) L' articolo 1 nonché le disposizioni contenute nella parte II e nella parte III riguardanti le discriminazioni fondate sul sesso di cui possono essere vittime le donne devono intendersi come parimenti valide per quanto riguarda il trattamento degli uomini e a tal fine applicabili, con le modificazioni all' uopo necessarie.

2) Nell' applicare il precedente n. 1) non deve tenersi in nessun conto il trattamento speciale concesso alle donne in relazione alle ipotesi di gravidanza o puerperio".

9 L' art. 5, n. 3, precisa:

"Il confronto tra casi di persone di sesso o stato civile differente ai sensi dell' articolo 1, n. 1 (...) presuppone che le circostanze rilevanti nell' un caso siano uguali a quelle rilevanti nell' altro, o comunque non siano sostanzialmente differenti".

10 Infine, l' art. 6, n. 2, del Sex Discrimination Act dispone:

"Commette infrazione chiunque, avendo alle sue dipendenze una donna presso un' azienda situata nel Regno Unito, compia una discriminazione nei suoi confronti

(...)

b) licenziandola o sottoponendola a ogni altra misura che le arrechi pregiudizio".

11 Il ricorso della signora Webb è stato respinto dall' Industrial Tribunal. Detto giudice ha infatti ritenuto che la signora Webb non fosse stata vittima di una discriminazione diretta fondata sul sesso. Esso ha dichiarato che il motivo effettivo e determinante del licenziamento della signora Webb era la prevedibile incapacità dell' interessata di svolgere il compito principale per cui era stata assunta, vale a dire quello di assicurare la sostituzione della signora Stewart durante il congedo di maternità di quest' ultima. Orbene, se un uomo fosse stato assunto al medesimo scopo della signora Webb e avesse comunicato al suo datore di lavoro che si sarebbe assentato per un periodo analogo alla probabile assenza della signora Webb anch' egli, secondo tale giudice, sarebbe stato licenziato.

12 L' Industrial Tribunal ha parimenti ritenuto che la signora Webb non fosse stata vittima di una discriminazione indiretta. Era probabile che l' incapacità di svolgere il lavoro che aveva motivato l' assunzione di un lavoratore subordinato potesse colpire un numero superiore di donne che di uomini, a motivo dell' eventualità di una gravidanza. Tuttavia, secondo tale giudice, il datore di lavoro aveva fornito la prova del fatto che ragionevoli esigenze dell' azienda imponevano che la persona assunta per sostituire la signora Stewart durante il suo congedo di maternità fosse disponibile.

13 La signora Webb ha, inutilmente, impugnato tale sentenza dinanzi all' Employment Appeal Tribunal, poi dinanzi alla Court of Appeal. La Court of Appeal ha autorizzato la signora Webb a proporre ricorso dinanzi alla House of Lords.

14 Quest' ultima osserva che la particolarità di questa controversia consiste nel fatto che la donna incinta licenziata era stata assunta precisamente allo scopo, almeno in un primo tempo, di sostituire un' impiegata che doveva a sua volta assentarsi in congedo di maternità. Detto giudice si chiede se il licenziamento fosse impossibile a causa dello stato di gravidanza della signora Webb, oppure se si debbano far prevalere i motivi alla base dell' assunzione di quest' ultima.

15 Ritenendosi tenuta ad interpretare la normativa nazionale applicabile in maniera tale da porla in conformità con l' interpretazione della direttiva 76/207, quale stabilita dalla Corte, la House of Lords ha sospeso il giudizio ed ha sollevato la seguente questione pregiudiziale:

"Se un datore di lavoro attui una discriminazione fondata sul sesso, in contrasto con la direttiva del Consiglio 76/207/CEE, licenziando una dipendente (la ricorrente) da lui assunta al fine di sostituire, dopo un periodo di tirocinio, un' altra dipendente durante il congedo di maternità di quest' ultima, qualora ricorrano le seguenti circostanze:

a) poco dopo l' assunzione, il datore di lavoro scopre che anche la ricorrente si assenterà dal lavoro, ponendosi in congedo di maternità, durante l' assenza dell' altra dipendente per lo stesso motivo, e il datore di lavoro la licenzia perché ha bisogno che il titolare del posto sia al lavoro in detto periodo, e

b) se il datore di lavoro fosse stato a conoscenza dello stato di gravidanza della ricorrente al momento dell' assunzione non l' avrebbe assunta, e

c) il datore di lavoro avrebbe analogamente licenziato un dipendente, assunto allo stesso scopo, che avesse avuto bisogno di assentarsi dal lavoro, nel periodo che viene in rilievo, per ragioni di salute o per altri motivi".

16 Risulta dagli atti che la questione pregiudiziale si riferisce ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

17 Ai sensi dell' art. 1, n. 1, la direttiva 76/207 ha per obiettivo l' attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, e l' accesso alla formazione professionale, nonché le condizioni di lavoro.

18 L' art. 2, n. 1, della direttiva precisa che "(...) il principio della parità di trattamento implica l' assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia". Ai sensi dell' art. 5, n. 1, "l' applicazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso".

19 Come la Corte ha dichiarato nella sentenza 8 novembre 1990, causa C-179/88, Handels- of Kontorfunktionaerernes Forbund i Danmark (Racc. pag. I-3979, punto 13; in prosieguo: la "sentenza Hertz"), e riaffermato nella sentenza 5 maggio 1994, causa C-421/92, Habermann-Beltermann (Racc. pag. I-1657, punto 15), il licenziamento di una lavoratrice a motivo della sua gravidanza rappresenta una discriminazione diretta fondata sul sesso.

20 Occorre d' altronde osservare che, riservando agli Stati membri il diritto di mantenere in vigore o di istituire norme destinate a proteggere la donna per quel che riguarda "la gravidanza e la maternità", l' art. 2, n. 3, della direttiva 76/207 riconosce la legittimità, in relazione al principio della parità di trattamento tra i sessi, in primo luogo, della protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la gravidanza, e, in secondo luogo, della protezione delle particolari relazioni tra la donna e il bambino, durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto (sentenze Habermann-Beltermann, già citata, punto 21, e 12 luglio 1984, causa 184/83, Hofmann, Racc. pag. 3047, punto 25).

21 Proprio in considerazione dei rischi che un eventuale licenziamento fa pesare sullo stato fisico e psichico delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, ivi compreso il rischio particolarmente grave di spingere la lavoratrice gestante ad interrompere volontariamente la gravidanza, il legislatore comunitario, ai sensi dell' art. 10 della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l' attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (GU L 348, pag. 1), ha poi previsto una protezione specifica per la donna, sancendo il divieto di licenziamento nel periodo compreso tra l' inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità.

22 Si deve altresì sottolineare che l' art. 10 della direttiva 92/85 non ha previsto alcuna eccezione o deroga al divieto di licenziamento della lavoratrice gestante, nel corso di detto periodo, tranne i casi eccezionali non connessi allo stato dell' interessata.

23 Occorre risolvere la questione sollevata dalla House of Lords, che riguarda la direttiva 76/207, tenendo conto di questo contesto generale.

24 In primo luogo, non è possibile, come richiede la House of Lords, porsi la questione se la situazione di una donna che si trovi nell' incapacità di svolgere le mansioni per le quali è stata assunta, a seguito di una gravidanza rivelatasi subito dopo la conclusione del contratto di lavoro, sia paragonabile a quella di un uomo che si trovi nella medesima situazione di incapacità, per ragioni di salute o di altra natura.

25 Infatti, come giustamente sostiene la signora Webb, lo stato di gravidanza non è in alcun modo assimilabile ad uno stato patologico, a fortiori a un' indisponibilità non derivante da ragioni di salute, situazioni che invece possono motivare il licenziamento di una donna senza che per questo tale licenziamento sia discriminatorio in base al sesso. Nella citata sentenza Hertz, la Corte ha d' altronde nettamente distinto la gravidanza dalla malattia, anche nel caso di una malattia causata dalla gravidanza ma che sopraggiunga dopo il congedo di maternità. Essa ha precisato (punto 16) che non è il caso di distinguere tale malattia da qualsiasi altra malattia.

26 Occorre aggiungere che, contrariamente all' argomento addotto dal governo del Regno Unito, il licenziamento di una donna incinta, assunta per una durata indeterminata, non può trovare fondamento su motivi attinenti all' incapacità dell' interessata a soddisfare una delle condizioni essenziali del suo contratto di lavoro. La disponibilità del lavoratore è necessariamente, per il datore di lavoro, un presupposto essenziale della buona esecuzione del contratto di lavoro. Ma la tutela garantita dal diritto comunitario alla donna durante la gravidanza, e dopo il parto, non può dipendere dalla circostanza che la presenza dell' interessata, nel periodo corrispondente al suo congedo di maternità, sia indispensabile al buon funzionamento dell' impresa in cui essa lavora. Un' interpretazione opposta priverebbe le disposizioni della direttiva della loro pratica efficacia.

27 In una situazione quale quella della signora Webb, la risoluzione di un contratto a tempo indeterminato a motivo della gravidanza della lavoratrice non può essere giustificata per il fatto che l' impiegata si trova, in via meramente temporanea, nell' impossibilità di svolgere il lavoro per il quale era stata assunta (v., in questo senso, la citata sentenza Habermann-Beltermann, punto 25, e le conclusioni dell' avvocato generale nella presente causa, punti 10 e 11).

28 La circostanza che la causa principale riguarda una lavoratrice che, in un primo tempo, doveva sostituire un' altra dipendente durante il congedo di maternità di quest' ultima, ma che si trova ad essere a sua volta incinta poco dopo la sua assunzione, non ha alcuna incidenza sulla soluzione da fornire al giudice nazionale.

29 Si deve, di conseguenza, dichiarare che il combinato disposto dell' art. 2, n. 1, e dell' art. 5, n. 1, della direttiva 76/207 ostano al licenziamento di una lavoratrice assunta a tempo indeterminato al fine di sostituire, in un primo tempo, un' altra dipendente durante il congedo di maternità di quest' ultima e che non sia in grado di assicurare tale sostituzione trovandosi anch' essa incinta poco dopo la sua assunzione.



Decisione relativa alle spese


Sulle spese


30 Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.



Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE
(Quinta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla House of Lords con ordinanza 26 novembre 1992, dichiara:

Il combinato disposto dell' art. 2, n. 1, e dell' art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, osta al licenziamento di una lavoratrice assunta a tempo indeterminato al fine di sostituire, in un primo tempo, un' altra dipendente durante il congedo di maternità di quest' ultima e che non sia in grado di assicurare tale sostituzione trovandosi anch' essa incinta poco dopo la sua assunzione.

 


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