Cassazione Penale, Sez. 4, 23 settembre 2014, n. 38966 - Infortunio con la troncatrice. La formazione va necessariamente procedimentalizzata


 

 

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanin - Presidente -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -
Dott. DOVERE S. - rel. Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
B.V. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 558/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 06/03/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. Sannibale Roberto del foro di Roma il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.


Fatto


1. Con sentenza pronunciata a seguito di giudizio abbreviato il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pordenone dichiarava la penale responsabilità di B.V., condannandolo alla pena di mesi due di reclusione nonchè al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in relazione all'infortunio subito dal lavoratore A.E. mentre stava tranciando delle verghe di ferro infilandole nel foro di una macchina troncatrice. Il giudice riteneva la responsabilità dell'imputato perchè l'infortunio si era verificato per la mancata informazione sull'uso ed il funzionamento della predetta macchina, utilizzata per la prima volta dall'operaio A., mancata informazione che si faceva risalire al B. quale datore di lavoro dell'infortunato in quanto amministratore delegato della Omissis.

La Corte di appello di Trieste, con la sentenza indicata in epigrafe, ha ritenuto parzialmente fondato l'appello proposto nell'interesse del B., sostituendo la pena detentiva inflitta dal primo giudice con la corrispondente sanzione pecuniaria. La Corte distrettuale ha quindi recepito e confermato quanto ritenuto dal giudice di prime cure ed in particolare:

- l'esaustività degli elementi acquisiti al giudizio e pertanto la non necessità della escussione del teste C., ispettore del lavoro, richiesta dalla difesa dell'imputato;

- il carattere nient'affatto abnorme del comportamento dell'infortunato, anche alla luce della ricostruzione della dinamica dell'accaduto e segnatamente della posizione assunta dall'operaio nell'utilizzare la macchina; ad avviso della Corte territoriale il lavoratore si era infortunato in quanto aveva azionato il meccanismo della troncatrice, posta sul fianco della macchina, avendo appoggiato la mano sulla piegatrice posta sul retro, senza sapere che questa era azionata in contemporanea dal pedale che muoveva la troncatrice;

- la sussistenza della violazione dell'obbligo di formazione ed informazione del lavoratore, non risultando adeguata sotto tale profilo la mera consegna di documenti informativi sulle categorie di rischio a soggetto che all'epoca non era esposto allo specifico rischio determinato dall'utilizzo della macchina troncatrice;

- la titolarità in capo all'imputato del predetto obbligo come amministratore delegato della società in questione, comproprietario dell'azienda, direttore tecnico e vicepresidente del consiglio di amministrazione sin dal 19 ottobre 1990.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente l'imputato.

2.1. Con un primo motivo deduce vizio motivazionale in relazione alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio. Rammenta l'esponente che il Tribunale di Pordenone aveva acquisito una consulenza di parte a firma dell'ingegner S., con la quale veniva documentata una diversa ricostruzione del fatto rispetto a quella offerta dall'organo di vigilanza e che il giudice di prime cure aveva omesso qualsiasi riferimento al contenuto di tale consulenza, prediligendo immotivatamente la versione del lavoratore. Tale lacuna veniva apparentemente colmata dalla Corte di appello, che prendeva in esame siffatto contributo, dal quale tuttavia si discostava sulla scorta unicamente di quanto emergente da una fotografia raffigurante il macchinario in questione, sulla scorta della quale la Corte di Appello traeva il convincimento che la postazione del lavoratore sulla macchina fosse da individuarsi a destra della punzonatrice e non alla sua sinistra, concludendosi a favore della descrizione della dinamica fatta dalla parte civile e per il ripudio di quella prospettata dal consulente di parte. Peraltro, secondo l'esponente, non corrisponde al vero quanto affermato dalla Corte di Appello, ovvero che esista una corrispondenza tra le dichiarazioni del lavoratore e dell'ufficiale di polizia giudiziaria e la ricostruzione dei fatti assunta dalla medesima. E ciò in quanto il lavoratore non ha mai spiegato le modalità dell'infortunio e l'ispettore del lavoro si è limitato ad eseguire alcune foto della macchina, per di più cadendo in errore, avendo inquadrato un lato inservibile dell'apparecchiatura.

2.2. Con un secondo motivo si lamenta la illogicità della motivazione resa dalla Corte distrettuale in merito al rigetto della richiesta della difesa di escussione dell'ufficiale di polizia giudiziaria. Risulterebbe illogica l'affermazione della Corte distrettuale per cui l'indagine svolta darebbe un quadro sufficientemente chiaro della vicenda, tenuto conto del contrasto non composto tra le diverse ricostruzioni della dinamica dell'infortunio.

2.3. Con un terzo motivo si censura la motivazione impugnata siccome manifestamente illogica e contraria alle prove acquisite laddove pone a fondamento del conclusivo giudizio le dichiarazioni del lavoratore svalutando ogni altra acquisizione processuale. In particolare l'esponente fa riferimento alla documentazione che attesta la partecipazione del lavoratore all'attività di addestramento per la categoria di rischio che lo riguardava e alla circostanza che egli era stato affiancato nell'occasione da un lavoratore più anziano ed esperto richiamato in servizio allo scopo. Si rimarca che l'infortunio è avvenuto non sulla parte della macchina che il lavoratore stava utilizzando ma su altra sezione.

2.4. Con un quarto motivo si contesta l'individuazione di una posizione di garanzia in capo all'imputato.



Diritto


3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.

3.1. Il primo motivo non può trovare accoglimento poichè si concreta nella critica - neppure decisiva - alla valutazione della prova operata dalla Corte di appello, ritenendosi di dover trarre dai materiali acquisiti al processo una diversa dinamica dell'accaduto.

Ed infatti, l'illogicità della valutazione giudiziale consisterebbe nell'aver preferito, quale fonte di prova, la foto della macchina realizzata dall'organo di vigilanza ai diversi elementi di prova offerti dalla difesa. In particolare, l'assunto difensivo è che la conformazione stessa della macchina e delle verghe da lavorare non permettessero al lavoratore una posizione che lo portasse potenzialmente ad accostare la mano alla punzonatrice.

Orbene, è necessario rammentare che il campo della valutazione della prova è sottoposto al dominio esclusivo del giudice del merito, risultando affidato al giudice di legittimità il compito di verificare se il convincimento risulti esplicato con una motivazione non manifestamente illogica e senza tradire l'identità degli elementi probatori disponibili.

Nel caso di specie non ricorre alcuna manifesta illogicità, posto che la Corte di appello, preso atto che la descrizione della posizione del lavoratore rispetto alla macchina fatta dal consulente di parte era diversa da quella fatta dall'ispettore del lavoro (mentre il consulente di parte colloca il lavoratore a sinistra della piegatrice, l'ufficiale di polizia giudiziaria indica la posizione del lavoratore al momento dell'infortunio sul lato destro della piegatrice medesima), ha optato a favore della ricostruzione offerta dall'ufficiale di polizia giudiziaria essenzialmente sulla scorta di due fattori:

ove il lavoratore si fosse effettivamente trovato nella posizione indicata dal consulente di parte non sarebbe stato possibile che egli si schiacciasse il pollice della mano sinistra sulla piegatrice, posta alla sua destra e a distanza di circa un metro, mentre l'infortunio diviene astrattamente possibile se si fissa la posizione del lavoratore come indicato dall'ufficiale di polizia giudiziaria;

la ricostruzione fatta dall'organo inquirente ha trovato conferma in una fotografia che rappresenta il macchinario ("un meccanismo polifunzionale ... in grado di offrire tre lavorazioni: una punzonatrice/o piegatrice posta a una estremità della macchina, una stozzatrice posta all'altra estremità e una cesoia/troncatrice posta sul fianco della macchina") e nella descrizione fatta dal lavoratore medesimo.

Si può anche convenire sulla importanza avuta dalle dichiarazioni dell'infortunato nella ricostruzione dell'accaduto. Tuttavia, la dinamica del sinistro è stata ricostruita anche sulla scorta delle dichiarazioni del lavoratore, non potendosi ignorare che l'ufficiale di polizia giudiziaria nel caso di specie risulta soggetto particolarmente qualificato in rapporto alla materia della prevenzione degli infortuni e pertanto in grado di valutare criticamente quanto rappresentatogli dall'infortunato. Pertanto non è esatta l'affermazione del ricorrente secondo la quale la Corte di appello si sarebbe basata unicamente su una fotografia respingendo illogicamente i contenuti dell'accertamento tecnico operato dalla difesa. Ed anzi, il fatto, più volte rimarcato in chiave critica dal ricorrente, per il quale il lavoratore non ebbe a descrivere la propria posizione al momento dell'infortunio, finisce per evidenziare proprio la specificità del contributo offerto dall'ufficiale di polizia giudiziaria. Che questi abbia commesso un errore inquadrando il lato inservibile della macchina, secondo l'affermazione fatta dal ricorrente, è circostanza che questa Corte non è in grado di verificare; ed il rilievo evidenzia l'incursione che una parte del ricorso opera sul piano del merito.

Ma, soprattutto, le descritte censure mirano ad evidenziare che il lavoratore si infortunò in forza di un suo proprio comportamento abnorme; comportamento che, tuttavia, non si pone in dubbio sia stato tenuto mentre egli attendeva alle mansioni alle quali era stato adibito.

Sicchè, quand'anche si dovesse convenire con la difesa in ordine alla scorretta posizione assunta dall' A., non per questo si potrebbe concludere per l'assenza di nesso causale con la condotta colposa ascritta al datore di lavoro, poichè è indubitabile che anche un comportamento trascurato o imprudente del lavoratore non costituisce comportamento abnorme, idoneo pertanto ad elidere la relazione eziologica tra evento illecito e condotta trasgressiva del debitore di sicurezza (ex multis, da ultimo, Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014 - dep. 29/05/2014, Enne e altro, Rv. 259227).

3.2. In relazione al secondo motivo di ricorso, il ricorrente insiste in ordine alla censura al giudizio di non necessità dell'audizione dell'ufficio di polizia giudiziaria essenzialmente perchè fermo nella convinzione di un contrasto insuperabile tra le opposte versioni dell'accaduto. Tuttavia, come si è visto trattando del primo motivo di ricorso, la Corte di appello ha superato l'opposizione tra le ipotetiche alternative dinamiche e quindi nulla vi è di illogico o di contrario a risultanze probatorie nella conferma da parte del secondo giudice di quanto già il primo aveva ritenuto a riguardo della richiesta difensiva di rinnovazione dell'istruttoria. Sotto tale riguardo, che la Corte di appello abbia affermato che l'indagine svolta della consulenza di parte dia un quadro sufficientemente chiaro della vicenda non significa che si tratti di elementi che convergono verso il medesimo tratteggio; si tratta piuttosto di espressione che va riferita ed interpretata alla luce dell'intero sviluppo dell'argomentazione utilizzata dal Collegio distrettuale; così facendo si comprende che il riferimento alla consulenza ha la funzione di rendere completo il richiamo agli elementi disponibili.

Nè va dimenticato il principio posto da questa Corte secondo il quale può essere censurata con il ricorso per cassazione la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013 - dep. 14/01/2014, Cozzetto, Rv. 258236).

Sulla scorta di quanto sin qui osservato è di palmare evidenza che tanto non è nel caso che occupa.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso viene investito il tema della sussistenza di una condotta trasgressiva del B.. A tal riguardo si può prendere le mosse dalla considerazione che la Corte di appello non contesta che sia stata fatta un'attività di formazione del lavoratore; ma l'addebito è che quell'attività non costituiva corretto adempimento dell'obbligo di formazione, in quanto la formazione impartita non era stata adeguata: "che il padrone avesse affiancato all'operaio inesperto in quel settore, un operaio esperto (...) e che quest'ultimo avesse frettolosamente dato delle informazioni sul funzionamento della macchina (per soli cinque minuti, come ricorda il dipendente) è un dato di fatto che va ad affermare la penale responsabilità del datore di lavoro, facendo capo a quest'ultimo non solo la mera consegna documenti informativi sulle categorie di rischio (anche considerando che quella da lavoro su macchine tranciatrici ... all'epoca del corso nel 2007 neppure coinvolgeva il dipendente infortunato perchè egli era impiegato in altro tipo di lavorazione), ma anche l'effettivo rispetto dell'obbligo di una formazione adeguata ad allertare l'attenzione del dipendente soprattutto quando, come nel caso in esame, e un anno dopo il corso, veniva impiegato per la prima volta in quel tipo di mansioni".

Orbene, rammentato quanto puntualizzato già in altra occasione, ovvero che in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori l'attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro e ciò perchè l'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge (Sez. 4, n. 21242 del 12/02/2014 - dep. 26/05/2014, Nogherot, Rv. 259219), si deve ribadire che non è dubitabile che una formazione adeguata raramente può prescindere dalla socializzazione delle esperienze professionali maturate da altri lavoratori; ma questa non può esaurire l'attività di formazione e va necessariamente inserita all'interno di un percorso di addestramento che, per garantire il raggiungimento degli obiettivi sostanziali e non la mera osservanza formale dei precetti, deve prevedere momenti di verifica dei risultati: insomma l'attività di formazione è necessariamente un'attività procedimentalizzata. Nel caso di specie la Corte distrettuale ha ricordato che l' A. si era detto all'oscuro della contemporanea attivazione della piegatrice e della trocatrice a mezzo del pedale. Ne consegue che è del tutto conforme al quadro normativo e rispettoso dei dati di fatto accertati nel processo l'assunto della Corte di Appello, secondo il quale adempimenti puramente formali - peraltro lontani nel tempo e dall'adibizione alle specifiche mansioni - e la rapida ed approssimativa informazione data dal lavoratore esperto al lavoratore privo delle necessarie nozioni non può aspirare ad essere attivita di formazione, nell'accezione definita dalle previsioni normative che si indirizzano al datore di lavoro.

3.4. Il quarto motivo è manifestamente infondato. La Corte di Appello di ha evidenziato i ruoli assunti dal B., ulteriori rispetto a quello di amministratore delegato, parimenti idonei a renderlo titolare dell'obbligo di sicurezza violato nella fattispecie. Nè vi è violazione del principio di correlazione poichè il tema è stato specifico oggetto di discussione nel giudizio di appello. Come noto, nella giurisprudenza di legittimità è del tutto consolidata una interpretazione teleologica del principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 c.p.p.), per la quale questo non impone una conformità formale tra i termini in comparazione ma implica la necessità che il diritto di difesa dell'imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di immutazione quegli interventi sull'addebito che gli attribuiscano contenuti in ordine ai quali le parti - e in particolare l'imputato -non abbiano avuto modo di dare vita al contraddittorio, anche solo dialettico. Sia pure a mero titolo di esempio può citarsi la massima per la quale "ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 c.p.p. deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicchè questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione" (Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013 - dep. 29/11/2013, Di Guglielmi e altro, Rv. 257278).

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2014