Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 gennaio 2015, n. 211 - Prescrizione breve per la richiesta dell'indennità




 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi - Presidente -
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere -
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Fabrizio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso 26648/2008 proposto da:
I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e FAVATA EMILIA, che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
P.M.A.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 425/2008 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 07/05/2008 r.g.n. 1414/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;
udito l'Avvocato FAVATA EMILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

1.- P.M.A., premesso di aver subito un infortunio sul lavoro in data 10 settembre 2001, conveniva l'Inail innanzi al Tribunale di Sulmona con ricorso del 22 aprile 2005 per sentir accertare il diritto alla corresponsione di una indennità rapportata all'accertato grado di inabilità.

Instaurato il contraddittorio l'Inail eccepiva la prescrizione triennale dell'azione avversa ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112, e, comunque, l'infondatezza della domanda.

In fatto rilevava che il primo certificato medico di Infortunio era stato trasmesso in data 13 settembre 2001 e che il modulo contenente, tra l'altro, la descrizione delle cause e delle circostanze dell'evento lesivo era stato sottoscritto dall'infortunata in data 23 ottobre 2001.

Faceva scaturire in diritto la conseguenza che l'atto interruttivo rappresentato dalla domanda giudiziale era intervenuto oramai decorso il termine di tre anni e 150 giorni.

Con sentenza del 7 maggio 2008, la Corte di Appello di L'Aquila, in ciò confermando la sentenza di prime cure, ha disatteso l'eccezione.

Pur avendo accertato che il triennio ed il termine di 150 giorni per l'adozione del provvedimento erano oramai decorsi al momento della proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, ha tuttavia ritenuto che la prescrizione resti sospesa per tutto il corso degli accertamenti amministrativi, anche oltre la scadenza del termine di 150 giorni previsto dal D.P.R. n. 1124 del 1165, art. 111, comma 3.

2.- Per la cassazione di tale sentenza l'INAIL ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo. La P. è rimasta intimata.

Diritto


1.- Con l'unico mezzo di impugnazione l'INAIL denuncia violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 111 e 112, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene, con il quesito di diritto posto a conclusione del motivo, che la corretta interpretazione dei citati articoli avrebbe imposto di far decorrere il termine triennale di prescrizione dalla data di scadenza del periodo di sospensione, che non può eccedere i 150 giorni decorrenti dall'avvio del procedimento amministrativo, con la conseguente declaratoria della prescrizione del diritto avverso per essere stato depositato il ricorso dopo la scadenza del termine triennale come sopra determinato.

2.- Il Collegio giudica il motivo fondato.

Opportuno premettere le disposizioni del D.P.R. n. 1124 del 1965, contenente il testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, rilevanti ai fini del decidere.

"L'azione per conseguire le prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale" (art. 112, comma 1).

"La prescrizione dell'azione di cui al primo comma è interrotta quando gli aventi diritto all'indennità, ritenendo trattarsi di infortunio disciplinato dal titolo secondo del presente decreto, abbiano iniziato o proseguito le pratiche amministrative o l'azione giudiziaria in conformità delle relative norme" (art. 112, comma 4).

L'art. 111 poi stabilisce: "Il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche prescritte dal presente titolo per la liquidazione amministrativa delle indennità" (comma 1).

"La prescrizione prevista dall'art. 112, del presente decreto rimane sospesa durante la liquidazione amministrativa dell'indennità" (secondo comma).

"Tale liquidazione, peraltro, deve essere esaurita nel termine di centocinquanta giorni, per il procedimento previsto dall'art. 104, (liquidazione dell'indennità) e di duecentodieci per quello indicato dall'art. 83 (revisione della rendita). Trascorsi tali termini senza che la liquidazione sia avvenuta, l'interessato ha facoltà di proporre l'azione giudiziaria" (comma 3).

Occorre aggiungere che il precedente art. 104, prevede un ricorso, motivato e documentato, dell'avente diritto allo stesso Inail contro il diniego di prestazione, con possibilità di adire l'autorità giudiziaria solo dopo il rigetto, espresso oppure manifestato attraverso il silenzio.

Utile sottolineare che gli intervalli di 150 e 210 giorni corrispondono alla somma del periodo di complessivi 120 giorni, contemplato proprio dall'art. 104 per la fase contenziosa amministrativa, ai periodi previsti rispettivamente per la liquidazione della rendita di inabilità (30 giorni) e per la decisione sulla domanda di revisione della misura della rendita per aggravamento (90 giorni).

3.- Con sentenza n. 783 del 16 novembre 1999 le Sezioni unite di questa Corte hanno risolto il contrasto di giurisprudenza insorto sulla possibilità di interrompere la prescrizione prevista dalle disposizioni ora citate attraverso atti stragiudiziali.

Hanno in proposito affermato il seguente principio di diritto: "la prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell'INAIL può essere interrotta, secondo le norme del codice civile, anche con atti stragiudiziali, nè l'efficacia sospensiva della prescrizione, prevista dall'art. 111, comma 2, dello stesso D.P.R., esclude l'efficacia interruttiva, che permane fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione".

4.- Da alcuni passaggi della motivazione di tale decisione successive pronunce di questa Corte hanno tratto argomento per sostenere che "il termine di prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell'Inail di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112, è sospeso durante la pendenza del procedimento amministrativo, anche ove questo non si concluda nel termine di 150 giorni previsto dalla legge" (Cass. n. 15322 del 2007; conforme a: Cass. n. 19175 del 2006 e Cass. n. 21539 del 2006; più di recente, Cass. n. 15733 del 2013).

5.- Per altro orientamento la prescrizione triennale del diritto alle prestazioni previdenziali previste in tema di infortuni e malattie professionali nel settore industriale è soggetta ad un unico periodo di sospensione della durata massima di centocinquanta giorni, collegato alla pendenza del procedimento amministrativo, indipendentemente dal momento in cui il relativo iter venga di fatto a concludersi (tra le numerose decisioni in tal senso: Cass. n. 2662 del 1991; Cass. n. 5992 del 1995; Cass. n. 12968 del 1995; Cass. n. 15343 del 2002; Cass. n. 12553 del 2004; Cass. n. 25261 del 2007; Cass. n. 14770 del 2008; Cass. n. 17822 del 2011; Cass. n. 10776 del 2012; Cass. n. 14212 del 2013).

Secondo tale indirizzo lo scadere del termine di 150 giorni previsto per la liquidazione in via amministrativa comporta la formazione del silenzio-rigetto e l'esaurimento del procedimento amministrativo, ragione della sospensione della prescrizione, sicchè non vi sarebbe giustificazione del protrarsi della sospensione oltre tale termine.

Per questa risalente giurisprudenza (v. già Cass. n. 866 del 1984) la predeterminazione ex lege del periodo massimo di sospensione risponde infatti ad esigenze di carattere pubblicistico, quali la celerità degli accertamenti volti al riconoscimento della tutela assicurativa in prossimità dei fatti, che non consentono di attribuire rilevanza, rispetto a tale interesse generale, ad un interesse personale al prolungamento dei termine di sospensione fino a comprendervi tutto l'iter amministrativo.

6.- Il Collegio condivide il secondo orientamento, cui intende dare continuità, anche alla stregua delle seguenti considerazioni.

6.1.- Testualmente, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 111, comma 2, la prescrizione in esame "rimane sospesa durante la liquidazione amministrativa dell'indennità".

Secondo l'interpretazione qui non condivisa la sospensione della prescrizione, una volta presentata l'istanza in via amministrativa, opera fino a quando l'INAIL non abbia definitivamente provveduto su di essa, sine die.

Tuttavia è lo stesso successivo comma terzo dell'art. 111, a stabilire che "tale liquidazione, peraltro, deve essere esaurita" nel termine di 150 o 210 giorni - a seconda della prestazione richiesta - ed aggiunge che, "trascorsi tali termini senza che la liquidazione sia avvenuta, l'interessato ha facoltà di proporre l'azione giudiziaria".

A parere del Collegio il dato letterale rappresentato dall'utilizzo del verbo che configura un obbligo procedi menta le - la liquidazione amministrativa "deve essere esaurita" - unitamente alla considerazione che, decorsi i termini senza liquidazione, l'assistito può esercitare la tutela giudiziale del diritto preteso, consentono di affermare che l'inerzia provvedimentale dell'INAIL, protratta per il tempo previsto, configuri con chiarezza una ipotesi di "silenzio significativo" della reiezione dell'istanza amministrativa.

Conferma tale esegesi anche l'art. 111, comma 1, secondo cui "il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche prescritte dal presente titolo per la liquidazione amministrativa delle indennità".

Considerato che il ricorso in sede giurisdizionale contenziosa non può essere presentato "se non dopo esaurite" le pratiche per la liquidazione amministrativa ed il comma 3, citato abilita l'interessato a proporre l'azione giudiziaria decorsi i termini ivi previsti, inevitabilmente consegue che la maturazione di essi segna l'esaurimento delle pratiche per la liquidazione amministrativa ai fini della cessazione della sospensione della prescrizione.

6.2.- Ulteriore conforto alla tesi accolta deriva, in chiave di interpretazione sistematica, da una recente pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte che, proprio in materia di previdenza e assistenza obbligazione, ha sancito il principio di diritto per il quale "il decorso della prescrizione, che comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto a norma della L. n. 533 del 1973, art. 7, che stabilisce che la richiesta all'istituto assicuratore di una prestazione di previdenza o assistenza si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della sua presentazione, senza che l'Istituto si sia pronunciato - nonchè durante il tempo in cui la domanda è improcedibile (art. 443 c.p.c.) per non essere ancora decorso, in generale, il termine di centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo, ovvero, in particolare, per non essere ancora esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa ovvero decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi" (Cass. SS.UU. n. 5572 del 6 aprile 2012).

Con un articolato excursus la sentenza annoda, nell'ambito di diritti di natura previdenziale ed assistenziale che godono della speciale protezione di cui all'art. 38 Cost., gli effetti della sospensione della prescrizione alla pendenza della procedura amministrativa, da un lato, e all'improcedibilità dell'azione giudiziale, dall'altro.

Laddove il procedimento amministrativo sia definito e l'azione giudiziale sia procedibile, la sospensione della prescrizione cessa.

La Corte ricava un "principio di settore" riconducibile alta più generale massima contra non valentem agere non currit praescriptio:

"quando l'assicurato titolare di un diritto soggettivo di natura previdenziale, ha domandato la prestazione, ma non può adire il giudice perchè l'iter del procedimento amministrativo non è completato, quanto meno non "soffre" il decorso del termine di prescrizione, che è sospeso fin tanto che l'Istituto, che deve provvedere, non abbia provveduto ovvero non sia decorso il termine per provvedere".

Espressamente la sentenza delle Sezioni unite cita, quale "espressione di questo stesso principio nella medesima materia di diritti soggettivi di natura previdenziale", proprio l'art. 111 del T.U. n. 1124 del 1965 che parimenti prevede la sospensione del termine prescrizionale durante il procedimento amministrativo per il riconoscimento delle prestazioni l'INAIL".

Orbene, per inequivoco dettato normativo l'azione giudiziaria dell'infortunato può essere proposta trascorsi i termini di legge senza che l'INAIL abbia provveduto, con conseguente necessaria procedibilità dell'azione medesima.

Dunque può dirsi come la combinazione tra definizione della fase amministrativa e procedibilità della domanda giudiziale - così come evidenziata dalle Sezioni unite - rafforzi il convincimento che il decorso vano dei 150 giorni di cui all'art. 111, più volte citato segni un momento di conclusione negativa del procedimento amministrativo, con conseguente cessazione della causa di sospensione.

Il sistema così delineato appare coerente con il principio generale del contenzioso previdenziale per il quale una volta che l'assicurato abbia proposto una domanda amministrativa di prestazione, vi devono essere tempi certi per la sua definizione sia in sede amministrativa, sia in sede giudiziaria (sul punto v. Cass. n. 14212 del 2013 e Cass. n. 10776 del 2012, con la giurisprudenza ivi citata).

6.3.- Non osta, invece, alle conclusioni qui raggiunte l'autorevole precedente rappresentato da Cass. SS.UU. n. 783 del 1999 il quale, nel principio di diritto espresso in funzione nomofilattica, sancisce che l'efficacia sospensiva della prescrizione prevista dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 111, "permane fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione".

Infatti in questa sede si sostiene che una definizione della fase amministrativa vi è già con il decorso dei termini previsti dal medesimo articolo, mediante una forma di "silenzio-rigetto".

Su tale aspetto non vi è statuizione espressa nel precedente citato, trattandosi di questione che era estranea all'oggetto del contendere innanzi a quel Collegio.

Piuttosto proprio quelle Sezioni unite, avendo affermato che la prescrizione in esame può essere interrotta anche da atti stragiudiziali, offrono uno strumento adeguato per salvaguardare esigenze dell'assicurato meritevoli di tutela.

Ed infatti ove l'interessato, una volta decorsi i termini dell'art. 111, comma 3, non voglia immediatamente proporre l'azione giudiziale, magari perchè consapevole che l'accertamento in via amministrativa è in itinere e vuole attenderne l'esito, può cautelarsi mediante un comune atto stragiudiziale di messa in mora che comunque interrompe la prescrizione, facendo decorrere un nuovo triennio.

D'altro canto un eventuale provvedimento tardivo dell'Istituto, oltre i 150 o 210 giorni, non sarebbe precluso e costituirebbe esercizio legittimo del potere di autotutela, a tutela dell'interesse comune all'Istituto ed all'assicurato di pervenire alla liquidazione in via amministrativa anche quando l'accertamento dell'indennizzabilità dell'infortunio richieda tempi superiori a quelli prescritti.

Ove poi il nuovo provvedimento fosse solo di accoglimento parziale, ciò comunque comporterebbe riconoscimento del diritto ai sensi dell'art. 2944 c.c., con tutte le conseguenze di legge (in termini: Cass. n. 25261 del 2007).

7.- Da ultimo, ma non per importanza, è il rilievo per il quale la soluzione che si condivide è conforme alla lettura della disciplina in esame offerta dalla Corte costituzionale.

Con la sentenza n. 207 del 1997 il Giudice delle leggi ha ribadito la congruità del termine prescrizionale di tre anni previsto dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112), "anzitutto in ragione della specialità del sistema in cui esso si inserisce, ma soprattutto avuto riguardo alla funzione a cui il termine stesso risponde, nel garantire all'INAIL un accertamento tempestivo degli elementi posti a base della denuncia e, contemporaneamente, nell'assicurare all'interessato un rapido conseguimento della prestazione. Appare invero evidente la necessità oggettiva di pervenire ad una pronta ricerca dei fatti, potendo un'attesa superiore ai tre anni pregiudicare la raccolta di prove utili a verificare il rapporto eziologico tra infortunio (o malattia) ed evento ai fini della risarcibilità (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 71 del 1993)".

Sulla base di tale premessa che porta "ad escludere la necessità razionale di una più lunga prescrizione", la Corte costituzionale, con la sentenza citata, ha negato "la fondatezza della tesi, con cui a tale risultato si vorrebbe sostanzialmente pervenire prolungando la sospensione della stessa", anche oltre i termini prescritti e per la durata effettiva della procedura amministrativa, pur quando "disposta un'inchiesta pretorile (avente ad oggetto l'autopsia del lavoratore) di durata superiore a 150 giorni".

Per la Consulta, "l'aver sancito un arco temporale di 150 giorni durante i quali, da una parte l'azione non può essere esercitata e, dall'altra, la prescrizione stessa non decorre, ha solo il senso di evitare un inutile contenzioso permettendo la definizione in via amministrativa".

Una volta venuta meno, con il silenzio serbato dall'Istituto oltre i termini prescritti, "la relazione tra fase amministrativa ed effetto sospensivo della prescrizione", la stessa riprende a decorrere, con "un meccanismo del tutto ragionevole e coerente con le esigenze già illustrate. Esso, non solo non ostacola,..., ma viceversa agevola il conseguimento dei mezzi adeguati di cui all'art. 38 Cost.; e ciò in ragione proprio del carattere sollecitatorio sotteso a tutta la sequenza avviata dalla denuncia dell'infortunio".

Ogni "ritardo procedimentale" - conclude la Corte costituzionale - "trova adeguata risposta nella già prevista facoltà di adire il giudice non appena formatosi il silenzio-rifiuto".

8.- Conclusivamente il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte di Appello indicata in dispositivo, la quale si uniformerà al seguente principio di diritto:

"La sospensione della prescrizione triennale dell'azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 111, comma 2, opera limitatamente al decorso dei 150 giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità dal terzo comma della stessa disposizione: la mancata pronuncia definitiva dell'INAIL entro il suddetto termine configura una ipotesi di silenzio significativo della reiezione dell'istanza dell'assicurato e comporta, quindi, l'esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della sospensione della prescrizione".

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2015