Cassazione Civile, Sez. Lav., 02 febbraio 2015, n. 1841 - Lavorazioni di fuochi artificiali e infortunio mortale





REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - rel. Consigliere -
Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. DORONZO Adriana - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

sul ricorso proposto da:
- F.LLI V. SNC di V.A., in persona dell'Amministratore V.A.,
- V.A.,
- V.F.;
- VA.AL.; elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Gracchi n. 187, presso lo studio dall'Avv. GIOVANNI MAGNANO DI SAN LIO, rappresentati e difesi dall'Avv. DI CATALDO VINCENZO del foro di Catania come da procura in calce al ricorso;
- ricorrenti -
contro
ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona dei Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, Dott. S.L., nominato con delibera del Presidente dell'INAIL n. 118 del 22.10.2010, elettivamente domiciliato in Roma, Via IV Novembre 144 presso lo studio degli Avv.ti RASPANTI RITA ed ANDREA ROSSI, che lo rappresentano e difendono per procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
per la cassazione della sentenza n. 344/10 Corte di Appello di Catania del 15.04.2010/1.07.2010 (R.G. n. 288 anno 2008);
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3.12.2014 dal Cons. Dott. ALESSANDRO DE RENZIS;
udito l'Avv. MARCELLO MAGNANO DI SAN LIO, per delega dell'Avv. VINCENZO DI CATALDO, per i ricorrenti;
udito l'Avv. LETIZIA CRIPPA, pe delega dell'Avv. ANDREA ROSSI, per l'INAIL;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l'inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso.


Fatto

1. Il Tribunale di Catania con sentenza n. 590 del 28.02.2007 rigettava la domanda proposta - D.P.R. n. 1124 del 1965, ex artt. 10 e 11, - dall'INAIL con ricorso, depositato il 21.09.2001, volta ad ottenere la condanna in solido della società F.LLI V. SNC di V.A. e dei soci in proprio ( V. A., F. e AL.) al pagamento della somma di L. 383.113.009, oltre interessi, per le prestazioni assicurative erogate ai familiari di T.C., deceduto il (OMISSIS) a causa dell'infortunio occorso all'anzidetto lavoratore, mentre era intento, con altro lavoratore, a raccogliere del materiale di risulta delle lavorazioni di fuochi artificiali e al trasporto dello stesso.

Il Tribunale escludeva la sussistenza della responsabilità prospettata dall'ente previdenziale in capo alla società convenuta.

2. Tale decisione, impugnata dall'INAIL, è stata riformata dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 344 del 2010 del 2010, che ha dichiarato la responsabilità civile della società appellata in relazione all'infortunio mortale in questione, con la condanna della medesima società e dei soci V.A., F. ed Al. alla rifusione a favore dell'ente previdenziale della somma di Euro 282.790,69, oltre alle maggiorazioni della rendita a decorrere dal 1 luglio 2007 e agli interessi legali dalla data delle singole prestazioni al saldo.

Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale ha osservato che, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, le risultanze istruttorie (con riferimento in particolare alle deposizioni dei testi V.S., T. e P.) deponevano nel senso della responsabilità della società datrice di lavoro, essendo emerso una palese violazione delle norme antinfortunistiche da parte della stessa, dal momento che era stato affidato ai due lavoratori infortunati, addetti a mansioni di pulizia ( T.C. e P.M.) la pericolosa e rischiosa attività di distruzione - mediante incendio - delle carte dei residui di lavorazione intrise di sostanze esplosive, senza l'assistenza di personale competente, trovandosi tutti i V., al momento in cui avveniva l'episodio mortale, all'interno della fabbrica.

La stessa Corte ha aggiunto che la stessa area di smaltimento dei rifiuti in questione era risultata priva di rilevanti misure di sicurezza, come accertato dall'apposita Commissione Tecnica Provinciale in data 28.06.1991, tanto da determinarne la sospensione dell'agilità.

Con riferimento al quantum la Corte territoriale ha utilizzato la documentazione INAIL, ritenuta pienamente valida ed idonea ad attestare le prestazioni erogate e non fatta oggetto di specifica contestazione.

3. La società e i soci indicati in epigrafe ricorrono per cassazione con due motivi.

Resiste l'INAIL con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

1. Con il primo motivo del ricorso i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., errata valutazione delle risultanze istruttorie, vizio di motivazione in relazione al fatto decisivo del giudizio.

In particolare sostengono che il dipendente era addetto unicamente alla pulizia dei residui della lavorazione e non alla distruzione di fuochi di artificio, sicchè l'incendio, che, aveva portato alla morte del lavoratore, era da imputarsi ad una tragica fatalità od una condotta incauta del medesimo.

In questo modo i ricorrenti non fanno altro che opporre un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, attentamente vagliate e verificate dal giudice di appello, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, riportando peraltro soltanto parzialmente le dichiarazioni rese ai carabinieri e nel giudizio di primo grado, che avvalorerebbero una diversa ricostruzione dell'accaduto, specie con riguardo alla sorveglianza di uno dei due soci al momento dell'infortunio.

La Corte territoriale al contrario ha accertato, come già si è detto, sulla base della documentazione prodotta (processo penale, verbale ispettivo) e delle deposizioni raccolte nelle varie sedi, che il T. non era stato istruito sui rischi connessi alle operazioni di bruciature (oltre il trasporto), che era stato lasciato solo nel porle in atto (i soci si trovavano all'interno dello stabilimento) e che l'area interessata era priva delle minime misure di sicurezza, tanto che ne era stata sospesa l'agibilità.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, in relazione all'insussistenza dei presupposti per l'azione di rivalsa, con particolare riguardo alla mancata dimostrazione dell'importo delle somma erogate dall'ente previdenziale.

Il motivo è privo di pregio e va disatteso.

Secondo consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 12562 del 2014; Cass. n. 11544 del 2012; Cass. n. 21964 del 2011; Cass. n. 11617 del 2010) la congruità delle indennità, corrisposte dall'INAIL al lavoratore, nel giudizio di regresso, intentato contro il datore di lavoro, può essere fornita con l'attestato di direttore della sede regolatrice, svolgendo l'Istituto la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi; atti assistiti da presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi. Tale presunzione di legittimità può venir meno solo di fronte a precise contestazioni che evidenzino vizi da cui sarebbero affetti tali atti. Il che non si riscontra nel caso di specie, essendo generiche le contestazioni mosse dai ricorrenti.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese di giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti ai pagamento delle spese dei presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2015