Cassazione Penale, Sez. 4, 17 marzo 2015, n. 11202 - Infortunio sul lavoro e prescrizione





REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
A.L. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 5154/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 11/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/02/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL'UTRI;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DE AUGUSTINIS Umberto che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione.




Fatto


1. Con sentenza resa in data 8/5/2012 il Tribunale di Reggio Emilia, sezione distaccata di Guastalla, ha assolto A.L. dall'imputazione relativa al reato di lesioni colpose asseritamente commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di I.P., in (Omissis).

All'imputato, nella qualità di consigliere delegato in materia di igiene e sicurezza del lavoro della società P.Tubi e Profilati Acciaio S.p.A., era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica, nonchè delle norme di colpa specifica indicate nel capo d'imputazione, per il cui effetto si era verificato l'infortunio a carico del lavoratore indicato, il quale, dopo aver riagganciato il capo spezzato della striscia di sfrido alla bobina già avvolta nell'avvolgitore alla ripartenza della linea di lavoro, veniva colpito dalla stessa, con la conseguente provocazione di lesioni personali determinanti incapacità ad attendere le ordinarie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni.

Su appello del pubblico ministero, con sentenza resa in data 11/2/2014, la Corte d'appello di Bologna - dato atto dell'integrale risarcimento del danno sofferto dalla persona offesa per le lesioni subite -, in totale riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto la responsabilità penale dell'imputato, condannandolo alla pena di sei mesi di reclusione (sostituita con la corrispondente pena pecuniaria, pari a Euro 6.840,00 di multa).

2. Avverso la sentenza d'appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, dolendosi del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale per aver erroneamente ascritto all'imputato la conoscenza della consuetudine invalsa tra i lavoratori circa le rischiose modalità di esecuzione delle prestazioni loro affidate.

Sotto altro profilo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale omesso di rilevare il ricorso della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, relativa all'avvenuto risarcimento del danno sofferto dalla persona offesa.

Con memoria successivamente pervenuta in data 22/1/2015, il ricorrente, ha invocato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato contestato all' A. estinto per prescrizione.


Diritto

 


3. Preliminarmente, osserva il collegio come il reato per il quale l'imputato è stato tratto a giudizio deve ritenersi prescritto, trattandosi di un'ipotesi di reato di lesioni personali colpose commesso alla data del (Omissis).

Al riguardo, ritenuto che l'odierno ricorso avanzato dall'imputato non appare manifestamente infondato, nè risulta affetto da profili d'inammissibilità di altra natura, occorre sottolineare, in conformità all'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all'imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una constatazione che a un atto di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274).

E invero il concetto di evidenza, richiesto dall'art. 129 c.p.p., comma 2 presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).

Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui positivamente deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l'eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).

Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte - anche tenendo conto degli elementi evidenziati nella motivazione della sentenza impugnata - non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui all'art. 129 c.p.p., comma 2.

Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato all'imputato estinto per prescrizione.



P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 febbraio 2015.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2015