Cassazione Penale, Sez. 4, 01 aprile 2015, n. 13864 - Infortunio a magazziniere. Nessun comportamento abnorme della vittima


 


... "Questa stessa corte ha avuto recentemente modo di sottolineare come l'errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del datore di lavoro, il quale, per la sua posizione di garanzia, risponde dell'infortunio, sia a titolo di colpa diretta, per non aver negligentemente impedito l'evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio, che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate (Cass., Sez. 4, n. 16890/2012, Rv. 252544).
Al riguardo, del tutto correttamente i giudici del merito hanno evidenziato (sulla base di una corretta interpretazione degli elementi di prova e richiamati in motivazione) la grave negligenza del datore di lavoro nell'aver omesso di adottare tutte le iniziative o le misure idonee ad assicurare il contenimento del materiale de quo al fine di evitarne la caduta o lo spostamento dalla primitiva posizione, senza impartire ai dipendenti alcuna disposizione in merito alle procedure da osservare o di praticante i necessari controlli circa l'osservanza delle regole di cautela."


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS VINCENZO - Presidente -
Dott. DELL'UTRI MARCO - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:
B.P. n. il 15/10/1963
avverso la sentenza n. 7125/2013 pronunciata dalla Corte d'appello di Milano il 7/1/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell'udienza pubblica del 13/3/2015 la relazione fatta dal Cons. dott. Marco Dell'Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. A. Policastro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l'avv.to N. Invernizzi del foro di Lecco che ha concluso per l'accoglimento del relativo ricorso.


Fatto


1. Con sentenza resa in data 7/1/2014, la corte d'appello di Milano ha confermato la pronuncia in data 12/3/2013 con la quale il tribunale di Lecco ha condannato B.P. alla pena di due mesi di reclusione in relazione al reato di lesioni colpose commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di D.B., in Valmadrera, il 26/11/2007.
All'imputato, in qualità di legale rappresentante della ditta F.lli B.P.s.r.l., era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica, nonché delle norme di colpa specifica indicate nel capo d'imputazione, in conseguenza della quale il D.B., lavoratore dipendente della società dell'imputato con mansioni di magazziniere, intento a scaricare da un camion degli spezzoni di travi reticolate, si procurava lesioni personali gravi a seguito dell'urto con una trave reticolata (e della conseguente caduta di questa) poggiata su un'altra senza che fosse stata precedentemente assicurata in modo stabile.
2. Avverso la sentenza d'appello, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, censurando la decisione della corte milanese per violazione di legge, avendo quest'ultima omesso di rilevare l'omessa notificazione della citazione dell'imputato per il giudizio di secondo grado presso il relativo domicilio, essendo stata notificata, detta citazione, presso il proprio difensore di fiducia.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata per avere erroneamente escluso la riconducibilità dell'infortunio oggetto di giudizio al comportamento abnorme della persona offesa, in contrasto con gli elementi di prova testimoniale acquisiti agli atti del giudizio.

Diritto

3. Il ricorso è infondato.
Dev'essere preliminarmente disattesa la doglianza d'indole rituale illustrata nel primo motivo del ricorso proposto dall'imputato.
Con riguardo alla pretesa nullità della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione dell'appello - siccome nella specie eseguita presso il difensore di fiducia dell'imputato, ai sensi dell'art. 157, co. 8-bis, c.p.p., e non già presso il domicilio dallo stesso eletto -, osserva il collegio, in conformità al condiviso insegnamento di questa corte di legittimità, come la nullità conseguente alla notificazione all'imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore, invece che presso il domicilio eletto, è d'ordine generale a regime intermedio - in quanto la notificazione, pur eseguita in forme diverse da quelle prescritte, è da ritenere in concreto idonea a determinare una conoscenza effettiva dell'atto - e non può, quindi, essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 6, n. 1742/2013, Rv. 258131).
Nella specie, l'omessa sollevazione di alcuna eccezione sul punto nel corso del giudizio d'appello impone di ritenere definitivamente sanata detta nullità.
4. Quanto al preteso omesso rilievo dell'abnormità del comportamento del prestatore di lavoro infortunato, vale osservare come del tutto correttamente la corte territoriale ne abbia escluso il concreto ricorso nella specie, atteso che l'evento infortunistico in esame ebbe a verificarsi nel corso delle ordinarie mansioni cui il lavoratore era addetto, e che l'infortunio in concreto occorso, lungi dal costituire un'ipotesi del tutto imprevedibile, doveva ritenersi ex ante un'evenienza icto oculi pienamente compatibile con il regolare sviluppo delle lavorazioni in esame.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (cfr., tra le molte, Cass., Sez. 4, n. 37986/2012, Rv. 254365).
Al riguardo, con particolare riguardo ai fatti oggetto dell'odierno procedimento, la circostanza che il lavoratore fosse salito sul braccio della gru indietreggiando senza controllare la posizione del materiale alle proprie spalle (provocandone lo squilibrio e la caduta), o che detta operazione avesse compiuto deliberatamente, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro, dovendo ritenersi ricompreso, entro l'ambito delle responsabilità di quest'ultimo, l'obbligo di prevenire anche l'ipotesi di una condotta imprudente o negligente del lavoratore, al fine di scongiurare la verificazione delle prevedibili evenienze riconducibili all'ordinario sviluppo delle lavorazioni oggetto d'esame.
Il datore di lavoro, infatti, in quanto destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, diverso dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro (Cass., Sez. 4, n. 7267/2009, Rv. 246695).
In tema, questa stessa corte ha avuto recentemente modo di sottolineare come l'errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del datore di lavoro, il quale, per la sua posizione di garanzia, risponde dell'infortunio, sia a titolo di colpa diretta, per non aver negligentemente impedito l'evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio, che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate (Cass., Sez. 4, n. 16890/2012, Rv. 252544).
Al riguardo, del tutto correttamente i giudici del merito hanno evidenziato (sulla base di una corretta interpretazione degli elementi di prova e richiamati in motivazione) la grave negligenza del datore di lavoro neli'aver omesso di adottare tutte le iniziative o le misure idonee ad assicurare il contenimento del materiale de quo al fine di evitarne la caduta o lo spostamento dalla primitiva posizione, senza impartire ai dipendenti alcuna disposizione in merito alle procedure da osservare o di praticante i necessari controlli circa l'osservanza delle regole di cautela.
5. Il complesso delle considerazioni che precede, nell'attestare la radicale infondatezza di tutti motivi d'impugnazione proposti in questa sede dall'imputato, impone il rigetto del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13/3/2015.