Cassazione Penale, Sez. 7, 05 giugno 2015, n. 24162 - Abrogazione del D.Lgs. n. 626/94. Continuità normativa con il D.Lgs. n. 81/08


 

 

Presidente: D'ISA CLAUDIO Relatore: MASSAFRA UMBERTO Data Udienza: 13/05/2015

Osserva


Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di C.G. avverso la sentenza emessa in data 12.12.2013 dalla Corte di appello di Milano che confermava quella in data 5.4.2013 del Tribunale di Varese, con la quale il predetto era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione, per il delitto di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme a tutela degli infortuni sul lavoro. Deduce il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta penale responsabilità in considerazione dell'avvenuta abrogazione del Dlgs 626/1994, il cui art. 35 era stato richiamato nel capo d'imputazione, per effetto dell'art. 304 comma 1 lett. A Dlgs n. 81 del 2008. Rappresenta, inoltre, che non erano stati valutati due documenti dai quali emergeva che la parte offesa era dipendente diretto della cooperativa Omissis e dato "in affitto" a C.G. e che non avrebbe dovuto adoperare il dispositivo su cui si infortunò.


Il ricorso è inammissibile essendo i motivi manifestamente infondati e non consentiti nella presente sede.
Le censure mosse tendono ad una rivalutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità. Al riguardo, giova sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito" (Sez. Un. n.6402/97, imp. Dessìmone ed altri, Rv. 207944).
Inoltre, il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, la cui inosservanza è stata ritualmente contestata, ha operato un riferimento agli obblighi del datore di lavoro afferenti le misure necessarie per la sicurezza delle attrezzature di lavoro e per la loro utilizzazione ponendosi in diretta continuità normativa con il Dlvo n. 81 del 2008 (art. 71).
Consegue l'inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.