Cassazione Penale, Sez. 7, 22 settembre 2016, n. 39412 - Sega priva di protezione. Reato estinto per prescrizione


 

Presidente: GRILLO RENATO Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA Data Udienza: 06/06/2016

Fatto

1. - La Corte d'appello, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, ha condannato l'imputato, per il reato di cui agli artt. 87, comma 2, lettera c), 71, comma 4, lettera a), n. 1), del d.lgs. n. 81 del 2008, per avere omesso di controllare che una sega utilizzata dai dipendenti fosse munita di protezione (fatto commesso il 23 luglio 2009).
2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando: 1) la violazione dell'art. 649 cod. proc. pen., essendo stato l'imputato già giudicato per il reato di lesioni colpose In relazione al medesimo fatto; 2) la mancata assunzione diretta della testimonianza dei soggetti danneggiati, le cui dichiarazioni rese nel diverso procedimento per il reato di lesioni colpose, sono state acquisite ex art. 238 cod. proc. pen.; 2) vizi della motivazione in ordine alla mancata considerazione delle testimonianze a discarico; 3) la mancata applicazione dell'art. 84 cod. pen. , perché non si sarebbe considerato che il reato contestato come violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro era circostanza aggravante delle lesioni colpose, già oggetto di giudizio; 4) l'erroneo calcolo delle sospensioni della prescrizione; 5) l'omessa motivazione circa la determinazione della pena; 5) la mancata applicazione dell'art. 131 bis cod. pen., vista la modestia del fatto.
 

Diritto


3. - Deve essere dichiarata l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
3.1. - Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per l'applicazione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall'evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l'immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell'innocenza dell'imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un "apprezzamento", ma ad una mera "constatazione".
L'obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l'estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l'obbligo dell'immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l'inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre 2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio 2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. - I presupposti per l'applicazione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, in cui il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, non essendo configurabile una specialità né un concorso formale tra lesioni e violazioni della normativa antinfortunistica (ex plurimis, Cass., sez. 4, 6 giugno 2001, n. 35773); mentre il secondo motivo di ricorso, relativo alla prova della responsabilità penale, è tale che un suo eventuale accoglimento avrebbe come conseguenza l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Nondimeno, il ricorso non può essere ritenuto inammissibile, perché almeno il secondo motivo di doglianza appare non manifestamente infondato, essendo riferito alla questione giuridica dell'ambito e dei limiti dell'applicazione dell'art. 238 cod. proc. pen.
3.3. - Dall'esame degli atti risulta che il termine di prescrizione è già decorso.
Infatti il reato è stato commesso il 23 luglio 2009; a partire da tale data, deve essere computato il termine complessivo di 5 anni applicabile per le contravvenzioni, giungendosi così alla data del 23 luglio 2014, precedente alla pronuncia della presente sentenza.
4. - La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016