Responsabilità di due datori di lavoro di ditte incaricate della rimozione di lastre di cemento - amianto per non aver predisposto adeguate misure di protezione dei lavoratori dipendenti.

La Corte respinge il ricorso per quanto riguarda il datore di lavoro della ditta appaltatrice affermando che: "la designazione di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione non esonera il datore di lavoro dai suoi obblighi specifici.
Infatti, il servizio di prevenzione e protezione ha per legge il compito generale di supportare il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio e nella elaborazione delle misure di prevenzione adeguate, oltre che di provvedere alla formazione e informazione antinfortunistica dei lavoratori dipendenti (D.Lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626, art. 9); mentre il datore di lavoro conserva l'obbligo di adottare concretamente le misure prevenzionali come sopra elaborate, nonchè di vigilare sulla loro attuazione (D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4, comma 5), a meno che per la vigilanza non abbia delegato un preposto appositamente incaricato.
Nel caso di specie si rimprovera al datore di lavoro P.R. di non aver adottato le misure prescritte, come l'uso di un aspiratore delle polveri, nonchè un trattamento preventivo delle lastre con spruzzatore e fissatore incapsulante."

Accoglie invece il ricorso dell'altro datore di lavoro, individuato come appaltatore nel capo di imputazione del precedente giudizio, ma condannato nella sentenza in qualità di committente: sembra invero pacifico che la società di cui egli era amministratore unico fosse la società committente dei lavori.
Ciò non significa però che il committente non possa essere ritenuto responsabile a titolo di concorso con l'appaltatore.
La Corte afferma infatti che: "Nella materia della sicurezza del lavoro e della prevenzione infortuni, invece, esiste una specifica norma di legge che costituisce il committente come corresponsabile con l'appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive.
Infatti, il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, nel caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici: a) affida al datore di lavoro committente il compito di verificare l'idoneità tecnica dell'impresa appaltatrice e di informarla sui rischi specifici in materia di sicurezza e igiene del lavoro e sulle misure prevenzionali; b) assegna a entrambi i datori di lavoro il compito di cooperare in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione; c) affida al datore di lavoro committente il compito di promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui alla lettera precedente, salvo per quanto riguarda i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici.
Sulla base di questi obblighi si configura una corresponsabilità di committente e appaltatore, al fine di rafforzare la tutela del bene della sicurezza e dell'igiene sui luoghi di lavoro.
Ne deriva per il caso di specie, che anche il P.E. poteva essere astrattamente corresponsabile delle violazione delle misure di protezione contro i rischi dell'amianto (che imponevano l'uso dell'aspiratore e il preventivo trattamento delle lastre con spruzzatura e fissazione incapsulante): tuttavia non come appaltatore, bensì come committente.
Ma in questo caso il Giudice di merito doveva accertare e approfondire il suo profilo di colpa sulla base degli obblighi a lui incombenti a norma del predetto art. 7.
Sul punto, invece, manca qualsiasi motivazione."

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo - Presidente -
Dott. ONORATO Pierluigi - Est. Consigliere -
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere -
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) P.R., nato a (OMISSIS);
2) P.E., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa il 20.11.2007 dal tribunale monocratico di Cosenza;
Vista la sentenza denunciata e i ricorsi;
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Dott. Onorato Pierluigi;
Udito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. Montagna Alfredo, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
Udito il difensore dell'imputato P.R., avv. Fusaro Natale, in sostituzione dell'avv. Tenuta Giovanni Carlo, che ha insistito nel ricorso.

Fatto

1 - Con sentenza del 20.11.2007 il Tribunale monocratico di Cosenza, ha condannato P.R. ed P.E. alla pena (condizionalmente sospesa) di Euro 10.000,00, di ammenda avendoli ritenuti responsabili del reato di cui al D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, artt. 23, 24 e 50, perchè il P.R. quale amministratore unico della s.p.a. Calabria Maceri e Servizi, il P.E. quale amministratore unico della s.r.l. Edil Pol, in concorso tra loro, in qualità di titolari delle ditte incaricate della rimozione delle lastre di cemento - amianto (tipo eternit) esistenti in un deposito di rifiuti solidi urbani di (OMISSIS), non avevano predisposto idonee misure di protezione dei lavoratori dipendenti impegnati per la rimozione delle stesse lastre (in particolare non effettuando il preventivo trattamento di incapsulamento, non usando il prescritto aspiratore e non procedendo alla previa bagnatura delle lastre medesime): accertato in (OMISSIS).
Il Giudice monocratico ha osservato che:
- secondo la deposizione testimoniale dell'ispettore della Polizia Municipale di Cosenza, C.L., alcuni operai erano stati sorpresi mentre eseguivano la bonifica di un'area, rimuovendo da vecchi capannoni lastre di cemento - amianto, tipo eternit, senza rispettare quanto previsto dal piano di lavoro per la sicurezza, che imponeva un aspiratore delle polveri, nonchè un trattamento preventivo delle lastre con spruzzamento e applicazione di fissatore incapsulante;
- non erano invece attendibili le dichiarazioni rese da P. A., responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza della Calabria Maceri e Servizi, e da L.B.R., anch'egli dipendente di questa società, i quali avevano sostenuto che i lavori erano stati eseguiti a regola d'arte;
- della contravvenzione dovevano quindi rispondere penalmente sia il P.R., titolare della ditta Calabria Maceri e Servizi, assuntrice dei lavori, che fu trovato presente nel cantiere, sia il P.E., titolare della ditta committente Edil Pol.

2 - Avverso la condanna hanno proposto ricorso i difensori degli imputati.
Il difensore del P.E. denuncia:
2.1 - violazione degli artt. 157, comma 8 bis, e 161, comma 4, c.p.p., giacchè il P., nell'atto di opposizione al decreto penale, aveva dichiarato domicilio in (OMISSIS), mentre il decreto dispositivo del giudizio era stato notificato nel vecchio domicilio di (OMISSIS). Alla udienza del 20.10.2005 il Giudice disponeva nuova notificazione che però avveniva sempre al domicilio di (OMISSIS).
Alla udienza del 2.2.2006, preso atto delle omesse notifiche, il Giudice disponeva la rinnovazione della notifica attraverso la consegna immediata in udienza ai difensori ex art. 157 c.p.p., comma 8 bis.
A fronte di specifica eccezione, alla successiva udienza del 7.3.2006, respingeva la censura, precisando che la consegna ai difensori doveva intendersi fatta validamente ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4;
2.2 - violazione di norme processuali e sostanziali, nonchè vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità.
Infatti, la ditta Edil Pol non era affatto incaricata della rimozione delle lastre, come indicato erroneamente nel capo di imputazione, ma era semplicemente la ditta committente.
Anche in veste di committente il P.E. non doveva rispondere penalmente delle infrazioni alla sicurezza del lavoro commesse dalla ditta appaltatrice.
Inoltre era incongrua la motivazione con cui il Giudice di merito aveva ritenuto inattendibili le testimonianze dei dipendenti del P.R..
Il difensore del P.R. deduce:
2.3 - violazione dell'art. 157 c.p.p., comma 8 bis, e art. 161 c.p.p., comma 4, per difetto di notifica del decreto dispositivo del giudizio. Riproduce in sostanza le stesse censure sollevate per conto del coimputato, precisando che la nullità della notifica nei confronti del P.E. assume rilevanza anche per il P. R., in quanto coimputato dello stesso reato, e aggiungendo che comunque il decreto di citazione non era stato debitamente notificato neppure al P.R.;
2.4 - violazione dell'art. 2 c.p., laddove il Giudice di merito non s'è accorto che le norme incriminatrici contestate agli imputati sono state abrogate dal D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257;
2.5 - erronea applicazione delle norme incriminatrici e vizio di motivazione, giacchè mancava la prova che al momento del sopralluogo gli operai stessero trattando amianto e comunque il P.R. doveva essere assolto per non aver commesso il fatto, dal momento che aveva nominato un responsabile del servizio di prevenzione e protezione nella persona di P.A..
Diritto

3 - Le eccezioni processuali di cui ai nn. 2.1 e 2.3 vanno respinte.
Risulta agli atti che il Giudice del dibattimento, rilevato che il domicilio dichiarato dal P.E. era insufficiente o comunque inidoneo, essendo indicato senza numero civico, ha disposto la notificazione mediante consegna al difensore di fiducia ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, (v. per la motivazione la ordinanza del 7.3.2006).
Detta notifica risulta perfettamente regolare, anche se la consegna al difensore è avvenuta in sede di udienza dibattimentale (v. verbale del 2.2.2006).
Va quindi respinta la censura formulata al riguardo dal difensore del P.E. (2.1).
La censura formulata dal difensore del P.R. (2.3) è invece inammissibile, giacchè difetta di interesse laddove si riferisce alla notifica destinata al P.E., ed è generica laddove intende riferirsi alla notifica destinata al P.R. medesimo, omettendo di specificare le ragioni della asserita nullità.

4 - Anche la censura di merito di cui al n. 2.4 va respinta.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi connessi alla esposizione ad amianto, pur essendo stata disposta dal D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, art. 5, l'abrogazione espressa delle disposizioni contenute nel capo 3^ del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, sussiste continuità normativa tra queste ultime e le disposizioni inserite dal citato D.Lgs. n. 257 del 2006, nel nuovo titolo 6 - bis del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, (Cass. Sez. 3^, n. 40196 dell'11.10.2007, Torcasio, rv. 238014; Cass. Sez. 3^, n. 32261 del 19.6.2007, Castelli, rv. 238446).
D'altra parte, la censura è generica dal momento che non precisa le specifiche ragioni per cui la citata successione di leggi nel tempo avrebbe dovuto essere presa in considerazione dal giudicante.

5 - Parimenti infondato è il motivo di ricorso n. 2.5 formulato nell'interesse del P.R.. Contrariamente a quanto asserito dal difensore, esiste la prova che gli operai dipendenti della s.p.a.Calabria Maceri e Servizi in data 6.3.2004 stavano eseguendo la bonifica di alcuni capannoni rimuovendo alcune lastre di cemento - amianto, giacchè in tal senso è la deposizione testimoniale del summenzionato ispettore C., plausibilmente ritenuto attendibile dal giudicante.
D'altra parte, anche i testi a difesa, P.A. e B., dipendenti della predetta società, non hanno negato che stavano trattando amianto, ma hanno semplicemente asserito che il lavoro era eseguito a regole d'arte, rispettando cioè le norme di igiene e sicurezza.
Quanto alla imputabilità della contestata violazione degli obblighi prevenzionali, la designazione di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione non esonera il datore di lavoro dai suoi obblighi specifici.
Infatti, il servizio di prevenzione e protezione ha per legge il compito generale di supportare il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio e nella elaborazione delle misure di prevenzione adeguate, oltre che di provvedere alla formazione e informazione antinfortunistica dei lavoratori dipendenti (D.Lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626, art. 9); mentre il datore di lavoro conserva l'obbligo di adottare concretamente le misure prevenzionali come sopra elaborate, nonchè di vigilare sulla loro attuazione (D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4, comma 5), a meno che per la vigilanza non abbia delegato un preposto appositamente incaricato.
Nel caso di specie si rimprovera al datore di lavoro P.R. di non aver adottato le misure prescritte, come l'uso di un aspiratore delle polveri, nonchè un trattamento preventivo delle lastre con spruzzatore e fissatore incapsulante.

6 - Va invece accolto il motivo n. 2.2 relativo al giudizio di responsabilità a carico del P.E..
Coglie nel segno il difensore ricorrente laddove lamenta che il P.E. era stato individuato come appaltatore (assieme al P.R.) nel capo di imputazione, mentre è stato condannato nella sentenza in qualità di committente.
Invero, sembra pacifico che la s.r.l. Edil Pol, di cui il P.E. era amministratore unico, aveva commissionato alla s.p.a. Calabria Maceri e Servizi, di cui era amministratore il P.R., l'incarico della bonifica dall'amianto dei capannoni da abbattere.
In altri termini, la dil Pol era la società committente, mentre la Calabria Maceri e Servizi era la società appaltatrice.
Ciò non significa però - come sostiene lo stesso difensore ricorrente, citando Cass. Sez. 3^ n. 40618 del 22.9.2004, Bassi e altro, rv. 230181 - che il committente ( P.E.) non possa essere ritenuto responsabile a titolo di concorso con l'appaltatore ( P.R.) per la violazione delle norme antinfortunistiche.
La sentenza Bassi, invocata a sostegno, riguarda la diversa materia dello smaltimento dei rifiuti, per la quale il committente dei lavori edili non ha una posizione di garanzia nei confronti dell'incaricato per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dall'attività edilizia, mancando fonti legali o contrattuali che costituiscano quella garanzia.
Nella materia della sicurezza del lavoro e della prevenzione infortuni, invece, esiste una specifica norma di legge che costituisce il committente come corresponsabile con l'appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive. Infatti, il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, nel caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici: a) affida al datore di lavoro committente il compito di verificare l'idoneità tecnica dell'impresa appaltatrice e di informarla sui rischi specifici in materia di sicurezza e igiene del lavoro e sulle misure prevenzionali; b) assegna a entrambi i datori di lavoro il compito di cooperare in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione; c) affida al datore di lavoro committente il compito di promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui alla lettera precedente, salvo per quanto riguarda i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici. Sulla base di questi obblighi si configura una corresponsabilità di committente e appaltatore, al fine di rafforzare la tutela del bene della sicurezza e dell'igiene sui luoghi di lavoro.
Ne deriva per il caso di specie, che anche il P.E. poteva essere astrattamente corresponsabile delle violazione delle misure di protezione contro i rischi dell'amianto (che imponevano l'uso dell'aspiratore e il preventivo trattamento delle lastre con spruzzatura e fissazione incapsulante): tuttavia non come appaltatore, bensì come committente.
Ma in questo caso il Giudice di merito doveva accertare e approfondire il suo profilo di colpa sulla base degli obblighi a lui incombenti a norma del predetto art. 7.
Sul punto, invece, manca qualsiasi motivazione.
7 - In conclusione, la impugnata sentenza va annullata nei confronti del P.L., con rinvio al Giudice di merito per nuovo giudizio sulla sua responsabilità.
Va invece respinto il ricorso nell'interesse del P.R., con conseguente condanna alle spese del processo.

P.Q.M.
La Corte suprema di cassazione annulla la sentenza impugnata nei confronti di P.E., e rinvia per nuovo giudizio nei confronti dello stesso al Tribunale di Cosenza. Rigetta il ricorso di P.R., che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2008.
Depositato in cancelleria il 19 gennaio 2009