Cassazione Civile, Sez. 6, 31 gennaio 2017, n. 2380 - Rendita da infortunio e termine triennale di prescrizione


 

Presidente: ARIENZO ROSA Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 31/01/2017

 

 

FattoDiritto

 


La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 14 dicembre 2016, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c. ed il cui contenuto è di seguito riportato con alcune correzioni di forma.
“Il Tribunale di Patti, accogliendo la domanda proposta da M.S. nei confronti dell’lNAIL, condannava l’istituto alla costituzione in favore del ricorrente della rendita da infortunio nella misura del 16% in conseguenza dell’infortunio sul lavoro occorsogli in data 11 maggio 2001, oltre accessori.
Tale decisione, su gravame dell’INAIL, veniva parzialmente riformata dalla Corte di appello di Messina che, con sentenza del 24 dicembre 2013, condannava l’istituto al pagamento della rendita nella misura determinata dal primo giudice con decorrenza dalla cessazione della inabilità temporanea assoluta detraendo quanto erogato per lo stesso infortunio a titolo di indennizzo, oltre interessi sino al soddisfo.
La Corte territoriale, per quello che ancora rileva in questa sede, rigettava l’eccezione di prescrizione, già respinta dal tribunale e riproposta dall’lNAIL con il primo motivo di appello.
Per la cassazione di tale decisione l’INAIL propone ricorso affidato ad un unico motivo.
Il M.S. è rimasto intimato.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 111 e 112, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si assume che la corretta interpretazione dei citati articoli avrebbe imposto di far decorrere il termine triennale di prescrizione dalla data di scadenza del periodo di sospensione, che non può eccedere i 150 giorni decorrenti dall'avvio del procedimento amministrativo, con la conseguente declaratoria della prescrizione del diritto avverso per essere stato depositato il ricorso dopo la scadenza del termine triennale come sopra determinato.
Il motivo è fondato.
Ed infatti, secondo il prevalente orientamento di questa Corte "La sospensione della prescrizione triennale dell'azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 111, comma 2, opera limitatamente al decorso dei 150 giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità dal terzo comma della stessa disposizione: la mancata pronuncia definitiva dell'lNAIL entro il suddetto termine configura una ipotesi di silenzio significativo della reiezione dell'istanza dell'assicurato e comporta, quindi, l'esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della sospensione della prescrizione" (da ultimo, con ampia motivazione cui si rimanda, vedi Cass. n. 211 del 12/01/2015 che illustra le ragioni, del tutto condivisibili, per le quali tale indirizzo è da preferire a quello minoritario secondo cui il termine di prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell'Inail è sospeso durante la pendenza del procedimento amministrativo, anche ove questo non si concluda nel termine di 150 giorni previsto dalla legge ).
Orbene, nel caso in esame è stato accertato che l’infortunio è dell' 11 maggio 2001 e che il ricorso in opposizione, alla visita di accertamento dei postumi del 7 novembre 2002, è stato proposto dall’infortunato il 18 dicembre 2002 sicché il termine triennale di prescrizione ha cominciato a decorrere dal 18 maggio 2003 (ovvero dal 150° giorno successivo all’inizio del procedimento amministrativo). Pertanto, alla data del ricorso giudiziario (depositato il 30 luglio 2007), il termine triennale di prescrizione era ormai decorso. Né poteva assumere alcuna rilevanza ai fini interruttivi del detto termine l’atto con il quale l’istituto aveva comunicato, in data 22 gennaio 2007, la liquidazione dell’indennizzo in conto capitale nei limiti dell’11% di danno biologico perchè intervenuto dopo il decorso del termine triennale ed avendo detto atto solo valenza di riconoscimento del diritto nei limiti determinati dall’istituto.
Per quanto sin qui esposto si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con decisione nel merito — ex art. 384, co.2°, c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto — di rigetto della originaria domanda, il tutto con ordinanza ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5..”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della sopra riportata relazione e pertanto, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decide nel merito — ex art. 384, co.2, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto — rigettando l’originaria domanda.
Le spese relative ai gradi di merito, avuto riguardo al diverso esito degli stessi, vanno compensate tra le parti; quelle relative al presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del M.S. e vengono liquidate come da dispositivo in favore dell’INAIL.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna M.S. alle spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali , otre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.