Cassazione Penale, Sez. 4, 28 aprile 2017, n. 20370 - Esposizione a sostanze nocive nel Petrolchimico di Gela. Responsabilità dei direttori di stabilimento e dei responsabili sicurezza e igiene ambientale


Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: MICCICHE' LOREDANA Data Udienza: 27/01/2017

 

 

 

Fatto

 


1. Il Procuratore della Repubblica di Gela propone ricorso avverso la sentenza in data 19 maggio 2016 del G.U.P. del Tribunale di Gela con la quale è stato dichiarato non luogo a procedere nei confronti degli imputati M.G., F.G., C.G., LV.F., G.D'A. G.S., C.F., M.R., S.M., F.G., V.S., DB.L., M.S., M.V. in ordine al reato p.e.p. dagli artt.40, 113, 589 comma 2 c.p., per insussistenza del fatto.
Più precisamente, si era attribuito ai prevenuti, per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia nonché nella violazione dell'art.2087 cod.civ. e delle disposizioni del Dpr n.303/1956 e del Dpr n.547/1955, di aver cagionato la morte di L.G., dipendente della Cooperativa Metalmeccanica Gelese dal 1986 al 1999 e della Engineering Montaggi Italia srl dal 1999 al 2007 con mansioni di saldatore, società operanti all'interno della Raffineria di Gela spa, gestite, nel tempo, da ANIC, Enichem Anic e Praoil - società, queste ultime, in cui ciascun imputato, per distinti periodi, aveva rivestito la carica di Direttore di stabilimento (M.G., F.G., C.G., LV.F., G.D'A. G.S., C.F., M.R., S.M.) e Responsabile sicurezza e igiene ambientale (F.G., V.S., DB.L., M.S., M.V.). Condotta consistita, per i Direttori di stabilimento, nell'avere omesso di adottare tutte le misure prevenzionali, strutturali ed organizzative, idonee ad impedire, da un lato, l'esposizione a fattori di rischio quali l'inalazione e sostanze chimiche (precisamente gli idrocarburi policiclici aromatici); nell'avere omesso di far sì che i lavoratori comunque esposti avessero dispositivi di protezione adeguati e idonei ad impedire l'inalazione delle relative fibre e venissero adeguatamente informati ed edotti dei rischi specifici cui erano esposti; nell'aver omesso di sottoporre i lavoratori ad adeguata sorveglianza sanitaria; nonché, per i responsabili del servizio prevenzione, nell'aver omesso di elaborare i fattori di rischio per i lavoratori esposti a sostanze chimiche nonché di individuare le misure di sicurezza e salubrità dell'ambiente di lavoro. Ciò comportava che il L.G. subisse, nel corso dello svolgimento delle sue ordinarie mansioni, una consistente ed incontrollata esposizione a sostanze chimiche dalla quale derivava l'insorgere e lo sviluppo, con riduzione complessiva del periodo di latenza della malattia, di un carcinoma polmonare e di una neoplasia vescicale che ne determinavano il decesso in data 4 giugno 2014.
2. Riteneva il GUP che, da un lato, secondo la consulenza del PM la causa della morte fosse stata ricollegata alla inalazione di sostanze chimiche in termini di mera possibilità, e non già di alta probabilità logica. Considerava comunque che detto aspetto potesse avere sviluppi con il vaglio dibattimentale, mentre invece tanto non poteva dirsi sul piano della colpa ascrivibile ali imputati. Questi ultimi, infatti, non erano i diretti datori di lavoro del L.G., ma rivestivano posizioni apicali nel Petrolchimico di Gela, all'interno del quale operavano le società effettive datrici di lavoro della parte offesa. Pertanto, tutti i profili di colpa specifica contestati non potevano rimproverarsi ai predetti imputati, in quanto riferibili soltanto ai datori di lavoro, ad eccezione del profilo secondo cui essi avrebbero omesso di esercitare i poteri di controllo sul rispetto delle disposizioni in materia di igiene degli ambienti di lavoro nonché in ordine alla idoneità dei piani per la sicurezza nei luoghi di lavoro adottati nel corso degli anni. Riteneva il GUP che detto dovere di verifica e controllo era stato positivamente adempiuto dal C.G., mentre, quanto agli altri coimputati, la condotta contestata non era stata in alcun modo dimostrata, né avrebbe potuto essere dimostrata per presunzioni, incorrendosi, in tal caso, nella affermazione di una responsabilità di tipo oggettivo.
2. A motivo del ricorso il P.G. denuncia l'erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione, per avere il GUP proceduto ad una valutazione di merito della tematica del processo, pervenendo ad affermare l'insussistenza del fatto, per assenza del nesso causale, anticipatamente rispetto alla sede deputata al giudizio, così travalicando i suoi poteri. Deduce poi il vizio di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione: agli imputati era stato contestato anche un profilo di colpa attinente all'occultamento dei rischi cui erano esposti i lavoratori all'interno degli impianti industriali, gravante anche sui committenti, e detto aspetto risultava dalle conclusioni del supplemento di perizia del PM.
3. I difensori di fiducia degli imputati hanno depositato memoria ex art.611 c.p.p. rappresentando la manifesta infondatezza del ricorso e la sua inammissibilità: il GUP, invero, aveva escluso che l'assenza di prova sulla responsabilità omissiva colposa fosse colmabile in dibattimento, in quanto gli imputati non rivestivano alcuna posizione di garanzia, mentre il ricorso del PM era incentrato sul distinto profilo della assenza del nesso causale.
 

 

Diritto

 


1. Prima di procedere all'esame del ricorso è necessario individuare i limiti decisionali della sentenza di non luogo a procedere resa all'esito della udienza preliminare.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in coerenza con le linee tracciate dalla Corte Costituzionale, hanno affermato che l'art.425 c.p.p., anche dopo le sostanziali modifiche apportate dalla legge n.479 del 1999, non attribuisce al giudice "il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della innocenza-colpevolezza dell'imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori, secondo il dato letterale del novellato terzo comma dell'art.425 c.p.p., è sempre e comunque diretta a determinare, all'esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta oggi più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell'accusa in giudizio e, con essa, l'effettiva, potenziale, utilità del dibattimento in ordine alla regiudicanda" (Sez.Un.26.11.2002, n.39915; Sez.Un.29.5.2008, n.25695): in altri termini, il radicale incremento dei poteri di cognizione e di decisione del giudice dell'udienza preliminare, pur legittimando quest'ultimo a muoversi implicitamente anche nella prospettiva della probabilità di colpevolezza dell'imputato, non lo ha tuttavia disancorato dalla fondamentale regola di giudizio per la valutazione prognostica. 
Anche successivamente si è quindi ribadito che la previsione di cui all'art.425, comma terzo, c.p.p. - per la quale il G.u.p. deve emettere sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti o contraddittori - è qualificata dall'ultima parte del suddetto comma terzo, che impone tale decisione soltanto ove i predetti elementi siano comunque inidonei a sostenere l'accusa in giudizio, rivestendo caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente superabili, per cui solo una prognosi di inutilità del dibattimento relativa alla evoluzione, in senso favorevole all'accusa, del materiale probatorio raccolto - e non un giudizio prognostico in esito al quale il giudice pervenga ad una valutazione di innocenza dell'Imputato - può condurre ad una sentenza di non luogo a procedere (Sez.V, 3.6.2009, n.22864; Sez.IV, 13.11.2009, n.43483; Sez.VI, 20.3.2012, n.10849): il criterio di valutazione per il giudice dell'udienza preliminare non è dunque l'innocenza dell'imputato, ma l'inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi di prova contraddittori o insufficienti (Sez.VI, 6.9.2012, n.33921).
Si è ancora precisato che ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il G.u.p., in presenza di fonti di prova che si prestano ad una alternatività di soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare se tale situazione possa essere superata attraverso gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza operare valutazioni di tipo sostanziale e senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito del materiale probatorio, indagini che spettano al giudice naturale (Sez.V, 3.10.2014, n.41162; Sez.VI, 12.2.2014, n.6765; Sez.II, 15.11.2013, n.45989), essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate.
5. Consegue a quanto detto che il compito devoluto a questa Corte è quello di verificare se siano stati o meno rispettati i limiti cognitivi connaturati al rito nel quale la sentenza è stata adottata, limiti che, dalla lettura della sentenza impugnata, appaiono all'evidenza travalicati.
6. Va rilevato - riguardo a quanto dedotto dalle difese con le memorie depositate e in sede di discussione- che la violazione della regola di giudizio è stata comunque contestata dal PM, come si evince dal tenore complessivo dei motivi di ricorso.
7. In particolare, il PM ha lamentato, con il secondo motivo, come il GUP avesse escluso la ricorrenza dei profili di colpa specifica contestati ai committenti, allorquando invece gli elementi in proposito emergevano palesemente dagli atti di indagine (in particolare, con riferimento alla omessa informazione ai lavoratori dei profili di rischio ricorrenti all'interno degli impianti industriali) . Sul punto, la pronuncia impugnata formula due ordini di considerazioni: la prima, relativa alla assenza di prova circa l'inadempimento degli obblighi relativi al rispetto delle disposizioni in materia di igiene degli ambienti di lavoro in capo ai committenti (i direttori dello stabilimento del petrolchimico di Gela), e, quanto al C.G., risultava invece provato che l'imputato avesse svolto delle attività di controllo; la seconda, inerente alla esclusione della posizione di garanzia dei committenti e dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione relativamente alla violazione degli artt. 31 e seguenti del D.lgs n.81/2008. Effettivamente, così decidendo, il giudice ha operato una valutazione di merito in termini di anticipata verifica della innocenza-colpevolezza degli imputati, poiché la valutazione critica di sufficienza degli elementi probatori, secondo il dato letterale del terzo comma dell'art.425 c.p.p., è sempre e comunque diretta a determinare, all'esito di una delibazione di tipo prognostico, la sostenibilità dell'accusa in giudizio ( Sez.Un.29.5.2008, n.25695). Il Gup ha invece operato valutazioni di tipo sostanziale e ha esaminato, nel merito, il materiale probatorio, compiendo un giudizio spettante al giudice naturale; peraltro con affermazioni apodittiche e non ancorate allo specifico vaglio degli elementi acquisiti, nei consentiti termini probabilistici di inidoneità al positivo sviluppo del vaglio dibattimentale.
8. Di qui l'annullamento della sentenza con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Gela.

 


P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il prosieguo al Tribunale di Gela.
Roma, 27 gennaio 2017