Cassazione Penale, Sez. 4, 19 maggio 2017, n. 24913 - Caduta mortale dal vano scala del cantiere. Responsabilità del Presidente del CDA dell'impresa appaltatrice dei lavori


 

 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: MICCICHE' LOREDANA Data Udienza: 10/02/2017

 

Fatto

 


1. La Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 15 giugno 2015, confermava la sentenza del Tribunale di Verbania che aveva condannato P.M., nella qualità di Presidente del CdA della Tecno Costruzioni srl, impresa appaltatrice dei lavori di ristrutturazione dell'area garage dell'albergo "Bel Soggiorno" di Oggebbio, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di cui all'art. 113, 589,commi 1 e 2 cod pen, poiché, in cooperazione colposa con il legale rappresentante della Ditta " Il Verde" L.R., incaricata dalla Tecno costruzioni di eseguire opere di sistemazione dell'area terrazzata sopra i garage - per negligenza, imprudenza e imperizia, nonché per colpa consistita nella violazione della normativa antinfortunistica, cagionava la morte di Z.F.. Quest'ultimo, recatosi sul cantiere casualmente, allo scopo di salutare un amico, precipitava da una altezza di circa 4 metri nel buco del vano scala presente all'interno del cantiere, riportando lesioni da cui, pochi giorni dopo, derivava il decesso (fatto accaduto il 2 novembre 2011). Si era contestata al P.M. la violazione dell'art. 97, comma 1, d.lgs n.81/2008 per non aver verificato le condizioni di sicurezza dei lavori di giardinaggio affidati alla ditta il Verde di L.R. né l'applicazione delle prescrizioni contenuti nel Piano di sicurezza e coordinamento, nonché dell'art. 122 d.lgs n.81/2008 per non aver adottato, per i lavori in quota, adeguate impalcature o opere atte ad eliminare il rischio di caduta dall'alto.
2. La Corte territoriale disattendeva i motivi di gravame e la prospettazione difensiva dell'imputato secondo cui il cantiere, il giorno dell'incidente, non era stato ancora riaperto dopo la pausa estiva (mancava infatti la formale comunicazione di ripresa lavori agli organi competenti). Secondo la tesi difensiva, il giorno del sinistro mortale L.R. vi si sarebbe recato al solo fine di incontrare l'arch. P., professionista incaricato dalla Tecnocostruzioni, per coordinare i tempi della ripresa lavori; e si era introdotto in loco di propria iniziativa senza attendere l'arrivo del professionista, così rimuovendo la recinzione e consentendo l'ingresso di terzi quali la povera vittima. Secondo la tesi del P.M., dunque, il mortale incidente sarebbe stato causalmente ricollegabile all'inopinata introduzione del L.R. nel cantiere ancora chiuso, e non certamente alla omessa adozione delle cautele di cui al D.lgs n.81/2008. Riteneva invece la Corte d'Appello adeguatamente dimostrata la effettiva ripresa dei lavori, desumibile dalle genuine dichiarazioni dell'operaio che stava lavorando sul luogo al momento del sinistro, riteneva pertanto palesemente sussistente la mancata adozione dei presidi atti ad evitare i rischi di caduta dell'alto e, applicati i principi per cui le norme antinfortunistiche sono tese anche alla salvaguardia della incolumità di terzi, esclusa l'efficienza causale autonoma della condotta del danneggiato, atteso che la recinzione del cantiere era agevolmente rimuovibile e non vi erano cartelli di divieto, confermava la penale responsabilità del P.M..
3. Ricorre per Cassazione P.M. a mezzo del proprio difensore di fiducia. Con il primo motivo deduce violazione di legge ex art. 606, commal, lett. b) in relazione agli artt. 589, 40 e 41 cod pen, e vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La Corte d'Appello aveva disatteso le univoche risultanze processuali (segnatamente, la relazione di PG, dalla quale emergeva che vi era stata comunicazione ufficiale di sospensione dei lavori; la relazione della Asl, da cui risultava che il cantiere era recintato con apposita rete metallica; la deposizione dell'arch. P., ingiustificatamente disattesa dal giudici di merito; la lettera di incarico per i lavori di giardinaggio, dalla quale emergeva che il trasporto della terra da giardino doveva avvenire con mezzi della appaltante Tecnostruttura; le dichiarazioni dell'operaio M., dalle quali risultava che, prima dell'arrivo dell'architetto P., era stata rimossa la recinzione e aperto un varco): in base a dette univoche risultanze era da ritenersi dimostrato che i lavori non erano ripresi; che la recinzione era stata rimossa, con condotta autonoma ed imprudente, dal titolare della ditta il Verde e dal suo operaio a totale insaputa della ditta appaltante; che, pertanto, il sinistro era ricollegabile causalmente a detta condotta (abusiva rimozione della recinzione in cantiere non operativo) e non già alla mancata apposizione della protezione al vano scala. Con il secondo motivo, il P.M. deduce vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa. Nel caso in esame, non era possibile configurare alcuna colpa, non essendo concretamente prevedibile che, in presenza di un cantiere chiuso e transennato, il titolare della ditta subalppaltatrice si potesse ivi introdurre rimuovendo la recinzione. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inosservanza dell'art. 97 comma 1 d.lgs n.81/2008 e 122 d.lgs n.81/2008, norme non applicabili nella ipotesi di cantiere chiuso e transennato, in cui non vi era stata alcuna ripresa dei lavori.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato.
2. Va ricordato che nel caso di specie ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna) per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si utilizza un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., n. 5223/07, rv. 236130, Medina). Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure proposte dal P.M., è giunto alla medesima conclusione della affermazione di responsabilità.
3. Tanto premesso, e sviluppando coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova. In particolare il giudice di merito ha già risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni del ricorrente che in sostanza ripropongono motivi di fatto. La Corte territoriale, in particolare, ha diffusamente e puntualmente valorizzato gli elementi fondanti la penale responsabilità, disattendendo l'alternativa ricostruzione secondo cui il L.R. si era abusivamente introdotto nel cantiere, poiché avrebbe dovuto attendere l'architetto P. solo ai fini di effettuare un sopralluogo. In particolare la Corte ha, con precisa coerenza logica, sottolineato che: 1) l'effettivo svolgimento dei lavori all'interno del cantiere era risultato provato dalle dichiarazioni dell'operaio M., il quale aveva dichiarato che quel giorno si doveva realizzare il giardino terrazzato e, al momento del sinistro, lui e il L.R. erano già al lavoro per sistemare i teli traspiranti, in attesa dell'arrivo del camion che trasportava il terreno; 2) la lettera di affidamento lavori, datata 14 ottobre 2011, avvalorava detta ricostruzione, posto che dal predetto documento risultava come la Tecnocostruzioni avesse aderito già a tale data all'offerta, si che non era logicamente sostenibile una inutile esecuzione di un sopralluogo successivo; 3) non era plausibile che una piccola ditta, quale la ditta il Verde facente capo al L.R., avesse impegnato il proprio titolare e un operaio soltanto allo scopo di effettuare un mero sopralluogo sul posto; 4) l'orario di inizio dei lavori, pacificamente in corso dalle nove del mattino, smentiva la tesi dell'appuntamento per il mero sopralluogo, posto che altrettanto pacificamente l'architetto P. era giunto sul posto alle dieci; 5) le contrarie dichiarazioni dell'architetto P., già prive di attendibilità per i motivi evidenziati, non erano comunque utilizzabili, essendo emersi, nel corso della sua escussione, gravi indizi di correità a suo carico, come risultava dal verbale di udienza del 20 novembre 2013.
4. E' dunque evidente che la Corte territoriale ha compiutamente esaminato tutto il compendio probatorio acquisito e ne ha tratto una ricostruzione logica e coerente che si sottrae alle censure dedotte nel ricorso, fornendo puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza e procedendo alla corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. E' invero consolidato il principio per cui la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l’inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito sotto il profilo della violazione del l'obbligo motivazionale, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell'offerta di una diversa (e per il ricorrente più favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità ( Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, Rv. 258679; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, Rv. 259643).
5. In assenza dei vizi motivazionali riscontrati, l'accertata riapertura del cantiere per l'esecuzione delle opere di realizzazione dei giardini terrazzati, conosciuta da Tecnostruttura, assorbe i motivi relativi alla assenza di colpa, basati sulla inconoscibilità o imprevedibilità, da parte dell'imputato, della ripresa dei lavori.
6. Il ricorso va quindi rigettato. Segue, per legge, la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. 
 

 

PQM

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 10 febbraio 2017