Cassazione Civile, Sez. 6, 06 giugno 2017, n. 14040 - Tumore polmonare per esposizione ad amianto. Presunzione di eziologia professionale della patologia


 

Nel caso del tumore polmonare (malattia di natura multifattoriale), in relazione all'esposizione ad amianto, il fattore di rischio è stato previsto in tabella (dal dPR 336/1994 e ss.; ed oggi alla voce n. 57 della tabella di cui al decreto 9 aprile 2008 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale) in termini ampi ("lavorazioni che espongono all'azione delle fibre di asbesto"); e senza indicazione di soglie quantitative, qualitative e temporali ragione per cui può ritenersi che l'ordinamento abbia compiuto il giudizio sulla correlazione causale tra i due termini come riferito anche all'apporto concausale; con la conseguenza che chi sia stato esposto all'amianto per motivi professionali ha diritto di vedersi riconosciuta l'origine professionale della malattia ed erogata la tutela assicurativa sociale prevista dalla legge, quand'anche risultino nel giudizio altre condizioni di confondimento che non assurgano però al ruolo di fattori alternativi di tipo esclusivo, incombendo sull'I.N.A.I.L. la prova che la patologia tumorale non è ricollegabile all'esposizione a rischio.


Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 06/06/2017

 

 

 

Rilevato
che, con sentenza del 7 maggio 2014, la Corte di Appello di Ancona confermava la decisione del Tribunale di Macerata di rigetto della domanda proposta da D.P. — in proprio e nella qualità di legale rappresentante dei minori M.C. e L.C., tutti quali eredi di MA.C. - nei confronti dell’INAIL ed intesa al riconoscimento dell’indennizzo del danno biologico derivante dalla
malattia professionale denunciata il 10.5.2006 e della rendita ai superstiti chiesta il 19 giugno 2008;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la D.P. affidato a tre motivi cui l’INAIL resiste con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
 

 

Considerato
che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 3 , primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, della voce 56 della tabella allegata sub 4, come sostituita dal d.P.R. 13 aprile 1994 n. 336, allegato 1 , nonché dell’art. 139 d.P.R. n. 1124/1965 cit. e del d.m. 27 aprile 2004 , art. 1 ed allegata tabella sub 1, Lista I, gruppo 4 , Voce 3 (in relazione all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ.) per avere la Corte di Appello ritenuto di escludere il nesso di causalità tra la malattia da cui MA.C. era affetto (carcinoma al polmone) con l’attività lavorativa dallo stesso svolta (muratore nell’ambito di una piccola impresa artigiana) nonostante dalla prova testimoniale espletata era emersa l’esposizione non occasionale del predetto alle fibre di asbesto ( nei lavori di demolizione e nelle nuove costruzioni, essendo stato utilizzato l’”eternit” sino al 1994) mentre — in applicazione della presunzione legale di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 1124/1965 rientrando il carcinoma al polmone nella voce 56 della tab. 4 del D.P.R. n. 1124/1965 — avrebbe dovuto riconoscere l’eziologia professionale della detta patologia; con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. “..per omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio’ in relazione all’art. 360, primo comma , n. 5 , cod. proc. civ.) per avere il giudice del gravame del tutto pretermesso di considerare quantomeno l’efficacia concausale della suddetta esposizione alle polveri di amianto nell’insorgenza del carcinoma polmonare; con il terzo mezzo si denuncia violazione dell’art. 41 cod. pen., degli arti. 3 e 139 d.P.R. n. 1124/1965 nonché dell’art. 1 d.m. 27 aprile 2004 e della Voce 3 , Gruppo 4 , lista 1, della tabella allegata sub 1 a. d.m. stessa ( in relazione all’art. 360, primo comma , n.3, cod. proc. civ.) non avendo la Corte di merito considerato che nella relazione il consulente tecnico d’ufficio dapprima aveva riconosciuto un’azione sinergica dell’esposizione all’amianto, anche se limitata ed occasionale, poi, in sede di replica l’aveva esclusa in ambito medico-legale;


che il primo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui «Dall'inclusione nelle apposite tabelle sia della lavorazione che della malattia (purché insorta entro il periodo massimo di indennizzabilità) deriva l'applicabilità della presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall'assicurato, con il conseguente onere di prova contraria a carico dell'I.N.A.I.L., quale è, in particolare, la dipendenza dell'infermità da una causa extralavorativa oppure il fatto che la lavorazione non abbia avuto idoneità sufficiente a cagionare la malattia, di modo che, per escludere la tutela assicurativa è necessario accertare, rigorosamente ed inequivocabilmente, che vi sia stato l'intervento di un diverso fattore patogeno, che da solo o in misura prevalente, abbia cagionato o concorso a cagionare la tecnopatia. Tale regola deve essere, tuttavia, temperata in caso di malattia, come quella tumorale, ad eziologia multifattoriale, nel senso che la prova del nesso causale non può consistere in semplici presunzioni desunte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma deve consistere nella concreta e specifica dimostrazione, quanto meno in via di probabilità, della idoneità della esposizione al rischio a causare l'evento morboso, con la precisazione che in presenza di forme tumorali che hanno o possono avere, secondo la scienza medica, un'origine professionale, la presunzione legale quanto a tale origine torna ad operare, sicché l'I.N.A.I.L. può solo dimostrare che la patologia tumorale, per la sua rapida evolutività, non è ricollegabile all'esposizione a rischio, in quanto quest'ultima sia cessata da lungo tempo>> ( Cass. n. 23653 del 21/11/2016; Cass. n. 14023 del 26/07/2004);
che, dunque, nel caso del tumore polmonare (malattia di natura multifattoriale), in relazione all'esposizione ad amianto, il fattore di rischio è stato previsto in tabella (dal dPR 336/1994 e ss.; ed oggi alla voce n. 57 della tabella di cui al decreto 9 aprile 2008 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale) in termini ampi ("lavorazioni che espongono all'azione delle fibre di asbesto"); e senza indicazione di soglie quantitative, qualitative e temporali ragione per cui può ritenersi che l'ordinamento abbia compiuto il giudizio sulla correlazione causale tra i due termini come riferito anche all'apporto concausale; con la conseguenza che chi sia stato esposto all'amianto per motivi professionali ha diritto di vedersi riconosciuta l'origine professionale della malattia ed erogata la tutela assicurativa sociale prevista dalla legge, quand'anche risultino nel giudizio altre condizioni di confondimento che non assurgano però al ruolo di fattori alternativi di tipo esclusivo, incombendo sull'I.N.A.I.L. la prova che la patologia tumorale non è ricollegabile all'esposizione a rischio; che l’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso assorbe il secondo:
che, pertanto, in dissenso dalla proposta del relatore, vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna che si uniformerà al principio di diritto sopra richiamato, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio;
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Bologna anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.