Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 giugno 2017, n. 14663 - Trasferimento: richiesta di reintegrazione e risarcimento danni da mobbing. Rigetto


Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE Relatore: TORRICE AMELIA Data pubblicazione: 13/06/2017

 

 

 

Fatto

 


1. Il Tribunale di Cosenza respinse il ricorso proposto da V.C. nei confronti dell' Inail volto alla disapplicazione ovvero alla sospensione del provvedimento con il quale quest' ultimo in data 15.4.2004 lo aveva trasferito di ufficio dalla sede di Paola a quella di Cosenza, alla reintegrazione nel posto di lavoro originariamente occupato ed alla condanna dell'Istituto al risarcimento dei danni non patrimoniali (biologico e da mobbing).
2. La Corte di Appello di Catanzaro, adita in via principale da V.C. ed in via incidentale dall'INAIL, ha respinto entrambi gli appelli.
3. Nel confermare l’ordine argomentativo della sentenza di primo grado, la Corte territoriale ha svolto, per quanto oggi rileva, le seguenti considerazioni: risultava provato che presso la sede di Paola, ove il V.C. , profilo C4, svolgeva le mansioni di direttore, era insorta una situazione di contrasto tra questi e la più gran parte dei dipendenti ivi addetti; indipendentemente dall'esito dei giudizi promossi da sette dei tredici dipendenti addetti all'ufficio, che avevano lamentato di essere stati mobbizzati dal Direttore, e a prescindere dalle ragioni che avevano determinato la situazione di contrasto, il rilevato conflitto integrava la fattispecie dell'incompatibilità ambientale, sussumibile entro la nozione delle esigenze organizzative di cui all'art. 2103 c.c., applicabile anche nell'ambito dei rapporti di impiego pubblico privatizzato; nell'ufficio diretto dal V.C. era, infatti, era venuto meno il clima di serenità indispensabile per l'ordinato svolgimento delle attività istituzionali; l'eventuale trasferimento dei lavoratori in posizione sottordinata rispetto a quella del V.C. avrebbe aggravato e non risolto la situazione di disorganizzazione dell' ufficio, mentre il trasferimento ad altra sede del V.C. mirava proprio ad evitare i conflitti interni e le disfunzioni organizzative; la produttività dell'Ufficio costituiva circostanza non rilevante in quanto il rispetto del principio del buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. impone che le funzioni pubbliche siano organizzate in modo da rendere il servizio in condizioni di decoro e di prestigio; non configurava illegittimo demansionamento la revoca dell'autorizzazione ad operare sui conti correnti dell'Istituto, costituendo questa attività propria della posizione dirigenziale; non risultava dimostrato che la revoca della delega fosse stata animata da intenti discriminatori; non era stato provato il carattere discriminatorio del trasferimento (dichiarato illegittimo dal Tribunale) del V.C. presso la sede di Castrovillari, ma era, di contro, emerso che tale trasferimento, di durata limitata, trovò ragione e causa nell'esigenza di migliorare la struttura della sede di provvisoria destinazione e che le mansioni erano rimaste immutate; presso la sede di Cosenza non poteva dirsi consumato ai danni del V.C. alcun demansionamento rilevando, ai sensi dell'art. 52 del D. Lgs . n. 165 del 2001, solo l'equivalenza formale tra mansioni, e non anche la dedotta lesione delle nozioni teoriche e delle capacità professionale in precedenza acquisite; non era stata provata l'esistenza degli accordi sindacali ostativi al trasferimento in presenza di esigenze familiari, che nemmeno erano state allegate; la domanda risarcitoria era infondata non avendo il V.C. offerto alcuna prova dell'esistenza di una volontà tesa ad emarginarlo professionalmente ovvero a mortificarne la dignità professionale attraverso condotte mobbizzanti; tale domanda era comunque priva di allegazioni sul danno e sul nesso eziologico tra questo e la condotta dell'Inail.
4. Per la cassazione di tale sentenza V.C. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso l'Inail, il quale ha anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
 

 

Diritto

 


Sintesi dei motivi di ricorso
5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2103 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto legittimo il trasferimento in considerazione della sola situazione di incompatibilità ambientale senza alcun riferimento all'incidenza che detta situazione aveva spiegato sulla produttività e/o sull'organizzazione della sede Inail di Paola. Lamenta anche che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sufficiente la sola situazione di incompatibilità ambientale a giustificare il trasferimento a fronte delle difese dell'Inail, che aveva dedotto, ma non anche provato, che da detta situazione erano derivati effetti negativi sulla realizzazione degli obiettivi fissati annualmente e non aveva allegato il verificarsi di disfunzioni nei confronti dell'utenza, di scioperi ovvero di atti di insubordinazione dei dipendenti. Sostiene che il trasferimento per incompatibilità ambientale presupporrebbe che da questa siano derivati effetti negativi sulla organizzazione dell'unità produttiva alla quale è addetto il dipendente pubblico. Deduce che in realtà il contrasto si era compendiato nella mera presentazione di esposti ai superiori gerarchici e nella proposizione di ricorsi giudiziali (sei e non sette) nei confronti dell'Inail e di esso ricorrente volti al risarcimento dei danni da mobbing, ricorsi respinti dal Tribunale di Paola.
6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la Corte territoriale rigettato il capo di domanda relativo al demansionamento sul rilievo che esso ricorrente aveva allegato la lesione in concreto delle nozioni teoriche e delle capacità professionali in precedenza acquisite. Sostiene che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare il fatto, controverso e decisivo, che nella nuova sede ad esso ricorrente non erano state assegnate le funzioni di "line" ma quelle di "staff", correlate all'Incarico di responsabile di un non precisato progetto speciale, funzioni non ricomprese in nessuna delle posizioni di lavoro proprie della tipologia (A) della sede di Cosenza. 
7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, omessa o insufficiente motivazione in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio per la mancata considerazione della dedotta emarginazione consumata ai suoi danni attraverso il trasferimento, della revoca dell'autorizzazione ad eseguire operazioni sul conto corrente dell'Istituto, della tolleranza mantenuta nei confronti delle condotte mobbizzati tenute in suo danno dai dipendenti della sede di Paola, della proroga dell'Incarico provvisorio a Castrovillari durante la malattia di esso ricorrente, e per la mancata considerazione delle schede relative agli obiettivi monitorabili relative all'anno 2004, comprovanti il miglioramento dei risultati conseguiti dalla sede di originaria assegnazione.
8. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la Corte territoriale rigettato la domanda risarcitoria per mancata prova del nesso etiologico con la condotta datoriale, e per avere la Corte territoriale, pur avendo ritenuto che non era stata offerta la prova in ordine all'intento datoriale volto all' emarginazione professionale di esso ricorrente, affermato, nondimeno, che i danni lamentati derivavano dal demansionamento.
9. Preliminarmente va respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall'Inail ai sensi dell'alt. 360 bis c.p.c., sul rilievo della conformità della sentenza impugnata ai principi affermati da questa corte nelle sentenze n. 16102/2009, 4265/2007 e 10252/95, in quanto le censure formulate nel ricorso non sono correlate alla sola questione della nozione di incompatibilità ambientale.
Esame dei motivi
10. Il primo motivo è infondato nella parte in cui viene denunciata la violazione dell'art. 2103 c.c.
11. Va osservato che l’istituto del trasferimento per incompatibilità ambientale di cui all'articolo 32, comma 4, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, (abrogato dal d.lgs. n. 31 marzo 1998, n. 80, art. 43, quinto comma) prevedeva che "il trasferimento da una ad altra sede può essere disposto anche quando la permanenza dell'impiegato in una sede nuoce al prestigio dell'ufficio". L'istituto è ora riconducibile, ai sensi dell'art. 51 c. 1 e 2, alle ragioni tecniche, organizzative e produttive di cui all'art. 2103 c.c.
12. La sua adozione è subordinata ad una valutazione discrezionale dei fatti che possono fare ritenere nociva, per il prestigio ed il buon andamento dell'ufficio, l'ulteriore permanenza dell'impiegato in una determinata sede. Ove si adottato un provvedimento di trasferimento di tal fatta, il controllo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato, deve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità che la P.A. datrice di lavoro ha posto a suo fondamento: il controllo stesso non può essere esteso al merito della scelta organizzativa, né questa deve presentare necessariamente i caratteri della inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una tra le scelte ragionevoli che il datore di lavoro possa adottare sul piano tecnico, organizzativo o produttivo (Cass. 2143/2017, 25910/2014, 19425/2013, 5099/2011, 9921/2009).
13. E' stato è stato, altresì, ritenuto che rientri nell'ambito delle suddette comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive anche la sussistenza di una situazione di incompatibilità fra il lavoratore trasferito ed i suoi colleghi e collaboratori diretti, quando tale incompatibilità, determinando conseguenze (quali tensione nei rapporti personali o contrasti nell'ambiente di lavoro) che costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e disfunzione nell'unità produttiva, realizzi un'obiettiva esigenza aziendale di modifica del luogo di lavoro (Cass. 2143/2017, 5230/2006, 12735/2003, 3207/1998 ).
14. Alla luce di tali principi, applicabili anche al rapporto di lavoro pubblico privatizzato, ai quali la Corte territoriale si è conformata, deve escludersi che la sentenza impugnata sia incorsa nel denunciato vizio di violazione di legge.
15. Il motivo è inammissibile nella parte in cui le prospettazioni difensive virano dalla denuncia di vizio di violazione di legge, enunciato nella rubrica del motivo in esame, per spostarsi sul versante motivazionale al fine di sollecitare il riesame del merito della intera vicenda processuale, non consentito in sede di legittimità (Cass.SSU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005).
16. Il secondo motivo è inammissibile.
17. Il ricorrente richiama il contenuto delle "posizioni organizzative" e, dolendosi che la Corte territoriale non ne abbia tenuto conto, in sostanza richiede un non consentito esame del merito della causa controversia (cfr. punto 15 di questa sentenza). Il ricorrente asserisce, infatti, che le mansioni di nuova assegnazione si sarebbero risolte in un illegittimo demansionamento sol perchè "di staff" e non di "line", senza, peraltro, mettere in discussione l'implicito giudizio di equivalenza formale formulato dalla Corte territoriale, e senza riferimento alcuno alle mansioni proprie della qualifica (C4) rivestita. Va anche rilevato che il ricorrente nel dedurre l'estraneità dell'incarico di "staff" all'esperienza nel concreto acquisita in precedenza, in sostanza, ribadisce il presupposto di partenza delle sue prospettazioni difensive, sviluppate erroneamente (Cass. SSUU. 8740/08, Cass. 2143/2017, 12109/2016, 17214 del 2016, 7106/2014, 17396/11; Cass. 18283/10;), come correttamente statuito nella sentenza impugnata, con riguardo all'art. 2103 c.c., piuttosto che con riguardo all'art. 52 del D. Lgs . n. 165 del 2001, per tal via approdando alla denuncia di vizio di violazione di legge, estraneo al mezzo impugnatorio utilizzato (art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.).
18. Il terzo motivo ed il quarto motivo vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro intima connessione.
Il terzo motivo è infondato nella parte in cui il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto, nell'escludere intenti di emarginazione professionali e nella condotta tenuta dall'Inail, della revoca dell'autorizzazione ad eseguire operazioni sul conto corrente dell'Istituto, della proroga dell'Incarico provvisorio a Castrovillari durante la malattia di esso ricorrente, e per la mancata considerazione delle schede relative agli obiettivi monitorabili relative all'anno 2004, comprovanti il miglioramento dei risultati conseguiti dalla sede di originaria assegnazione. La Corte territoriale ha, infatti, esaminato le circostanze innanzi indicate (punto 3 di questa sentenza) ed ha ritenuto, per un verso, l'irrilevanza dei dati relativi agli obiettivi conseguiti dall'Ufficio di originaria destinazione e, per altro verso, che non era emerso alcun intento discriminatorio nella revoca dell'autorizzazione ad effettuare le operazioni sui conti correnti dell'Istituto (rilevando che si trattava di attività propria della funzione dirigenziale) e nel trasferimento presso la sede di Castrovillari (evidenziando il suo carattere provvisorio e il fatto che non vi fu demansionamento). La Corte territoriale ha anche ritenuto che il V.C. aveva omesso di spiegare, anche attraverso la allegazione di elementi di comparazione, in quali termini si fosse realizzata in suo danno la dedotta discriminazione. Va, poi, rilevato che non risulta dedotto che sia mai stata sottoposta all'attenzione della Corte territoriale la questione della tolleranza manifestata dall' Istituto nei confronti di condotte mobbizzanti realizzate in danno del ricorrente dai suoi sottordinati.
20. Il motivo in esame è inammissibile nella parte in cui sotto l'apparente denuncia di vizi motivazionali, richiede in realtà un nuovo e non consentito riesame del merito della causa e degli elementi probatori (cfr. punto 15 di questa sentenza).
21. Il quarto motivo, che denuncia vizi motivazionali in ordine alle statuizioni in punto di genericità delle allegazioni relative alla verificazione dei danni ed al nesso eziologico tra danni dedotti e condotta datoriale, resta assorbito dal rigetto del terzo motivo, che lascia intatta la decisione sulla inconfigurabilità di condotte mobbizzanti e discriminatorie in capo all'Inail.
22. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato.
23. Le spese seguono la soccombenza.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4.000.00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese forfettarie, oltre IVA e CPA Così deciso nella camera di Consiglio del 2.3.2017